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Consulenza finanziaria indipendente: quanto e COME dovresti pagarla?
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Articolo di Alessandro Pedone
11 marzo 2025 11:46
 
La consulenza finanziaria indipendente è spesso – e a ragione! – considerata la soluzione ideale per chi desidera gestire i propri investimenti in modo trasparente, evitando conflitti di interesse. Tuttavia, scegliere il consulente giusto non è affatto semplice. L’indipendenza, per quanto fondamentale, non è di per sé garanzia di qualità.

Ogni consulente ha il proprio approccio, la propria esperienza e un metodo di lavoro specifico. La maggior parte si concentra soprattutto sull’asset allocation, sostituendo i costosi prodotti bancari con ETF, ma fermandosi lì. Quasi tutti oggi parlano di pianificazione finanziaria, goal-based investing e obiettivi d’investimento, ma spesso, dietro queste parole altisonanti, si nasconde una realtà più deludente. In molti casi, infatti, la “pianificazione finanziaria” si riduce a far compilare il questionario MiFID obbligatorio, che suddivide i clienti in categorie predefinite, assegnando loro un portafoglio modello.

Un altro problema rilevante riguarda il costo della consulenza. Questa difficoltà non è esclusiva del settore finanziario: riguarda tutti i servizi offerti da liberi professionisti. Se un cliente avesse le competenze per valutare il lavoro di un consulente, probabilmente farebbe da solo, eliminando alla radice la necessità di affidarsi a un esperto.

Tutti i servizi professionali – compresi quelli offerti dai consulenti finanziari indipendenti – sono obbligazioni di mezzi, non di risultato, come stabilito dal codice civile. Un commercialista, un avvocato, un medico o un consulente finanziario indipendente non possono garantire un esito specifico: possono solo mettere a disposizione del cliente le loro competenze e strumenti per aiutarlo a raggiungere il risultato desiderato. Ad esempio, un avvocato può impostare al meglio una causa, ma sarà il giudice a decidere l’esito del processo. Allo stesso modo, un consulente finanziario può costruire il miglior portafoglio possibile per un cliente, ma sarà il mercato a determinarne il rendimento.

Ecco perché valutare il “prezzo giusto” della consulenza finanziaria indipendente è così complesso. Un aspetto fondamentale – spesso trascurato – riguarda come viene calcolata la parcella. Il metodo più diffuso nel settore è una commissione annuale calcolata in percentuale sul capitale investito. Tuttavia, come vedremo più avanti, non sempre questa è la soluzione più efficiente.
Prima ancora di stabilire quanto pagare un consulente finanziario indipendente, è essenziale chiarire di che tipo di servizio si ha bisogno.

Che tipo di consulenza stai cercando? 
Il lavoro di un consulente finanziario indipendente può essere suddiviso in tre categorie principali, a seconda dei benefici offerti al cliente. Possiamo definirle: base, standard ed evoluta.

Esistono poi vantaggi accessori che possono variare in base al profilo del cliente e all’approccio del consulente. Tuttavia, per semplificare, in questo articolo ci concentreremo esclusivamente su queste tre tipologie di consulenza.

Consulenza base. L’attività fondamentale di ogni consulente finanziario indipendente è la riduzione dei costi inutili, eliminando i prodotti bancari più costosi e sostituendoli con ETF, ovvero fondi a gestione passiva e indicizzata.

Consulenza standard. Un servizio più strutturato prevede un’analisi approfondita del profilo dell’investitore, individuando l’asset allocation più adatta alle sue esigenze. Per fare questo, il consulente utilizza strumenti come i questionari, che forniscono indicazioni sulle caratteristiche e sugli obiettivi del cliente. Questi dati vengono trattati come parametri vincolanti per la costruzione del portafoglio. Oltre alla fase iniziale di definizione della strategia d’investimento, la consulenza standard prevede un monitoraggio continuativo, finalizzato a valutare eventuali modifiche nel tempo. Questo aspetto giustifica il pagamento di una parcella ricorrente, ma è essenziale comprendere se e quanto questa fase aggiunga valore. Capire il reale beneficio del monitoraggio continuo è infatti uno degli aspetti più critici nella determinazione del compenso corretto per un consulente finanziario indipendente.

