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Educazione civica o manipolazione di Stato?
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Articolo di Redazione
7 settembre 2024 9:34
 
 Nella ricorrenza dei centocinquant'anni dalla nascita di Luigi Einaudi, ogni volta che si parla di scuola è bene aver presente che una società non è libera se non lo sono le sue istituzioni scolastiche, e che il passo fondamentale per muoversi nella giusta direzione è l'abolizione del valore legale del titolo di studio e, di conseguenza, di ogni programmazione di Stato. È in effetti l'esistenza del "pezzo di carta" a esigere una qualche forma di accreditamento, ed è quest'ultimo che obbliga qualsiasi scuola, pubblica o privata, a seguire gli orientamenti decisi dai governanti.

Tale premessa è necessaria dinanzi alle polemiche sulla volontà, espressa dal ministro Giuseppe Valditara, di riformulare le linee-guida di quella materia (Educazione civica) che più di altre si presta a diventare strumento di un indottrinamento volto a "costruire" sudditi ubbidienti e passivi. Contro ogni rituale glorificazione dei pubblici poteri, il ministro ha voluto evidenziare la centralità della persona e il fatto che lo Stato è uno strumento, che deve essere al servizio della società. E oltre a ciò nei nuovi criteri egli ha cercato di evidenziare il nesso tra libertà e responsabilità, oltre che il ruolo imprescindibile giocato dalle aziende private e dagli imprenditori.

Com'era facile immaginare, il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione ha espresso un parere negativo; e tra le molte osservazioni avanzate c'è pure l'esplicito indicazione di eliminare quell'obiettivo che invita ad "Apprendere il valore dell'impresa individuale e incoraggiare l'iniziativa economica privata".

Qui siamo in presenza di un duro scontro ideologico: da un lato c'è chi sostiene che per crescere nella propria civitas sia opportuno uno sforzo per comprendere il ruolo delle forze più vive e innovative, a partire dagli imprenditori; dall'altro lato, invece, abbiamo una visione statocentrica e focalizzata sui luoghi dell'amministrazione e del potere, perché l'obiettivo non è di avere uomini liberi e consapevoli, ma cittadini addomesticati.
Al di là delle discussioni sui singoli punti, la polemica estiva in merito ai contenuti dell'Educazione civica obbliga a chiederci, ora che le scuole tornano ad accogliere i nostri giovani, quanto l'istruzione in Italia sia al servizio di una società libera, e quanto invece non funzioni da strumento di una socializzazione che intende manipolare la cultura dei ragazzi, così che siano sempre più docili dinanzi alle nuove parole d'ordine: che si tratti della "sostenibilità" come della "solidarietà", della "inclusività" come della "legalità" (quale che sia, ovviamente, il contenuto delle leggi a cui si deve ubbidire).

Per decenni nessuno ha messo in discussione la tesi, cara ai paladini dell'esistente e ai cantori delle istituzioni di potere dell'età moderna, che la scuola debba servire a orientare verso taluni valori e imporre ben precisi lessici. È un'ottima cosa che di questo oggi invece si discuta, anche sulla scorta della coraggiosa lezione di quello che fu il primo presidente della Repubblica italiana.

(Carlo Lottieri, Direttore del dipartimento di Teoria politica dell'Istituto Bruno Leoni - 07/09/2024)

 
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