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Politica e scelte fiorentine. L’illusione della via Gluck
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Articolo di Stefano Fabbri
13 dicembre 2024 15:26
 
 C’è, tra Firenze e Prato, un pezzo di terra di tutti e di nessuno. La Piana è probabilmente il luogo della Penisola in cui c’è il più alto affollamento di cartelli stradali che ti indicano in quale Comune ti trovi o dal quale stai uscendo usando il fitto reticolo di strade piccole e grandi che la solca. Qui i punti di riferimento sono capannoni, centri commerciali, insegne di aziende, tutto venuto su a caso, almeno all’apparenza.

 Affinchè uno sguardo un po’ più attento di cittadini e amministratori si posasse su questo territorio, guardandolo nella sua complessità e non nel particolare episodico, ci sono voluti i cinque morti nell’esplosione e nel rogo dello stabilimento Eni di Calenzano. Forse un po’ tardi, se si pensa che il deposito Eni ha quasi 70 anni e da allora non ci si è mai fermati a riflettere, se non in una dimensione poco più che intercomunale, su quello che stava accadendo. 

Nell’intervista di Mario Lancisi ad Andrea Barducci, pubblicata ieri dal Corriere Fiorentino, l’ex sindaco di Sesto ed ex presidente della Provincia spiega questo processo con il fatto che la forte industrializzazione della Piana ha rappresentato, ed è corretto, una ricchezza nel vero senso della parola per l’area ancora più vasta della Toscana centrale. E tutto questo senza andare troppo per il sottile, nonostante le esigenze di sicurezza sul lavoro, ambientali e di sostenibilità non siano una recente bizzarria ma sempre presenti. Almeno verbalmente, nelle intenzioni espresse dalla politica negli ultimi tre decenni, durante i quali la nascita di insediamenti è andata avanti addirittura accelerando. Ma adesso la questione non la si può più toccare piano, magari cedendo un po’ alla melina.

Per il presidente della Regione Eugenio Giani il deposito Eni, se non sarà possibile trasferirlo (difficile, visto che la collocazione è nata strategicamente vicino alla A1 e lungo l’oleodotto che parte da Livorno) almeno si dovrà “alleggerire”, cioè ridimensionare. Barducci, onestamente coerente con la propria avversità allo sviluppo dell’aeroporto, afferma che occorre cominciare dal non fare la nuova pista tenendoci quella attuale, che però a dire il vero non è meno impattante e foriera di pericoli. Insomma, sembra che la politica nel suo complesso si limiti a suggerire singoli interventi correttivi perdendo di vista una sfida più profonda. Come quella persa da Firenze nell’immaginare il proprio dopo-pandemia. Perchè Barducci ha perfettamente ragione quando afferma che “oggi occorre una nuova visione della Piana”. Partendo dal dato che la vecchia visione forse non c’è mai stata. E magari facendo i conti, per esempio, anche con progetti originali di reindustrializzazione come quello disegnato dai lavoratori della ex Gkn. 

Se davvero si tratta, come in effetti è, di un territorio del quale immaginare il futuro guardando ben oltre la Grande Firenze, fino a Prato e Pistoia, c’è bisogno di un pensiero più coraggioso, capace di realismo e di studio di un diverso ruolo per la Piana. Senza lasciarsi tentare dalla scelta binaria del ragazzo della via Gluck tra erba e cemento.

(articolo pubblicato su  Corriere fiorentino -  Corriere della Sera del 13/12/2024)



 
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