Consulenza evoluta. La consulenza di maggior valore aggiunto è quella evoluta, accessibile solo attraverso professionisti altamente qualificati. Questo servizio non si limita alla selezione degli strumenti finanziari, ma si concentra sulla crescita delle competenze e delle abilità comportamentali del cliente. L’obiettivo è metterlo nella condizione di ottenere il massimo rendimento possibile dal mercato, in base alla sua specifica situazione. In questa tipologia di consulenza, le caratteristiche dell’investitore non vengono considerate un vincolo rigido, ma un punto di partenza su cui lavorare nel tempo. Questo approccio è particolarmente adatto a investitori con patrimoni consistenti, che richiedono una gestione più sofisticata e sono disposti a dedicare tempo alla cura del proprio capitale. Il valore della consulenza evoluta si manifesta nel tempo: il cliente sviluppa la capacità di affrontare con serenità le oscillazioni del mercato, trasformando la volatilità in un’opportunità, anziché percepirla come un rischio.

Consulenza Base
Alcune società di consulenza finanziaria indipendente fanno leva sulla riduzione dei costi per attrarre clienti, salvo poi applicare parcelle superiori all’1% annuo. Il paradosso? Offrono un servizio identico a quello di un consulente collegato a una banca (oggi chiamato Consulente Finanziario Abilitato all’Offerta Fuori Sede, in passato Promotore Finanziario). L’unica differenza è nel messaggio di vendita: invece di dire “ti seleziono i fondi attivi migliori”, dicono “ti seleziono gli ETF migliori”.

Chiariamo un punto fondamentale: sostituire fondi costosi con ETF è un servizio di grande valore per il cliente, ma per il consulente comporta uno sforzo minimo. È un’attività che un software può svolgere meglio di un essere umano e, spesso, è proprio un software a farlo. In questa attività, il valore consulenziale è limitato.

Se il tuo unico obiettivo è ridurre i costi dei tuoi investimenti, rivolgerti a un consulente finanziario indipendente può essere una buona scelta, ma non giustifica il pagamento di una parcella dell’1% annuo (in alcuni casi, per i portafogli più piccoli, si arriva addirittura all’1,5% IVA inclusa).

Le società che applicano queste tariffe si comportano esattamente come le banche, sfruttando l’ignoranza finanziaria dei clienti per garantirsi rendite di posizione. Il principio da tenere a mente è semplice: la consulenza va pagata fino a quando genera valore aggiunto reale. Monitorare un portafoglio di ETF e inviare raccomandazioni basate su un modello preconfezionato non giustifica una parcella ricorrente così elevata.

Ovviamente, esistono investitori che – per mancanza di tempo o interesse – non vogliono occuparsi direttamente della gestione del portafoglio. È una scelta legittima. Tuttavia, chi opta per questa soluzione dovrebbe essere consapevole che il costo di tale servizio potrebbe (e dovrebbe) essere molto inferiore rispetto a quello attualmente praticato in Italia.

Il problema è che negli ultimi anni sono nate reti di consulenti finanziari indipendenti improvvisati, il cui unico background è un corso online serale di sei mesi. In questi corsi: Tre mesi sono dedicati a superare l’esame di abilitazione. Un mese viene speso per parlare di “pianificazione finanziaria per obiettivi e costruzione di portafogli su misura”. Gli ultimi due mesi sono focalizzati su “comunicazione, vendita, marketing e social media”. È chiaro che consulenti così “formati” potranno fase solo una consulenza molto basilare… ma i costi che chiedono sono fra i più elevati sul mercato.

Se il tuo unico obiettivo è eliminare i costi inutili dei prodotti bancari, una soluzione più efficiente potrebbe essere:
1. Formarti un minimo di cultura finanziaria personale.
2. Pagare una parcella una tantum a un consulente competente per costruire il portafoglio iniziale.
3. Eventualmente, pagare consulenze a tariffa oraria solo quando necessario, ad esempio per una revisione periodica o per ricevere un parere su particolari condizioni di mercato.

In sintesi, se un consulente o una società di consulenza insiste principalmente sul risparmio dei costi, è un chiaro segnale che sta offrendo un servizio di base. Non c’è nulla di male in questo, ma il prezzo deve essere proporzionato al valore offerto. L’ideale? Pagare una parcella una tantum, non una fee continuativa.

Consulenza standard
Un consulente finanziario indipendente esperto, che offre un servizio più avanzato rispetto alla semplice riduzione dei costi, si concentra sull’analisi delle caratteristiche specifiche dell’investitore. Il suo lavoro non si limita alla scelta degli ETF più economici, ma punta a costruire un portafoglio adatto alle esigenze e agli obiettivi del cliente.

Per farlo, è necessario comprendere il livello di conoscenza ed esperienza dell’investitore, i suoi obiettivi e la sua propensione al rischio. A tale scopo, si utilizzano strumenti come il questionario MiFID, che fornisce indicazioni sui limiti entro cui si può costruire un portafoglio adeguato.

