Nei media che fanno notizia perché guardati e considerati da quelli che si credono importanti (e in parte lo sono, anche se parlano a poco meno della metà degli italiani) (1), è tornato in auge il libro delle opinioni del generale Vannacci. Probabilmente, siccome sembra che si candiderà alle elezioni europee, qualcuno ha deciso di fargli propaganda, foraggiato anche dal ministero della Difesa che in merito, con la sospensione dal servizio del nostro generale, ha dato il suo contributo elettorale.
Sembra che sia un libro importante perché dice cose che pensano diverse persone, incluse alcune che pubblicamente sostengono il contrario.
Tanto importante che, anche alcuni che si dicono sostenitori della libertà d’espressione, lo hanno denunciato perché in questo libro si riportano frasi che inciterebbero all’odio razziale (reato previsto dalla cosiddetta legge Mancino). Un reato d’opinione, che rimane tale almeno fino a quando chi se ne rende colpevole non lo traduca in fatti che impediscano l'esercizio delle libertà, financo l’integrità fisica, di chi è stato oggetto di questo odio.
Assistiamo anche alla consueta giravolta di quei politici che, pur avendo votato e apprezzato la legge Mancino, si ergeranno a difensori della libertà d’espressione… tranne sostenere il contrario quando la persona da mettere all’indice non sia di parte politica avversa alla loro.
Ci domandiamo se i vari attori di questa messa in scena (confortata dalla legge, per carità) se ne rendano conto.
Questo accade quando le opinioni vengono considerate anche reati.
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