Con la diffusione di Omicron, il covid ci sta riguardando molto di più, pur lievi pare che siano le conseguenze. Ma com’è che in tanti si infettano nonostante abbiamo già maturato esperienza, istituzioni e singoli, per la prevenzione?
Abbiamo scritto l’altro giorno di un panificio fiorentino (1),
oggi scriviamo di un ospedale.
L. cadendo per strada a Roma, dove è in visita con la moglie, si rompe una gamba. E’ il 31 dicembre. Portato dopo 40 minuti in un vicino ospedale, gli viene proposta operazione o di andare a Firenze, dove vive ed ha i suoi cari, con ambulanza a proprie spese.
Stante l’operazione, e soprattutto la riabilitazione, L. decide di tornare a Firenze.
Il giorno di Capodanno, alle 9 parte e arriva all’ospedale Careggi di Firenze dopo due ore e mezza.
Inizia il caos.
Nessuno sa nulla, nessuno sa dire cosa fare e solo la notizia che giungeva da Roma fa sì che viene data precedenza.
L. entra. La moglie rimane fuori e con fatica fa accettare il suo beauty, e solo perché conteneva medicinali salva vita indispensabili per il marito e non disponibili in ospedale
Da lì, vuoto di notizie.
Contatti fra moglie e marito solo perché nel beauty c’erano anche telefono e batteria.
Preoccupazione dei coniugi, ché a Roma gli era stato detto che in massimo due giorni doveva essere operato... ma sembra che a Careggi seguano un protocollo diverso.
L. è fermo, immobile a letto.
Solo il 3 gennaio la moglie parla con un medico. L’intervento viene rinviato: la sala operatoria serve per un’urgenza ictus. Si scopre intanto che il degente ictus è positivo, sala operatoria inutilizzabile e tutti devono essere controllati, e questo ritarda la macchina organizzativa.
Il 5 gennaio L. viene operato ma nessuno chiama la moglie e nemmeno il giorno successivo.
La moglie parla con un medico solo il giorno 7 gennaio. Nessuno le dice che da analisi successive il marito ha un brusco calo dell’emoglobina e che potrebbe essere necessaria una tac con contrasto. La moglie lo scopre solo il giorno 8 gennaio.
I medici cambiano ogni giorno e non tutti hanno la medesima disponibilità.
Alla moglie viene detto che il marito deve effettuare un tampone (non spiegano perché)… informazione scoperta grazie ad un’amica infermiera.
Il giorno 9 gennaio è domenica e nessuno informa.
Lunedì 10 gennaio la moglie scopre che il marito è positivo al covid, così come la sua amica infermiera, che le dice che un’altra persona che ha partorito, tampone di entrata negativo, al momento delle dimissioni era positiva.
L. è abbandonato a se stesso. La moglie decide che deve tirarlo fuori da lì.
L’11 gennaio la moglie telefona a tutte la case di cura ma la risposta è sempre la stessa: devono dare precedenza alla Asl e possono solo se lo manda la Asl. Altre strutture non hanno reparti covid quindi non lo possono prendere a prescindere.
Alla fine la moglie trova una casa di cura per la fisioterapia che lo prenderebbe anche in ragione della giovane età (poco più che quarantenne).
All’ospedale la moglie, dopo aver sempre parlato con persone diverse, si sente dire che lei moglie non può prenotare la casa di cura. Ma a seguito di insistenze e arrabbiature… “faremo sapere nel pomeriggio”.
Nel mentre L., lasciato su una sedia e stanco di aspettare, anche perché infreddolito, si mette da solo in piedi.
Oggi, mentre scriviamo (13 gennaio), la moglie non è stata ancora chiamata.
L. è testimone di discussioni tra fisioterapisti per le cure che gli necessiterebbero, visto che avrebbe dovuto stare seduto e in piedi solo con aiuto.
Alla fine sembra che si siano messi d’accordo.
Il medico (che avrebbe dovuto chiamare l’11 pomeriggio) ha provato a giustificarsi pur essendosi scusato per l’accaduto.
L. sta andando per la degenza e fisioterapia post-operatoria in casa di cura reparto covid, infezione contratta in ospedale.
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https://www.aduc.it/comunicato/covid+ecco+come+si+prende+storia+quotidiana_33815.php
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