Una volta definito il portafoglio, la consulenza standard prevede anche una fase di monitoraggio e revisione nel tempo. Tuttavia, è fondamentale comprendere che un consulente finanziario non è un gestore di portafoglio. Ho approfondito questo concetto nell’articolo: “Investimenti finanziari: gestione o consulenza? Che differenza c’è?”. Questa distinzione è essenziale: il consulente non ha il compito di effettuare modifiche continue basate sui movimenti di mercato, ma di aiutare il cliente a seguire una strategia di investimento coerente nel tempo.

Molti investitori inesperti tendono a valutare un consulente in base ai rendimenti ottenuti nel breve periodo, credendo che il migliore sia quello che seleziona gli ETF più performanti. In realtà, il rendimento dipende sempre dal mercato, non dal consulente. Chi ancora ragiona in questi termini rischia di finire nelle mani di professionisti poco preparati o, peggio, senza scrupoli.

Il vero valore della consulenza standard emerge nella fase di assistenza continuativa. Qui il consulente aiuta il cliente a mantenere un approccio disciplinato, affrontando con serenità le diverse fasi del mercato e, se necessario, apportando modifiche al portafoglio in base a strategie definite in partenza.

Se la consulenza si limita a proporre un portafoglio modello già preconfezionato – magari fornito al consulente da terze parti – il valore aggiunto è scarso. Se invece prevede un dialogo costante con il cliente, con incontri periodici per valutare l’andamento degli investimenti e ridefinire la strategia se necessario, allora la parcella annuale può essere giustificata.

Un aspetto delicato riguarda le modifiche al portafoglio nel tempo. Se vengono apportate perché cambiano le esigenze del cliente, rientrano nel normale servizio di consulenza. Se invece derivano da scelte discrezionali legate alle condizioni di mercato, il cliente dovrebbe prestare attenzione. Vendere titoli perché “sono cresciuti troppo” o comprarne altri perché “sono scesi tanto” senza un piano preciso è un segnale d’allarme: il consulente sta cercando di fare il gestore, assumendosi un ruolo che non gli compete.

Il costo della consulenza standard si aggira generalmente intorno all’1% annuo. Per i portafogli più piccoli può essere leggermente più alto, mentre per patrimoni superiori al milione di euro tende a ridursi fino a circa la metà. Parte della parcella serve anche a coprire la responsabilità giuridica del consulente, ma è importante non superare l’1% annuo: oltre questa soglia, il costo della consulenza rischia di compromettere l’efficienza complessiva del portafoglio.

Infine, se un consulente giustifica il suo compenso dicendo che il portafoglio genererà un rendimento superiore grazie alla sua consulenza, è meglio interrompere subito il rapporto. Le possibilità sono solo due: o il consulente non ha una reale preparazione, oppure sta cercando di sfruttare l’inesperienza del cliente. Nessuna delle due ipotesi porterebbe a conseguenze piacevoli per lo sfortunato cliente che dovesse capitargli sottomano…

Consulenza evoluta
Questo tipo di consulenza è accessibile solo a investitori con patrimoni molto consistenti, poiché richiede un livello di impegno elevato sia da parte del consulente che del cliente. Oltre agli aspetti già trattati nella consulenza standard, questa tipologia di servizio prevede un lavoro approfondito sul profilo dell’investitore, con l’obiettivo di migliorare nel tempo le sue competenze e il suo approccio agli investimenti.

L’aspetto distintivo della consulenza evoluta è che le caratteristiche iniziali del cliente non vengono viste come limiti fissi, ma come un punto di partenza. L’investitore non è semplicemente classificato in un profilo statico, ma viene guidato in un percorso di crescita, che lo porta a sviluppare un atteggiamento più maturo e consapevole nei confronti del mercato.

Questo processo si basa non solo sul trasferimento di conoscenze, ma soprattutto sull’esperienza diretta. Spesso, gli investitori con patrimoni elevati – da qualche milione a diverse decine di milioni di euro – tendono ad avere un approccio eccessivamente prudente, più per timori psicologici che per reali necessità finanziarie. In alcuni casi, questa prudenza è giustificata dagli obiettivi personali dell’investitore, ma in molti altri è frutto di una percezione distorta del rischio.

Un consulente finanziario indipendente realmente preparato non si limita a fornire strumenti tecnici, ma lavora anche sugli aspetti psicologici e comportamentali del cliente. Attraverso un percorso strutturato, lo aiuta a vivere con maggiore serenità le oscillazioni del mercato e a cogliere le opportunità che ne derivano, invece di percepirle come una minaccia.

