Si possono esprimere concetti in equazioni in modo impressionante, persino arrogante, che sono talmente insensati da imbarazzare l'autore stesso se espressi a parole.
— J. HOOVER MACKIN
Qualsiasi desiderio di business del leader, per quanto sciocco, sarà rapidamente supportato da dettagliati tassi di rendimento e studi strategici preparati dai suoi collaboratori.
—WARREN BUFFETT
Ho partecipato a troppi seminari, in alcune delle migliori università, che sono degenerati in un gioco linguistico chiuso, giocato da un gruppo di iniziati che apprezzavano l'auto-celebrazione oscura e autoreferenziale più dell'onesto confronto con la realtà.
—MICHAEL IGNATIEFF
Dopo la pausa estiva, in questa quarta puntata della serie “Decidere sull’incerto” traduciamo e sintetizziamo i quattro capitoli che compongono la quarta parte del libro. Il tema che li accomuna riguarda l’uso di modelli nel mondo della finanza, dell’economia e delle assicurazioni.
Il mondo della finanza
Una delle maggiori tensioni nel mondo finanziario è la diversa interpretazione del rischio. Questo è emerso chiaramente in un incontro tra economisti del Tesoro e imprenditori del settore della difesa al quale ha partecipato uno degli autori del libro che stiamo sintetizzando. Il tema dell’incontro era la quantificazione degli utili che gli imprenditori avrebbero percepito per coprire i rischi associati ai progetti loro affidati. Gli economisti, abituati a pensare in termini di modelli astratti, ritenevano che il rischio fosse semplicemente la variabilità dei rendimenti, e quindi facile da calcolare e prevedere. Al contrario, per gli appaltatori, il rischio era la possibilità concreta che il progetto fallisse. Queste due interpretazioni del rischio, quella oggettiva degli economisti e quella narrativa e soggettiva degli imprenditori, sono emblematiche della frattura nel modo in cui il mondo della finanza e quello reale percepiscono il rischio.
Harry Markowitz, con la sua teoria dei portafogli efficienti, rivoluzionò il modo in cui il rischio veniva gestito nel mondo degli investimenti. La sua idea chiave era che non bastava valutare il rischio di ciascun asset singolarmente, ma era essenziale considerare la correlazione tra i vari asset. Questo portò al concetto di diversificazione, che riduceva il rischio complessivo di un portafoglio combinando asset con rendimenti non correlati. Tuttavia, questo modello, per quanto utile, era ancora un’astrazione che semplificava la complessità del mondo reale. Nonostante il successo accademico di Markowitz, e il suo Premio Nobel, egli stesso ammise che, nella vita pratica, la gestione del rischio spesso si riduceva a una decisione intuitiva basata sulle emozioni personali, come la paura del rimpianto futuro.
Il crollo di Long Term Capital Management nel 1998 è uno degli esempi più noti di fallimento derivante dall’eccessiva fiducia nei modelli matematici. Il fondo, guidato da economisti vincitori del Premio Nobel, si basava su modelli che ignoravano la complessità e l'imprevedibilità del mondo reale. Allo stesso modo, la crisi di Northern Rock nel 2007 mostrò come i regolatori finanziari, riducendo il concetto di rischio a pesi numerici e fissi, non fossero preparati per eventi al di fuori dei modelli. Nonostante Northern Rock fosse considerata la banca più capitalizzata del Regno Unito secondo le normative di Basilea, il suo collasso dimostrò l’inadeguatezza dei modelli di regolamentazione basati su previsioni storiche e la loro incapacità di catturare l’incertezza radicale del sistema finanziario.
Il problema fondamentale, evidenziato anche dalla crisi finanziaria globale del 2007-2008, è che questi modelli, per quanto utili, spesso falliscono nel momento in cui sono presi troppo alla lettera. Quando si presume che essi descrivano accuratamente "il mondo com'è realmente", diventano fuorvianti e, in alcuni casi, pericolosi. Molte delle crisi finanziarie recenti sono state causate proprio dall'errore di applicare modelli matematici ideati per “piccoli mondi” a una realtà economica che non può essere pienamente compresa o prevista.
Nonostante questi fallimenti, il mondo della finanza continua a essere dominato dai modelli. I regolatori finanziari, anziché imparare dagli errori del passato, continuano a sviluppare normative basate su calcoli numerici che non possono catturare la vera natura dell'incertezza. L'introduzione delle normative Solvency II nel settore assicurativo, che estendono l'uso dei modelli di rischio anche a questo campo, dimostra quanto sia radicata questa fiducia eccessiva nei modelli.
