Due miliardi, duecento milioni e numerosi spicci di secondi. Settant’anni sono questo. Dividiamo pure per metà i momenti dedicati – almeno in teoria – al sonno e resta sempre un miliardo, cento milioni e la metà dei suddetti numerosi spicci di secondi. Non è poco e ci sarebbe ancora molto da levare. I secondi persi con gli imbecilli, quelli persi con le tue imbecillità, quelli sprecati per noia o per ignavia. Quanto resta? Comunque parecchio, sembrerebbe, lasciando da parte rimorsi e rimpianti che Federico Zeri, con il suo romanesco affettato e perfido, definirebbe roba per commesse di Upim e chissà poi perchè proprio loro e non quelle della Standa. Misteri di Zeri.
Restano fuori dal computo gli errori che sono poi i migliori maestri, se si è spietati con se stessi come lo si è con gli altri. Resta fuori anche la convinzione di aver capito le regole del gioco mentre sei ancora qui che ci lavori. Restano le persone lasciate senza un addio o i lunghi interminabili addii ripetuti. Gli incontri e poi i pochi amici rimasti ma anche i giovani o ex tali per i quali, bene o male, forse hai rappresentato qualcosa e che comunque molto hanno rappresentato per te. Restano i morti, forse traditi dal tuo continuo prendere il mare, mollando gli ormeggi e ripartendo. Troppe vite vissute, a ben vedere, e non tutte in fondo ben collegate fra loro.
Resta il tempo perduto. Non quello proustiano, per carità, ma quello letteralmente buttato via, perchè le cose le hai dovute fare in salita perchè gli ascensori non funzionavano o erano riservati e che forse – se non fosse stato così – non avresti preso per la compagnia che avresti trovato in cabina. Le battaglie durissime, pagate tutte a prezzi fuori mercato. I tuoi libri, Teleroma 56, la Sede Rai valdostana e poi i dodici anni di Segretariato sociale con il Cavallo morente e immortale e oggi vedere le Paralimpiadi ovunque ti fa pensare a Luca Pancalli e al tempo trascorso quando non se ne poteva parlare. Ma anche i dieci di San Marino con la sua Radiotelevisione di Stato che avrebbe meritato una fiducia e un credito che non è mai arrivato.
Ci sono poi i secondi (pochi e non so quanto buoni perchè fare il genitore è l’arte dell’inadeguatezza) dedicati a chi ti ha insegnato il coraggio e l’allegria, da subito appena nato che poi è gente che avrebbe tutte le ragioni per lamentarsi e che – come sempre accade, in questi casi – non lo fa mai, anzi non sa neppure come si fa. E ancora i secondi – molti – sui libri per i quali vale la regola della decimazione al contrario, nel migliore dei casi. Uno su dieci si salva, gli altri no. E poi i secondi per mare o in montagna o per altro, che formano una vita.
Miliardi di secondi scivolati via, che non tornano come è giusto. Resta tempo? Non più di quello che abbiamo sempre avuto cioè un grande punto interrogativo. Ma, facendo conto che tempo ci sia, cosa ripromettersi, nel caso? Sicuramente il vantaggio di poter scegliere rigorosamente situazioni e presenze , rifiutando altrettanto rigorosamente maleducazione, stupidità, arroganza. Il tempo comunque non sarà molto e va sfruttato, sempre che questa specie di tubo usato – come lo definiva Marcello Marchesi – lo consenta.
Altra cosa da fare è fermare il tempo, per quel che può valere, nel momento in cui possa diventare testimonianza di qualcosa. Che poi, a ben vedere, è il senso di questo logbook, in tempi in cui editori e libri sembrano purtroppo sfocarsi all’orizzonte. Trasformare in coscienza un’esperienza, alla fine e per gente così, è la cosa che più conta.