Cechov è a volte di una attualità stupefacente. Nipote di servi della gleba, scrittore per vocazione, medico per vivere, ucraino per nascita e cultura, quindi con un occhio particolare e ironico sulla Madre Russia, moscovita per adozione, è uno dei grandi nomi della letteratura internazionale. Rapidissimo nella descrizione di personaggi, luoghi e atmosfere, Cechov resta uno dei maestri del sorriso amaro russo, fondamentale per un popolo che sopravvive da sempre a regimi sanguinari, senza aver mai provato a vivere in democrazia.
Cechov è ovunque nelle sue opere di teatro e di narrativa ma personalmente amo molto i suoi racconti dove c’è lui e c’è la Russia. Uno fra i più belli è quello che si intitola “Il Camaleonte”. Storia semplice ma eterna. Il capo della polizia di un piccolo villaggio, passeggiando, vede un assembramento intorno a un uomo che urla mentre picchia un cane. La gente guarda e ride o protesta, al solito. Il capo della polizia deve far valere il suo ruolo e interviene. Si fa raccontare la vicenda. Il tizio che urlava e picchiava il cane mostra una mano sanguinante e dice che il cane lo ha morso.
Il capo della polizia inalbera la faccia severa. Non è possibile che un cane rimanga sciolto e possa aggredire un cittadino. Qualcuno protesta per il fatto che il cittadino in questione stava tormentando il cane prima che il medesimo lo mordesse. Non fa nulla, risponde il capo della polizia e chiede di chi è quella brutta bestia. Qualcuno tra la folla dice che dovrebbe essere del Generale Zigalov. Il capo della polizia assorbe il colpo e poi aggredisce il tizio sanguinante chiedendogli come ha fatto mai un cane così piccolo a morderlo? Insomma, sta quasi per arrestarlo quando qualcuno dice che quello non può essere un cane del Generale Zigalov perchè il generale ha solo bracchi.
Il capo della polizia riflette pochi istanti sulla cosa. In effetti non può essere il cane del generale a pensarci e immediatamente torna a prendersela con il cucciolo sempre più impaurito. Il tizio sanguinante deve essere risarcito, dichiara categorico e basta con questi randagi in libertà. Qualcuno segnala che si sta avvicinando il cuoco del generale. Sono tutti subito pronti a chiedergli se il cane è del generale e il cuoco risponde di no.
Il capo della polizia a questo punto è sempre più deciso nella sua battaglia contro i randagi e comincia a strattonare per la collottola il presunto tale. Subito dopo però il cuoco aggiunge che il cucciolo non è del generale ma è del fratello del generale, arrivato il giorno prima. Il fratello del generale è notoriamente a Mosca un pezzo grosso. Il capo della polizia che stava maltrattando il cucciolo, lo accarezza e comincia a parlargli come fosse un bambino. Lo riporterà subito con tutti i riguardi a Sua Eccellenza il fratello del generale e quindi si avvia con il cucciolo in braccio e il passo marziale.
Cechov è così.
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