Eppure, gli investitori di maggior successo, come Warren Buffett, George Soros e Jim Simons, hanno raggiunto il loro straordinario successo proprio ignorando questi modelli. Ognuno di loro ha sviluppato un proprio stile di investimento basato più sull'intuizione, l'esperienza e l'umiltà che sull'applicazione rigida dei modelli teorici. Buffett, con la sua filosofia di investimento a lungo termine, Soros con la sua capacità di distinguere tra narrazioni economiche false e ben fondate, e Simons con il suo utilizzo di algoritmi matematici per il trading, hanno tutti dimostrato che il successo nel mondo della finanza dipende da una comprensione profonda e flessibile del rischio e dell'incertezza.
In definitiva, il mondo della finanza è un equilibrio delicato tra modelli e narrazioni. I modelli, per quanto utili, non possono mai catturare completamente la complessità del mondo reale, e il rischio di affidarsi troppo a essi è di rimanere intrappolati in un piccolo mondo che esiste solo nelle menti degli economisti e dei regolatori. Per affrontare la vera incertezza, gli investitori e i regolatori devono imparare a gestire l'incertezza radicale, adattarsi piuttosto che ottimizzare, e riconoscere che non esiste una singola narrazione o modello che possa spiegare il mondo finanziario.
Incertezza radicale, assicurazione e investimento
Il mondo delle assicurazioni è profondamente influenzato dall’incertezza e dalla difficoltà di valutare accuratamente i rischi. Un esempio emblematico sono i Lloyd’s a Londra, dove i sottoscrittori, lavorando in piccoli box, determinano i premi per rischi altamente specifici senza poter fare affidamento su modelli probabilistici precisi. La determinazione dei prezzi, in questi casi, si basa più su giudizio e intuizione, piuttosto che su calcoli rigorosi, e i sottoscrittori più esperti si affidano alla loro conoscenza accumulata, derivata dall’esperienza e dall’osservazione di casi simili nel passato.
Un episodio significativo raccontato nel libro è quello in cui un sottoscrittore si trova a dover valutare il rischio di una preziosa collezione d’arte custodita in Svizzera. Il rischio di furto è reale ma difficilmente quantificabile con precisione. Il sottoscrittore, privo di dati statistici precisi, decide il prezzo sulla base del proprio giudizio esperto, aggiustando il premio rispetto ad altri casi simili gestiti in precedenza. Tuttavia, la decisione non è puramente intuitiva: essa riflette una profonda comprensione dei possibili scenari e delle dinamiche del mercato, unita alla consapevolezza che eventuali recenti richieste di risarcimento influenzerebbero inevitabilmente il prezzo. È chiaro che questo processo mentale è molto più narrativo che statistico, e il mercato si affida a pochi individui considerati affidabili per prendere tali decisioni. In questo senso, l’incertezza radicale caratterizza profondamente il mercato delle assicurazioni per rischi altamente specifici.
Lloyd’s rappresenta una rara eccezione nel panorama assicurativo, poiché è una delle poche entità capaci di sottoscrivere rischi idiosincratici. Fino agli anni '90, l'organizzazione operava sulla base di una responsabilità illimitata accettata da una serie di individui ricchi che non erano necessariamente professionisti del settore, ma che si assumevano le perdite in cambio di una quota dei premi. Con il passare del tempo e con la globalizzazione del settore finanziario, la struttura di Lloyd’s ha subito mutamenti profondi. La decadenza delle relazioni sociali che avevano sostenuto il sistema, unita a episodi di incompetenza e venalità, ha messo in crisi il modello. Alla fine, Berkshire Hathaway, la società di Warren Buffett, ha rilevato le perdite residue grazie alla sua capacità di diversificazione e alla struttura decisionale semplificata che la rendeva adatta a gestire rischi complessi.
Il concetto di mutualizzazione, alla base delle assicurazioni, ha radici antiche. Prima dell’avvento delle compagnie assicurative moderne, le comunità gestivano i rischi tramite la condivisione e la solidarietà reciproca. Gli attuali contratti assicurativi si sono sviluppati solo nel XVII secolo, coprendo rischi come incendi e mortalità, mentre altri rischi continuavano a essere gestiti in gruppi di affinità, come le cooperative. Tuttavia, questa mutualità è stata progressivamente erosa, e negli anni '80 molte compagnie assicurative hanno smesso di essere mutuali, divenendo entità commerciali.
