Cerchiamo di meglio comprendere le condizioni e i metodi con cui oggi viene espletato il servizio pubblico di informazione radiotelevisiva (Rai), controllato da una commissione parlamentare espressione della maggioranza.
E’ bene ricordare che siamo in un Paese a democrazia liberale, fondatore dell'Unione europea, tra i più importanti in Europa per libertà dell’etere e con quella che molti chiamano la più importante industria culturale che, a dispetto del nome, è un ente di Stato.
C’è una parlamentare, Rita Dalla Chiesa, membro della commissione di vigilanza Rai che, siccome ritiene che una trasmissione, Ballando con le stelle Rai1, non sia come dovrebbe secondo lei essere - per partecipanti, giuria e conduttore - chiede un intervento censorio della sua stessa commissione.
Niente di strano nello specifico, perché prerogativa della commissione e dei suoi membri è proprio fare i censori. Ma salta agli occhi il fatto che ci sia la possibilità in sede parlamentare di mandare all’aria una trasmissione perché un autorevole censore abbia di ridire “sugli intollerabili atteggiamenti narcisistici di alcuni giurati” e che “la giuria (non tutta) è incompetente e livorosa”. Cioè, politici che indicano come dovrebbero essere le trasmissioni del servizio pubblico.
Oggi è l’on, Dalla Chiesa, domani un altro che, per esempio, non gradisce una corrispondenza di un qualche tg perché troppo filo palestinese o filo israeliana. Oppure un altro onorevole che si lamenta perché viene dato troppo spazio alle ricette vegetariane e in questo modo si danneggiano le filiere degli allevamenti italiani. E poi, a sfare, ognuno col proprio concetto di buongusto.
Insomma, il Parlamento si deve occupare di questo? E non piuttosto che in linea generale il servizio espletato sia pubblico, cioè per tutti?
Questo, a nostro avviso, accade perché la Rai è strutturalmente quel che è. Monopolista in quanto in abuso di posizione dominante verso le altre emittenti. Ente di Stato gestito ufficialmente dal Parlamento ma di fatto dalla maggioranza di quest’ultimo, dove i propri problemi di gestione e qualità non sono aziendali ma politici. Sottomessi a logiche di potere e non economiche e di mercato.
Questa è la Rai che, senza cambiare nulla di quello di cui abbiamo scritto, i politici dicono che vorrebbero ammodernare e riformare. Impossibile. Noi crediamo che solo con privatizzazione e assegnazione del servizio a seguito di gara, si potrebbe parlare di un nuovo indirizzo.
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