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Editoriale di Alessandro Pedone
10 settembre 2014 17:52
 
Prima delle vacanze avevamo sottolineato come i tassi delle obbligazioni fossero eccessivamente bassi e quindi i prezzi eccezionalmente alti. Da allora i prezzi hanno continuato a salire ed i tassi d'interesse a toccare nuovi minimi.
Ciò significa che le valutazioni che avevamo fatto a luglio erano sbagliate?
Noi non lo crediamo. Se i prezzi delle obbligazioni erano folli a luglio, lo sono ancora di più oggi e lo saranno ancora di più se domani dovessero salire ancora, come è possibile.
 
Accade frequentemente che i mercati finanziari reagiscano eccessivamente alle notizie. Nel 2011 ciò accadeva nella direzione degli alti tassi d'interesse, oggi sta accadendo nella direzione inversa.
Questi prezzi sarebbero giustificabili sono nell'ipotesi in cui l'Europa dovesse attraversare una fase prolungata di deflazione come accaduto in Giappone dal 1998 al 2013. Quindici anni nei quali i prezzi scendevano mediamente dello 0,3-0,4% all'anno.
 
Alcuni lettori ci hanno chiesto per quali ragioni noi escludiamo l'ipotesi di deflazione.
E' evidente che nessuna ipotesi possa essere esclusa a priori.
Si tratta di capire se le probabilità di un determinato scenario siano apprezzabili o trascurabili.
Anche nel 2011, lo scenario del break-up dell'euro non poteva essere escluso. Ma anche all'epoca avevamo scritto che, a nostro avviso, le probabilità non ci apparivano apprezzabili.
Riteniamo che oggi la situazione sia simile.
 
Cosa dobbiamo fare per evitare la deflazione, sebbene il dibattito sia – come sempre – acceso, è abbastanza noto ed abbiamo, come Europa, tutti gli strumenti per farlo. Solo una serie di tragici errori politici potrebbe condurci in un periodo prolungato di deflazione.
Per evitare la deflazione abbiamo bisogno, contemporaneamente, di stimoli monetari (che la BCE non farà mancare) accompagnati da un mix di riduzione fiscale e/o spesa pubblica per investimenti produttivi (quindi deficit pubblici) a seconda delle nazioni. Nell'attuale contesto, non ci sono altre vie (1) e – piano piano – i politici europei lo stanno comprendendo.
Nel 2011 l'idea di un quantitative easing appariva politicamente impossibile, oggi appare scontata.
Ugualmente, ci vorrà un po' di tempo, ma anche la così detta “flessibilità” nei conti pubblici è una cosa destinata ad accadere e con essa una serie di politiche, come dicono gli economisti, volte a migliorare il lato della domanda e non dell'offerta. Cosa che è mancata in tutti questi anni.
La situazione dell'Europa è molto diversa dal caso del Giappone che per molti versi è un caso unico ed irripetibile. L'Europa è ancora molto lontana dal cadere in una trappola deflattiva, basterebbe abbandonare il dogma della rigidità nei conti pubblici per far ripartire l'economia a ritmi accettabili e con essa i prezzi.
 
Per queste ragioni, riteniamo che le probabilità di uno scenario che veda un periodo di dieci anni con prezzi negativi (ma anche prossimi allo zero, come adesso) sia altamente improbabile.
Tornando più ai mercati finanziari, in realtà le aspettative d'inflazione a lungo termine non segnano deflazione, ma i prezzi delle obbligazioni potrebbero essere considerati ragionevoli solo in quell'ipotesi. Qual è, allora, la soluzione? Semplice, in questo momento i mercati non stanno guardando alla ragionevolezza dei prezzi. Si muovono semplicemente perché i soldi, da qualche parte, devono pur essere investiti. Nessuno degli istituti finanziari può permettersi di dire ai propri clienti: non ha senso investire con questi rendimenti. I soldi DEVONO essere investiti perché se così non fosse crollerebbe tutto il castello di carta del sistema finanziario. Se i soldi DEVONO essere investiti, i prezzi vengono determinati dalla legge della domanda e dell'offerta. Poiché la liquidità non rende più nulla, una enorme massa di liquidità si è spostata nell'obbligazionario e questo continua a far salire i prezzi e quindi a far crollare i rendimenti. La ragione principale di questi prezzi, quindi, non è l'attesa di deflazione a lungo termine, ma ragioni tecniche di domanda e offerta.
 
(1) Se avessimo un diverso sistema monetario e finanziario non ci sarebbe nessuna ragione per fare deficit, ma questo è un discorso troppo lungo. C'è da precisare, poi, che il sistema economico nel suo complesso trova dei limiti strutturali alla crescita dati dai limiti delle risorse materiali. Anche questo, però, è un discorso importassimo – come quello monetario – che ci porterebbe troppo lontano.   
 
 
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