L’evoluzione delle pratiche assicurative ha portato all’emergere di compagnie come Swiss Re e Berkshire Hathaway, che operano nel campo della riassicurazione, assumendo rischi di grande entità da compagnie più piccole. Tali organizzazioni rappresentano una forma moderna di mutualizzazione su scala globale. Tuttavia, vi è una crescente differenza tra il modo in cui le grandi compagnie internazionali e i mercati assicurativi specializzati come Lloyd’s trattano l’incertezza radicale. Le prime fanno affidamento su modelli probabilistici che cercano di quantificare la probabilità di eventi, mentre le seconde gestiscono rischi che non possono essere modellati in modo tradizionale, come la cattura del mostro di Loch Ness o l’assicurazione contro un’invasione aliena.
Questo divario tra ciò che è misurabile e ciò che non lo è diventa sempre più rilevante con l’avvento dei big data. Oggi, le compagnie assicurative possono ottenere informazioni dettagliate sui singoli comportamenti dei clienti, riducendo progressivamente l’elemento di casualità. Per esempio, dispositivi che monitorano la guida degli assicurati permettono di calibrare i premi in modo sempre più preciso. Tuttavia, quando il rischio diventa una certezza, l’assicurazione perde il suo senso originario. In molti paesi, infatti, è stata limitata la capacità delle assicurazioni di selezionare i clienti o differenziare i premi, riportando in parte il settore a una forma di mutualizzazione basata sull'assistenza reciproca all'interno della comunità.
Questo tema è evidente anche nel campo delle pensioni, un altro settore strettamente legato all'incertezza radicale. Storicamente, la previdenza pensionistica era mutualizzata attraverso la famiglia o comunità locali. Col tempo, è diventata una responsabilità condivisa tra stato, datori di lavoro e individui. Tuttavia, la crescente volatilità del mercato e l'incertezza associata alla longevità e ai rendimenti degli investimenti hanno reso questo sistema sempre più fragile. La pensione rappresenta una promessa a lungo termine, e i tentativi di garantire questa promessa attraverso obbligazioni indicizzate o altri strumenti sicuri si scontrano spesso con rischi politici o economici, come dimostrato dalle frequenti revisioni dei regimi pensionistici e dalle interferenze governative nella misurazione degli indici dei prezzi.
Di fronte all'incertezza radicale, la diversificazione rimane uno dei pochi strumenti efficaci. Come per gli investimenti finanziari, la diversificazione nelle pensioni consente di ridurre il rischio associato agli imprevisti. Questo principio di robustezza e resilienza attraverso la diversificazione si applica sia agli individui che cercano sicurezza finanziaria, sia alle grandi compagnie di riassicurazione che gestiscono rischi globali.
Infine, l’incertezza radicale crea opportunità di profitto. La volatilità, spesso vista come un nemico degli investitori, può in realtà essere un’alleata se gestita con intelligenza. Come sostenuto da investitori di successo come Warren Buffett, l’abilità di ignorare le fluttuazioni di breve termine e concentrarsi sui fondamentali di lungo termine può portare a grandi vantaggi. Il concetto di dollar cost averaging, proposto da Benjamin Graham, secondo cui l'investimento regolare nel tempo permette di sfruttare la volatilità del mercato, è un esempio di come un approccio intelligente possa trasformare l'incertezza in un’opportunità.
Nel complesso, l'incertezza radicale non può essere eliminata, ma può essere gestita. Che si tratti di assicurazioni o di investimenti, il successo dipende dall'adattamento a un mondo in cui la previsione precisa è impossibile e la resilienza è la chiave per sopravvivere e prosperare.
(In)Comprensioni macroeconomiche
Nel 2003, il Premio Nobel Robert Lucas affermava che la macroeconomia avesse risolto il suo problema centrale, ossia la prevenzione delle depressioni economiche, sostenendo che tale sfida fosse stata superata. Tuttavia, la crisi finanziaria del 2007-2008 e il decennio successivo, segnato da una crescita economica lenta, hanno dimostrato il contrario. Le crisi economiche, come le guerre, non sono eventi stazionari o prevedibili, ma episodi unici e straordinari. La teoria economica, celebrata da Lucas, si era dimostrata incapace di affrontare e prevedere il collasso finanziario globale, poiché presupponeva erroneamente la stabilità e la continuità dell’economia.
