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Rette RSA e normativa ISEE. Il Consiglio di Stato dà ragione agli utenti ed i Comuni continuano a violare la legge
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Articolo di Claudia Moretti
18 gennaio 2021 11:52
 
Con la recente sentenza pubblicata il 10 dicembre 2020, la terza sezione del Consiglio di Stato torna a ribadire concetti chiari e semplici in materia di ISEE: il calcolo della situazione economica di una persona disabile o non autosufficiente non può ricomprendere, né direttamente né indirettamente (attraverso artifici) gli emolumenti esclusi dalla tassazione IRPEF, quali pensioni di invalidità o indennità di accompagnamento.
I Comuni, si legge, non hanno poteri discrezionali e normativi su come applicare l’ ISEE, che è a tutti gli effetti un Livello Essenziale di Assistenza e pertanto inderogabile, disciplinato dal DPCM 159 del 2013 come riformato nel 2016.
Accade invece, che dopo anni di denunce, i Comuni continuano a fare un po’ quel che vogliono, affiancando allo strumento voluto e creato dal legislatore nazionale per valutare le sostanze di una persona, ulteriori, paralleli ed aggiuntivi criteri con cui selezionare chi ha diritto o meno ai benefici socio-assistenziali richiesti.
D’esempio fra tutti il Comune di Firenze e di molti altri Comuni toscani, che, non potendo disconoscere la normativa ISEE, prevede che, a prescindere dall’ISEE stesso, coloro che godono del cd accompagnamento, versino circa 15 euro al giorno in più per il proprio ricovero. Che guarda caso, corrisponde proprio all’importo giornaliero dell’indennità di accompagnamento di un cittadino non autosufficiente. Insomma, si fa rientrare dalla finestra quel che è escito dalla porta.
Tutto ciò e’ illegittimo, ed è stato più volte oggetto di censura del Consiglio di Stato, ma i Comuni preferiscono continuare a violare la legge, e sono per lo più impuniti. Perché?
Perché nel nostro Paese, il sistema della perdurante violazione, da un lato conviene alle casse comunali, dall’altro è blindato da una giustizia settaria e drammaticamente lenta. Ed il cittadino, ma anche molte delle sue formazioni sociali ed appendici quali le libere associazioni e i comitati, non ha lo strumento per reagire prontamente alle illegalità, che, dunque, si perpetua ai danni dei più fragili.
Facciamo l’esempio delle nostre iniziative che non riescono ad arrivare a segno.

Più volte abbiamo trattato l’argomento sulle nostre pagine e denunciato la grave violazione delle norme da parte di molti Comuni, con una iniziativa al Difensore Civico Regionale. Pende un ricorso al Tar Toscana, depositato anni fa e che “dorme” da tempo.
Nulla. Dal 2016 sono passati quasi cinque anni, il tempo passa e le illegalità si cronicizzano, senza che si possa far nulla al riguardo. Una associazione come la nostra, infatti, non avrebbe potuto effettuare un ricorso al Tar per l’annullamento del regolamento nei 60 giorni dalla presa d’atto del nuovo regolamento, perché, con ogni probabilità sarebbe incappata nel vizio di carenza di legittimazione attiva perché non abbastanza rappresentativa di quello specifico interesse collettivo (numerose sono le sentenze amministrative che mirano ad escludere il giudizio in assenza del “caso concreto”). Solo un cittadino disponibile ad accollarsi il giudizio in proprio, per il bene di tutti, entro i 60 giorni, oppure dopo, per risolvere un proprio caso concreto, avrebbe potuto impugnare il regolamento. Quando finalmente il caso si è presentato, ed il ricorrente ha coordinato con noi la sua iniziativa, il Tar non decide, si pone in stand by, per poi risvegliarsi fra anni, quando, ammesso e non concesso che il cittadino non abbandoni il caso per sopravvenuto disinteresse, la situazione potrebbe esser già risolta e non servire più (o per morte o per sfinimento dell’anziano ricorrente, o per cambiamenti normativi sopraggiunti e così via).

E se è pur vero che durante l’inerzia del Tar e delle istituzioni coinvolte (compreso il Difensore Civico, la Regione e i Comuni) gli organi superiori della magistratura amministrativa (Consiglio di Stato) si pronunciano, ciò non basta. Non è, infatti, sufficiente recapitare negli uffici comunali le sentenze in questione, o gridare allo scandalo (come stiamo facendo ogni volta che scriviamo del tema). Le sentenze hanno effetti solo sul cittadino che ha sfidato costi e tempi della giustizia. E così passano gli anni. I regolamenti illegali rimangono lì, i cittadini sono costretti a pagare anche quello che non devono, e questo è quanto. “La collettività è salva, il bilancio non ci consente altro”, si difende l’Ente, che per tutta evidenza ha la coda di paglia.
Lo stato di diritto invece langue, dietro ad Amministrazioni pubbliche, coperte ed avallate dall’inerzia di altre Amministrazioni pubbliche.
 
 
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