Ieri è stato approvato il ddl cosiddetto concorrenza. Come per l’anno precedente si tratta di un compitino formale che il governo e la sua maggioranza si erano prefissati per poter poi incassare la rata del Pnrr.

Quest’anno, però,  si è andati oltre. A parte alcune piccole e marginali questioni tipo il riordino delle concessioni autostradali, la banca dati contro le frodi assicurative e un contentino per far credere di poter condizionare i prezzi del mercato (che se ci riuscissero… non sarebbe proprio concorrenza), siamo in alto mare.

Non si parla di 
- ferrovie che, proprio in questi giorni stanno mostrando tutta la loro debolezza per essere un mercato ancora con Trenitalia in abuso di posizione dominante; 
- di energia saldamente ancora in mano allo Stato per le reti;
- come Poste spa stia diventando una sorta di amministrazione pubblica ombra (la vicenda, ancora caotica, dei passaporti, per esempio, sembra che dovrebbe essere meno problematica delegandola a questa società privata di capitale pubblico);
- niente che turbi il potere corporativo dei 27mila balneari che tengono in ostaggio le nostre spiagge pagando affitti ridicoli e impedendo l’assegnazione  con bando come previsto dalla Bolkestein;
- norme che turbino il potere dei 28 mila tassisti, responsabili dello scarso e costoso servizio e di non consentire la presenza sul mercato a servizi tipo Uber.

Quando nel 2026 ci sarà il consuntivo del Pnrr, crediamo che, anche per questi disegni di legge “concorrenza”, ne vedremo delle belle. Non basta chiamare le riforme con un nome che evochi la concorrenza.


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