La storia della macroeconomia è stata per lungo tempo dominata dall’idea che fosse possibile creare modelli simili a quelli delle "gallerie del vento", utilizzati per simulare il comportamento dei veicoli in condizioni diverse. Nei decenni del dopoguerra, gli economisti credevano che modelli matematici e statistici potessero fornire un’analisi precisa delle dinamiche economiche. Un esempio emblematico di questa visione è la macchina MONIAC (Monetary National Income Analogue Computer), una sorta di calcolatore idraulico progettata per simulare il flusso monetario in un’economia. Tuttavia, con l’aumento della complessità dell’economia globale e il progressivo impatto dell’inflazione negli anni ‘70, emerse la debolezza di questi approcci meccanicistici.
Nonostante il fascino di questi modelli, il loro limite risiedeva nella presunzione di stazionarietà, ossia nell’idea che le relazioni tra variabili economiche restassero stabili nel tempo. Questa convinzione fu messa in crisi quando la realtà economica dimostrò che tali relazioni potevano rompersi improvvisamente. Il caso della curva di Phillips, che correlava l’inflazione alla disoccupazione, è un esempio di questa erronea presunzione di stabilità. Negli anni ‘60 e ‘70, l’inflazione e la disoccupazione aumentarono simultaneamente, sfidando il trade-off suggerito dalla curva di Phillips e dimostrando che la macroeconomia non era in grado di spiegare i cambiamenti radicali che stavano avvenendo.
La crisi del pensiero macroeconomico fu ulteriormente approfondita dalla “critica di Lucas”, formulata nel 1976. Lucas sottolineò che le politiche economiche non potevano basarsi su modelli che presupponevano la stazionarietà, poiché tali politiche influenzavano le aspettative degli agenti economici e, quindi, i processi economici stessi. In altre parole, non si poteva trattare l’economia come un sistema chiuso e stabile, simile alle leggi fisiche che governano il comportamento del vento in una galleria del vento.
Con la rivoluzione delle "aspettative razionali", Lucas e i suoi colleghi a Chicago proposero un nuovo approccio. Essi sostenevano che le aspettative degli agenti economici dovessero essere coerenti non solo tra loro, ma anche con i modelli utilizzati dagli economisti. Questo significava che gli individui e le imprese, nei loro processi decisionali, agissero come se conoscessero il modello economico "vero", basando le loro aspettative su di esso. Tuttavia, questo approccio era intrinsecamente limitato e irrealistico. Supponeva che esistesse un modello "vero" dell'economia, che tutti gli agenti lo conoscessero e che basassero su di esso le proprie aspettative. L’assurdità di questa ipotesi fu ironicamente riassunta dall'economista Thomas Sargent, che parlava di un "comunismo dei modelli", in cui tutti – dai contadini agli economisti e persino a Dio – condividevano lo stesso modello.
Sebbene i modelli basati sulle aspettative razionali abbiano fornito intuizioni utili su alcuni aspetti dell’economia, come l’effetto di politiche mirate a ridurre la disoccupazione, essi non erano in grado di spiegare eventi straordinari come le depressioni o le crisi finanziarie. L’errore fondamentale di tali modelli era che si concentravano su un "piccolo mondo" prevedibile e controllabile, ignorando la complessità e l’imprevedibilità del "grande mondo" reale.
Un altro contributo chiave alla macroeconomia, sviluppato nel XIX secolo da Leon Walras e successivamente da Kenneth Arrow e Gerard Debreu, fu l’idea che i mercati, attraverso un meccanismo di prezzi, potessero raggiungere un equilibrio efficiente. Arrow e Debreu descrissero un mondo ideale, governato da una "grande asta", in cui tutti i consumatori e i produttori portavano le loro domande e offerte e il sistema di prezzi garantiva un equilibrio perfetto. Tuttavia, nel mondo reale, questo equilibrio è impossibile da raggiungere a causa dell’incertezza radicale e della non-stazionarietà. Non esiste un mercato per ogni possibile contingenza futura, come il prezzo del petrolio nel 2075 o le condizioni meteorologiche per un volo nel 2030. La mancanza di mercati per eventi futuri incerti rende impossibile ottenere l’efficienza descritta dai modelli di Arrow e Debreu.
