Chissà se davvero un battito d’ali di farfalla, come scriveva Antonio Tabucchi, può causare una tempesta dall’altra parte del mondo?
Ma la decisione del Garante della privacy a proposito delle modalità con cui la società di consegne Glovo impartisce disposizioni ai propri addetti ci potrà dire molto in proposito. Il caso è quello di Sebastian Galassi, il giovane rider travolto e ucciso da un veicolo nell’ottobre del 2022 mentre pedalava. Due giorni dopo gli è stato recapitato un messaggio generato da un algoritmo nel quale gli si comunicava post-mortem la sospensione dal servizio e dalla piattaforma su cui si gestiscono gli ordini. Il provvedimento di cancellazione del suo account era per la violazione di «termini e condizioni» del rapporto con la società che, obiettivamente, è complicato onorare se nel frattempo si è morti. È normale che, nel leggere la notizia della multa da 5 milioni comminata dal Garante, a prendere il sopravvento sia la stravagante modalità di licenziamento di chi non poteva più subirlo.
Un po’ — ma in questo caso se possibile anche peggio — come l'email con cui fu comunicato il benservito ai lavoratori di Gkn. È l’algoritmo, bellezza. E non puoi farci niente. O forse non vuoi farci niente, visto che il problema se usare o meno tale procedura a Glovo se lo sarebbero posto. Ma non ci sarebbe stata una risposta standard diversa da utilizzare. Quindi, via col messaggio precompilato.
Le motivazioni del Garante a sostegno della salata sanzione rivelano tuttavia molto di più, perché costituiscono il presupposto della critica radicale all’intera architettura su cui si basa l’organizzazione del lavoro dei riders. Una piattaforma alla quale il lavoratore fa riferimento per tutte le comunicazioni che lo riguardano, la geolocalizzazione dei suoi spostamenti, il punteggio «di eccellenza» legato al servizio svolto e ai suoi tempi e così via. Il tutto senza la possibilità di un’interlocuzione umana da parte dei fattorini. Uno schema che prevedeva anche la cessione a terzi di questi dati — questo uno dei capisaldi della sanzione — e che comincia tra l’altro ad essere applicato anche ad altri generi di servizi di solito catalogabili alla voce lavoro povero, soprattutto di diritti. Uno schema — lavoro povero in cambio di tecnologia — che lo stesso sindacato fa fatica a contrastare e che alla vigilia dello sciopero generale contro le politiche del governo su lavoro, occupazione e servizi, dovrebbe spingere tutti ad ulteriori riflessioni e sforzi. Tanto più in una fase in cui le questioni dell’incidenza dell’intelligenza artificiale sul sistema-lavoro pone domande molto serie per rispondere alle quali i tempi sono strettissimi. E occorrerà farlo senza demonizzazioni, né ideologici rifiuti. Ma magari con un tocco di antica umanità.
(pubblicato su Corriere fiorentino - Corriere della Sera del 26/11/2024)
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