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Il Belpaese di Roberto, Laura e Matteo
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Editoriale di Vincenzo Donvito
16 luglio 2013 14:04
 
Viviamo in un sistema sempre piu' approssimato, posticcio, pomposo e, di conseguenza, precario economicamente, culturalmente e socialmente. Lo specchio di questa situazione e' nel quotidiano di coloro che -quando parlano, pensano, discutono- hanno una certa eco grazie alla posizione di prestigio che occupano. Una situazione che alimenta la sfiducia dei cittadini che per esser tali usano la testa piuttosto che la pancia, facendo sentire gli stessi emarginati o sempre piu' arrabbiati o delusi.
Ci sono diverse vicende che in questi ultimi giorni mi hanno stimolato la conferma di questo contesto.
Partiamo con una delle piu' clamorose. Il vice-presidente del Senato, Roberto Calderoli che oggi in Aula ha comunicato che non attacchera' mai piu' un avversario politico con parole offensive. Si riferisce all'aver paragonato ad un orango il ministro dell'Integrazione Cecile Kyenge, lui che fa custodire la sua villa da dei lupi (non cani lupo, ma lupi), lui che provoco' una crisi italo-libica per una scritta sulla sua maglietta che mostro' in tv, lui che e' il padre dell'attuale legge elettorale dove contano solo i capi di partito, etc etc..
Proseguiamo con un'altra vicenda che riguarda la presidente della Camera, Laura Boldrini, che, per attaccare (giustamente) il maschilismo diffuso, gioendo per la cancellazione del concorso di Miss Italia dagli schermi della Rai, ha rilevato che la presenza della donna in tv e' sempre “muta o nuda”. Ci siamo domandati quali canali guarda la nostra presidente.... Poiche' crediamo che abbia fatto una semplificazione estremizzata che rende la realta' del maschilismo stereotipizzata piuttosto che descrittiva delle reale sopraffazione. E per vincere il maschilismo, gli stereotipi non fanno piu' effetto neanche negli scarsi comizi dei politici, figuriamoci se escono dalla bocca della terza carica dello Stato. Oggi, a mio avviso, in merito fanno molto piu' riflettere le iniziative del movimento delle Femen che non le frasi fatte e stucchevoli della Boldrini.
Ora un vicenda apparentemente marginale ma che, siccome riguarda un personaggio emergente che in diversi valutano in grado di farci uscire da tutte le crisi in corso, puo' servire a farci riflettere. L'emergente e' il Sindaco di Firenze, Matteo Renzi. Ieri ha nominato il nuovo assessore della sua giunta fiorentina alla mobilita'. Il precedente assessore, Massimo Mattei, si e' ufficialmente dimesso per motivi di salute, ma il suo nome gira e rigira nel famoso scandalo delle puttane fiorentine poiche' la presunta meretrice era una sua grande amica a cui aveva fatto anche dei sostanziosi regali. Il nuovo assessore e' Filippo Bonaccorsi, nominato un po' in ritardo rispetto alla tabella di marcia, perche' i legali del Sindaco dovevano chiarire una questione che dicono di aver risolto: secondo il decreto legislativo 39/2013, emanato dal Governo Monti, in materia di inconferibilita' e incompatibilita' di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, chi e' stato presidente, amministratore delegato o di una partecipata, non puo' assumere ruoli di Governo nella medesima amministrazione. Il neo assessore Bonaccorsi, fino ad agosto 2012 e' stato presidente dell'Ataf (autobus a Firenze), partecipata dal Comune di Firenze all'80% , e successivamente ha ricoperto fino al 12 luglio scorso la carica di consigliere delegato e direttore generale. Secondo il Comune di Renzi, la legge va interpretata e i margini per la nomina ci sono, poiche l'entrata in vigore sarebbe differita rispetto all'approvazione della legge. Ma -ci domandiamo- quand'anche da un punto di vista normativo ci fossero questi margini, possibile che il Sindaco fiorentino non avesse nessun altro a cui affidare la responsabilita' della mobilita' urbana, magari ingraziandosi quasi tutta la citta' e non lasciandosi alle spalle dubbi e altro? E' questo il nuovo che prospetta per il Paese il presunto futuro candidato alla sua guida?
Cosa unisce queste tre vicende, oltre quanto abbiamo gia' detto all'inizio? A nostro avviso e' anche l'arroganza del potere, la certezza dell'impunita' non solo giuridica ma anche culturale. Quest'ultima, in modo particolare, e' quella che porta a dire e fare cose assurde solo perche' nel nome di una presunta causa giusta. Cosi' e' per il sen. Calderoli, che crede di difendere il suo Paese e il lavoro con la chiusura dei confini e la relativa bestializzazione dei propri avversari. Cosi' e' per la presidente Boldrini, che crede di difendere i diritti delle cittadine donne con i goffi stereotipi che, invece di far riflettere chi sbaglia, fanno solo sorridere i presunti interlocutori da convincere. Cosi' e' per Matteo Renzi che, forte dei propri convincimenti, non ha ancora riflettuto sul fatto che il fine non giustifica mai i mezzi, e questi ultimi, quando inappropriati, possono far sbiadire il fine presunto buono: il consenso, signor Sindaco, deve convincere, non conquistare.
 
 
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