Questi modelli, come sottolineato dallo stesso Lucas, erano strumenti intellettuali utili per raccontare storie sul mondo reale, ma non erano rappresentazioni accurate della realtà. Essi popolavano un mondo artificiale e meccanico, popolato da agenti che agivano razionalmente in base a modelli perfetti. Tuttavia, il mondo reale è ben diverso. L’incertezza radicale e la non-stazionarietà rendono impossibile descrivere il futuro con modelli matematici stabili.
La crisi del 2007-08 ha dimostrato chiaramente i limiti di questi modelli. Le banche centrali, che facevano affidamento su modelli privi di un sistema finanziario, non erano preparate a gestire una crisi originata proprio nel sistema bancario. Le previsioni economiche si dimostrarono inutili, poiché i modelli non erano in grado di prevedere o spiegare i grandi movimenti nell’economia. Le crisi non potevano essere comprese attraverso shock temporanei o frizioni, come suggerito dai modelli del "ciclo economico reale", ma richiedevano una comprensione più profonda della non-stazionarietà e dell’incertezza radicale.
La capacità di prevedere i movimenti dell’economia è stata ripetutamente messa in discussione. Delle 207 recessioni – definite come una caduta della produzione tra l'anno in cui è stata fatta la previsione e l'anno successivo – il World Economic Outlook ne aveva previste precisamente: zero. Nonostante questo fallimento, l’economia continua a dipendere dalle previsioni. Tuttavia, come ha sottolineato Jean-Claude Trichet, ex presidente della Banca Centrale Europea, i modelli disponibili durante la crisi del 2007-08 si dimostrarono inutili. Gli strumenti convenzionali di previsione non erano in grado di affrontare la complessità della realtà.
In un mondo non-stazionario, le aspettative non si formano solo attraverso l’apprendimento individuale, ma sono profondamente influenzate dalle narrazioni sociali e dai media. Le persone parlano tra loro, leggono giornali, guardano notizie e formano le loro credenze in base alle narrazioni prevalenti. Queste narrazioni possono cambiare improvvisamente, come avvenne nel 2008, quando il fallimento di Lehman Brothers cambiò la percezione del sistema finanziario americano. Questo dimostra che le aspettative non possono essere previste o modellate con precisione, poiché sono il prodotto di una complessa interazione sociale.
In definitiva, l’incertezza radicale rappresenta il principale ostacolo alla comprensione e alla previsione dei fenomeni economici. Mentre l’ingegneria aerospaziale, con i suoi modelli fisici ben definiti, può fare previsioni accurate, l’economia non può farlo, poiché il sistema economico è caratterizzato da una complessità e da un’incertezza che i modelli matematici non possono catturare. Il fallimento della macroeconomia moderna nel prevedere la crisi finanziaria del 2007-08 dimostra che ignorare l’incertezza radicale ha reso la disciplina quasi irrilevante per affrontare le sfide del mondo reale.
Uso ed abuso dei modelli
La modellizzazione è uno strumento potente, ma se utilizzata in modo inappropriato, può produrre risultati fuorvianti. Molti modelli economici, come quelli impiegati per prevedere la crescita della popolazione o l’utilizzo delle risorse, tendono a semplificare la realtà fino al punto da risultare inadeguati per prendere decisioni sensate. L'esempio di Thomas Malthus è emblematico. Nel 1798, Malthus previde che la popolazione sarebbe cresciuta esponenzialmente, mentre la produzione alimentare solo linearmente, portando inevitabilmente a carestie. Sebbene la sua previsione si rivelò errata — la produzione alimentare aumentò molto più rapidamente di quanto immaginato — il suo approccio ha continuato a influenzare la narrazione su crisi future, come dimostrato dalle tesi catastrofiste del biologo Paul Ehrlich nel suo libro del 1968, La bomba demografica.
