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Italianita'. Dopo il disastro del pullman di Avellino
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Editoriale di Vincenzo Donvito
30 luglio 2013 14:51
 
Il prossimo venerdi 2 agosto e' l'anniversario della strage alla stazione ferroviaria di Bologna. Accadeva nel 1980 e tutt'oggi non sono ben definite le circostanze e gli esecutori materiali, nonostante una sentenza definitiva in merito del 1995 (i condannati continuano a definirsi innocenti) e successive sentenze per depistaggi a tutti i livelli possibili e immaginabili messi in essere da autorita' dello Stato. E' di pochi giorni il disastro del pullman di pellegrini in provincia di Avellino, con al momento 38 morti. Due episodi diversi. Quello di Bologna presumibilmente legato direttamente alla politica, quello di Avellino forse legato alle scelte della politica in materia di sicurezza stradale e infrastrutturale. Per quest'ultimo sarebbe di prassi dire un laconico “vedremo, aspettiamo le indagini, etc..”.
Perche' ho messo insieme i due episodi. Nel primo caso perche' e' la fotografia dell'Italia, della sua politica, dei suoi politici, dei suoi amministratori. Nel secondo caso perche', a ben guardare cio' che per il momento e' noto, ci sono tutte le premesse perche', a suo modo, si trasformi in una “Bologna2”. Alcune riflessioni. Se si sapra' che una buona responsabilita' e' dovuta al fatto che la barriera autostradale non ha retto l'urto del pullman perche' costruita in modo difforme dalle norme di sicurezza, credete che qualcuno paghera' e che ci sara' una svolta a partire dalla modifica di tutte le barriere simili che sono sulle nostre strade e che non rispondono alle norme di sicurezza? Se -oltre o con questo- verra' dimostrato che il pullman non era tecnicamente in regola nonostante avesse passato tutti i controlli di legge, credete che qualcuno dell'ufficio che ha dato l'ok a questi controlli verra' decapitato e il responsabile licenziato e magari incriminato per omicidio colposo?
Niente di tutto questo. Siamo e restiamo in Italia, con alcuni particolari italiani che ci governano e ci amministrano. Che fanno finta su tutto e poi fanno solo gli interessi delle proprie corporazioni, siano queste professionali o di parrocchia, politica o meno che sia. Quando qualcuno cominciera' a dire dei “no” e, di conseguenza, a farsi alcuni nemici, forse all'orizzonte si potra' intravedere un qualche cambiamento di rotta. Noi, aspettando, ci difendiamo e diamo battaglia, senza pero' -E QUESTO E' IMPORTANTISSIMO- usare i loro metodi e fruire dei loro finanziamenti, pur di fare la fame e non avere i soldi per pagare l'affitto della nostra sede.

 
 
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