Questo approccio si traduce nella costruzione di un vero e proprio piano di investimento, che non si limita alla definizione dell’asset allocation iniziale, ma prevede un’evoluzione programmata nel tempo. L’obiettivo non è solo ottimizzare il portafoglio, ma anche far crescere la consapevolezza finanziaria del cliente, rendendolo più autonomo e in grado di prendere decisioni più ponderate.

La fase di assistenza continuativa è fondamentale in questa consulenza, perché il valore aggiunto non si esaurisce nella definizione iniziale della strategia, ma si sviluppa nel corso degli anni.

Attualmente, in Italia, i consulenti finanziari indipendenti in grado di offrire un servizio di questo livello sono pochissimi, probabilmente non più di qualche decina. Di conseguenza, il numero di investitori che possono accedere a questa consulenza è estremamente ridotto, nell’ordine di qualche centinaio di persone in tutto il paese.

Il costo di questo servizio è generalmente in linea con quello della consulenza standard, ma poiché viene applicato su patrimoni molto elevati, consente al consulente di dedicare più tempo a ciascun cliente e di trasferirgli un valore aggiunto nettamente superiore.

Scegliere un consulente finanziario indipendente
La scelta di un consulente finanziario indipendente è una decisione complessa e delicata. Per questo motivo, voglio concludere l’articolo con alcuni suggerimenti pratici che possono aiutare chi sta valutando questa opzione.

Per approfondire l’argomento, consiglio anche la lettura dell’articolo “Scegliere un consulente finanziario: 3 consigli (più uno) per trovare il professionista giusto”.

Il primo passo è assicurarsi che il consulente sia realmente indipendente. È possibile verificarlo sul sito dell’Organismo di tenuta dell’albo e vigilanza  (OCF). Qui si può controllare se il professionista è registrato come Consulente Finanziario Autonomo o se opera all’interno di una Società di Consulenza Finanziaria (SCF).
Un consulente finanziario indipendente preparato dovrebbe avere una solida esperienza nel settore. Prima del primo incontro, è utile cercare tracce del suo operato su Internet. Se un professionista ha davvero esperienza, è probabile che abbia pubblicato articoli, partecipato a conferenze o rilasciato interviste.

Non limitarti al sito web del consulente: guarda il suo profilo LinkedIn, verifica se è stato citato in articoli o ha collaborato con altri esperti del settore. Diffida da chi ha una presenza online scarsa o esclusivamente promozionale.

Un campanello d’allarme può essere l’uso di servizi come TrustPilot per raccogliere recensioni. Questo tipo di piattaforme può essere facilmente manipolato, e alcuni professionisti poco seri acquistano recensioni positive per costruire un’immagine ingannevole. Piuttosto, è più utile verificare se ha ricevuto raccomandazioni su LinkedIn da persone con profili autentici e, se possibile, contattarle per chiedere un’opinione diretta.

Arrivato al primo incontro, è fondamentale prepararsi in anticipo con alcune domande mirate. Chiedi al consulente dove si è formato, quali studi ha svolto e se ha avuto esperienze di praticantato con professionisti senior (e quali). Se afferma di aver frequentato master o corsi di specializzazione, verifica sempre l’effettiva qualità di questi percorsi. Esistono molte società di formazione che vendono certificazioni più che una reale preparazione.
Un consulente che si imbarazza o si mostra reticente nel rispondere a queste domande potrebbe non avere un background solido. La trasparenza in questi aspetti è un segnale importante della sua professionalità.

Un altro aspetto fondamentale è capire come il consulente costruisce le strategie d’investimento.
- Crede di poter anticipare i movimenti del mercato?
- Su quali criteri seleziona gli strumenti finanziari?
- In base a cosa modifica il portafoglio nel tempo?
- In cosa consiste esattamente la fase di assistenza continuativa?

Se un consulente afferma di poter individuare i migliori momenti di ingresso e uscita dal mercato, è meglio diffidare. L’approccio corretto alla consulenza finanziaria non si basa sulla previsione del futuro, ma sulla costruzione di una strategia solida e coerente con gli obiettivi del cliente.
Un’ottima domanda da porre per capire che tipo di consulenza offre è: “Qual è il valore aggiunto della tua consulenza?”.

Dalla risposta si può capire immediatamente se il suo servizio è di base, standard o evoluto:
-  Se parla solo di riduzione dei costi, sta offrendo una consulenza di base.
- Se menziona l’asset allocation, il servizio è standard.
- Se sottolinea l’importanza dell’evoluzione del cliente e della sua consapevolezza finanziaria, si tratta di una consulenza evoluta.

Scegliere un consulente finanziario indipendente è un passo importante, che può fare la differenza nella gestione del proprio patrimonio. Con un’attenta valutazione e le domande giuste, è possibile individuare il professionista più adatto alle proprie esigenze.


 
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