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 ITALIA - ITALIA - Reati d'opinione/Cassazione. Diffamatorio scrivere 'Carcere: per dirigerlo ci vuole un uomo'
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13 marzo 2010 9:56
 
La Corte di Cassazione ha ritenuto diffamatoria un'intervista pubblicata su un quotidiano locale di Caserta nel giugno 2002, intitolata 'Carcere: per dirigerlo serve un uomo'. Gia' di per se' il titolo e' stato ritenuto, sicuramente, offensivo e offensivo e' stato ritenuto un passaggio dell'intervista fatta dal giornalista Antonio C. ad un sindacalista della Cisl, Luciano D.M. che, parlando della situazione del Carcere di Arienzo diceva che per la struttura, diretta da Carmela C., 'sarebbe meglio una gestione al maschile', senza ancorare questa affermazione a nessun elemento oggettivo. Senza successo il giornalista ed il sindacalista hanno invocato il diritto di cronaca e quello di critica sindacale. Chiedendo di essere assolti e di annullare il verdetto emesso dalla Corte d'Appello di Salerno nel febbraio 2009.
'Correttamente - scrive la Cassazione nella sentenza 10164 - i giudici di merito hanno ritenuto che la frase 'sarebbe meglio una gestione al maschile', attribuita al sindacalista, e' oggettivamente diffamatoria ed e', da sola, idonea ad affermare la responsabilita' sia dell'intervistato che dell'intervistatore'. La Cassazione aggiunge che 'si tratta di una dichiarazione certamente lesiva della reputazione della direttrice del carcere trattandosi di un riferimento assolutamente gratuito, sganciato dai fatti, e che costituisce una mera valutazione, ripresa a caratteri cubitali nel titolo, nel quale si puntualizza proprio la necessita' (sottolineata dal verbo servire) di affidare la direzione del carcere, comunque, ad un uomo'. 'In sostanza, la critica che viene mossa alla direttrice - continua la Cassazione - e' sganciata da ogni dato gestionale ed e' riferita al solo fatto di essere una donna, gratuito apprezzamento contrario alla dignita' della persona perche' ancorato al profilo, ritenuto decisivo, che deriva dal dato biologico dell'appartenenza all'uno o all'altro sesso'.
Giornalista e sindacalista sono stati, dunque, condannati per diffamazione e a risarcire alla direttrice 3500 euro come riparazione pecuniaria oltre ad un risarcimento danni di 7000 euro. Nell'articolo il cronista aveva fatto un generico riferimento ad una protesta, dell'agosto 2000, dei detenuti del carcere di Arienzo e alla lettera che essi avevano scritto denunciando le cattive condizioni di detenzione ricollegando il permanere di questo stato di cose alla presenza della direttrice dell'istituto penitenziario senza verificare alcunche'.
 
 
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