La tendenza ad utilizzare modelli lineari per proiettare situazioni complesse si è ripetuta più volte nella storia. Stanley Jevons, ad esempio, nel 1865 predisse che la crescita industriale britannica si sarebbe arrestata per via dell’esaurimento delle risorse di carbone. Sebbene le sue previsioni fossero più illustrazioni teoriche che vere previsioni, esse diedero origine a un certo pessimismo che avrebbe trovato eco in successive previsioni apocalittiche, come quella del picco del petrolio di Marion King Hubbert negli anni '50. La produzione mondiale di petrolio, che Hubbert stimava avrebbe raggiunto il picco nel 2000, ha invece continuato a crescere, smentendo ancora una volta le proiezioni lineari su risorse finite. Lo stesso vale per le previsioni del Club di Roma nel 1972, che affermavano che la crescita economica globale sarebbe stata limitata dall’esaurimento delle risorse minerali entro il secolo successivo.
Questi esempi riflettono un errore comune tra i previsori: un’eccessiva semplificazione del mondo reale. I modelli utilizzati da Malthus, Jevons e Hubbert, sebbene teoricamente utili per evidenziare la scarsità di risorse e i potenziali squilibri, si sono dimostrati insufficienti per comprendere la complessità del reale. I modelli economici, infatti, tendono a ignorare l’adattabilità del mercato, il ruolo dei prezzi, dell’innovazione e della tecnologia nel rispondere alle nuove sfide.
Un altro esempio di abuso dei modelli è rappresentato dal sistema WebTAG, utilizzato nel Regno Unito per valutare i progetti di trasporto. WebTAG assegna un valore economico al tempo risparmiato o perso in base alla modalità di trasporto. Tuttavia, questo approccio, nonostante la sua apparente precisione, si basa su ipotesi statiche e rigide, che raramente riflettono le reali condizioni del futuro. Inoltre, molte delle stime contenute in questi modelli sono spesso arbitrarie, scelte più per giustificare determinate decisioni politiche o finanziarie piuttosto che per fornire una valutazione oggettiva e accurata.
Gli errori della modellizzazione non si limitano al trasporto. I modelli utilizzati per la gestione del rischio finanziario sono un altro esempio di come la fiducia cieca nei modelli possa portare a risultati disastrosi. I modelli di "valore a rischio" (VaR), impiegati per monitorare l’esposizione al rischio delle banche, sono stati in gran parte responsabili del fallimento di molte istituzioni finanziarie durante la crisi del 2007-2008. Questi modelli si basano su serie storiche di dati che, per definizione, non includono eventi estremi, portando a una sottovalutazione del rischio reale. I default sui mutui subprime negli Stati Uniti, che si verificarono quando le case persero valore, non erano previsti da questi modelli perché si basavano su dati di un'epoca in cui i prezzi delle case aumentavano costantemente.
La modellizzazione, in generale, non riesce a catturare gli eventi imprevisti, quelli che si verificano "fuori modello". Come dimostrato dalla crisi finanziaria del 2008, molte istituzioni che sembravano ben capitalizzate secondo i modelli di rischio fallirono rapidamente quando affrontarono situazioni non previste dai loro modelli.
Anche in ambiti diversi, come la gestione delle risorse naturali, la modellizzazione si è dimostrata problematica. Il caso della pesca del merluzzo nei Grand Banks del Canada è un esempio di come i modelli, se utilizzati per giustificare decisioni politiche piuttosto che per guidarle, possano contribuire a disastri ambientali. Nonostante i modelli complessi utilizzati per regolare le quote di pesca, la popolazione di merluzzo si è ridotta drasticamente fino alla chiusura dell'intera industria nel 1992. Il fallimento di questi modelli non può essere attribuito solo a errori tecnici, ma anche al fatto che essi furono usati per giustificare politiche dettate da interessi economici a breve termine piuttosto che per proteggere gli stock ittici.
Infine, un ulteriore esempio di abuso dei modelli riguarda le previsioni migratorie in Europa. Le stime sull’immigrazione proveniente dai nuovi Stati membri dell’Unione Europea dopo il 2004 sottovalutarono drasticamente il numero di migranti che avrebbero scelto il Regno Unito come destinazione. Questi modelli si basavano su presupposti statici e su dati storici che non tenevano conto delle differenze economiche significative tra i nuovi Stati membri e i paesi dell’Europa occidentale. Anche in questo caso, i modelli furono usati per giustificare decisioni politiche, piuttosto che per fornire un'analisi accurata e completa.
In conclusione, i modelli, sebbene utili, devono essere utilizzati con cautela. Il loro valore non sta nella pretesa di rappresentare "il mondo com'è realmente", ma nella loro capacità di fornire spunti su come decisioni complesse potrebbero evolversi in scenari futuri incerti.
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