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Editoriale di Vincenzo Donvito
11 dicembre 2012 12:32
 
Tra le tante lamentele che giungono alla nostra associazione, ci sono anche quelle delle aziende che, prese di mira dai vari loro clienti che ci scrivono lettere che pubblichiamo oppure che intervengono nei nostri forum, si sentono menomate nella loro onorabilita' e chiedono essenzialmente cancellazione di tutto cio' che li riguarda; anche se palesemente non in violazione di alcuna norma del codice penale. Il fatto stesso che di loro si possa parlare mettendo in dubbio la qualita' dei loro sevizi, li irrita. Noi consigliamo loro di non evocare la censura, perche' noi non la pratichiamo, ma di farsi parte di quanto lamentato sul nostro web e di intervenire per eventualmente smentire, rispondere, scusarsi, proporre, etc.. Ma, nella maggior parte dei casi, i nostri consigli non vengono sentiti. Anzi. Si fanno forza grazie ad avvocati che scrivono per loro delle cose da far venire i brividi per le forzature giuridiche a cui sottopongono codici e norme (“pecunia non olet”, neanche per gli avvocati... anche se sono sottoposti alla disciplina professionale dell'ordine che -per noi una conferma- e' solo un orpello per succhiare loro dei soldi e mantenere la corporazione, e tutto il contrario della missione che avrebbe, tra cui l'onorabilita' dell'arte forense...).
Prima o poi faremo una raccolta di queste perle, da mettere in una sorta di museo degli orrori della comunicazione, dell'informazione e della liberta' d'espressione.
E non finiamo mai di stupirci a cosa puo' arrivare la mente di queste aziende piu' o meno furfantelle e dei loro legali.
Qualche mese fa una di queste che ha fatto un po' di “strage economica” tra i suoi clienti, ha trovato un avvocato che ha vergato su carta una denuncia contro di noi perche' li avremmo diffamati pubblicando sul nostro web l'esposto che avevamo presentato contro di loro all'Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato (Antitrust). Esposto che poi l'Autorita' ha accettato multando questa azienda. Ovviamente noi ci siamo fatti una risata e aspettiamo pazientemente che qualche giudice ci convochi per dare ragione di questo nostro delitto contro la loro onorabilita'.
L'ultima, in ordine di tempo, e' di ieri quando ci e' arrivata una raccomandata A/R di diffida a perseverare nella pubblicazione sul nostro web di una notizia che riguardava la condanna dell'Antitrust contro i clienti di questo avvocato. “Urka! -ci siamo detti- Cosa abbiamo scritto di cosi delittuoso e irriverente?”. Siamo andati a controllare la notizia: riportava letteralmente la pronuncia dell'Antitrust contro questa azienda, cosi' come pubblicata sul bollettino dell'Autorita', in cui la si condannava per pratica commerciale scorretta a svariate migliaia di euro di multa. Un bollettino che ovviamente e' pubblico, sul sito dell'Antitrust e anche oggetto di un comunicato stampa da parte della medesima Autorita'. Ma la questione e' ancora piu' articolata e sintomatica: questo avvocato invocava -per intimarci la cancellazione della notizia- una sentenza del Tar che avrebbe invalidato la decisione dell'Antitrust... ma non era cosi', perche' il Tar aveva solo fatto un'ordinanza, in attesa del giudizio di merito, in cui sospendeva solo l'obbligo di pubblicazione su due quotidiani e sul loro sito web del provvedimento dell'Antitrust, senza sospendere le sanzioni pecuniarie.
Ci rendiamo conto che corriamo il rischio di andare troppo sul “tecnico”, ma questa piccola licenza che ci siamo presi con i fatti di cui sopra, crediamo sia importante per far comprendere metodo di difesa e attacco di alcuni per le loro presunte malefatte.
Questo che abbiamo descritto e' un piccolo spaccato della Rete, soprattutto per chi l'ha eletta anche come mezzo del proprio business. Ma che non ha tenuto conto di un aspetto determinante e -pare, ancora- nuovo di questo strumento: nulla si puo' nascondere, e la diffusione delle vicende legate al proprio business e' immediata, non solo, ma prima ancora che parta la reazione dell'azienda sul web (quando lo fanno...), numerosi sono i messaggi che si possono aggiungere a quello iniziale. Della serie, in web conviene essere onesti, irreprensibili e disponibili piu' di quanto non lo si sia nella vita no-web.
Talvolta le lamentele sono frutto di fraintendimento tra clienti e aziende, nonche' di sovraccarico di lavoro e/o scarsa professionalita' da parte delle aziende e pretese un po' eccessive da parte dei clienti... una situazione in cui la peggiore reazione e' quella di evocare censura e presunte violazioni del codice penale: la Rete si paga e si soddisfa da sola, e non c'e' niente di meglio di un'azienda che ammette il proprio errore e si rende disponibile a rimediarvi: la memoria della Rete in merito e' appagante. Quelle aziende a cui abbiamo dato consigli del genere dopo che sono incappate nelle lamentele dei loro clienti edite sul nostro web, ci stanno ancora ringraziando di avergli fatto capire questa dinamica. Purtroppo -queste- sono pochissime, mentre sono numerose quelle che si induriscono e procedono coi loro avvocati nei modi che abbiamo sopra riportato. Sicuramente e' lo spartiacque tra aziende che hanno commesso un errore o sottovalutato certe dinamiche e quelle che, invece, sono partite col presupposto di fregare quelli che incappavano nei loro sevizi (magari facendolo a piccole dosi e senza farsene accorgere, comunque criminogeni e -per l'appunto- non valutando dove e come andavano a proporre la propria furbizia nel business).
 
 
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