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Il senso profondo del denaro (parte 1)
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Articolo di Alessandro Pedone
9 novembre 2022 12:41
 
“Ma è bene se la coscienza riceve larghe ferite perché in tal modo diventa più sensibile a ogni morso. Bisognerebbe leggere, credo, soltanto i libri che mordono e pungono. Se il libro che leggiamo non ci sveglia con un pugno sul cranio, a che serve leggerlo?” (Franz Kafka, Lettera a Oskar Pollak, 27 gennaio 1904)

Fra le svariate centinaia di articoli che ho scritto in oltre venti anni in tema di finanza personale, ciò che mi appresto a scrivere ha la natura più fondamentale, profonda, direi “ontologica” se non fosse che già con questa parola la grande maggioranza dei lettori potenziali smetterà di essere lettore e rimarrà potenziale…
Ma va bene anche così perché questo genere di articoli è pensato per lettori che desiderano andare in profondità delle cose. Lettori che non si accontentano dei “cinque strumenti per avere un buon rendimento senza rischio”.
Cercheremo di capire se c’è un senso, un significato, nel denaro. Capire qual è il senso che ciascuno di noi assegna al denaro, se c’è, è un presupposto fondamentale per fare buone scelte d’investimento. Per affrontare il tema del senso profondo del denaro, daremo prima di tutto uno sguardo ad una recente pubblicazione che contiene una teoria, sviluppata da quello che considero l’italiano vivente più importante in assoluto dal punto di vista culturale. 
Mi riferisco a Federico Faggin, l’inventore della tecnologia (Silicon Gate CMOS) che ha reso possibile lo sviluppo del microprocessore e di tutta la microelettronica che serve allo sviluppo dell’informatica. E’ anche il progettista del primo microprocessore nonché del microprocessore più diffuso al mondo, lo Z80. E’ inoltre il padre del TouchPad e del TouchScreen che ha reso possibile lo sviluppo degli smartphone. In sostanza una fetta importante del modo in cui viviamo tutti i nostri giorni è possibile grazie a Federico Faggin.    
Il suo secondo libro, “Irriducibile”, uscito da un paio di mesi, ha il potenziale di cambiare, in meglio, lo sviluppo dell’umanità in modo radicale e molto più profondo di quanto Faggin abbia già fatto attraverso l’introduzione delle tecnologie sopra accennate. La teoria contenuta nel libro, sviluppata con la collaborazione di Giacomo Mauro D’Ariano, forse il più importante fisico teorico italiano che si occupa di informazione quantistica, ci servirà per capire che cos’è il “senso” delle cose ed applicheremo poi questa teoria al denaro. 

Perché è così importante?
L’introduzione di questo articolo può essere considerata, comprensibilmente, eccessivamente enfatica. Parlare di un cambiamento radicale dell’umanità reso possibile solo dalle idee di un libro può sembrare fuori luogo, ma non è così.
Il grandissimo economista J. M. Keynes nel suo principale capolavoro «The General Theory of Employment, Interest and Money», London 1936 (trad. it. A. Campolongo, Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta, UTET, Torino, 1971, pagg. 526-527) scrive: “È speranza visionaria l’avverarsi di queste idee? Sono gli interessi che esse colpiscono più forti e più ovvi di quelli che esse promuovono? Non tento di rispondere in questo luogo [...]. Ma se le idee sono corrette [...] predico che sarebbe un errore contestare la loro potenza nel corso di un certo periodo di tempo [...]. Le idee degli economisti e dei filosofi politici, così quelle giuste come quelle sbagliate, sono più potenti di quanto comunemente si ritenga. In realtà il mondo è governato da poche cose all’infuori di quelle. Gli uomini della pratica, i quali si credono affatto liberi da ogni influenza intellettuale, sono spesso schiavi di qualche economista defunto [...]. Sono sicuro che il potere degli interessi costituiti si esagera di molto, in confronto con l’affermazione progressiva delle idee [...]. Presto o tardi sono le idee, non gli interessi costituiti, che sono pericolose sia in bene che in male”.
Sono le idee che governano il mondo! 
Se un’idea si insinua nella mente e nel cuore di un numero molto cospicuo di esseri umani, inevitabilmente produce effetti enormi per tutto ciò che entra in relazione con i portatori di tale idea.
Come vedremo nel prossimo paragrafo, vi è un’idea che sta alla base del nostro agire quotidiano, la quale preclude, mina alla radice, la possibilità che le cose abbiano un “senso”. 
Quando l’umanità - o almeno una porzione significativa di essa, più grande rispetto a quella che già oggi ha fatto questo passo - riuscirà ad interiorizzare dentro di sé che questa idea è totalmente destituita di fondamento, avremo fatto un passo avanti enorme nello sviluppo di un mondo migliore per ciascuno di noi. 

Materialismo e determinismo
Le idee più forti, quelle più profonde, sono quelle che non si manifestano in modo esplicito. Le persone credono a quelle idee senza pensare neppure che siano idee, ma ritenendole come un dato di fatto. Sono idee “nascoste” - non esplicitate - che costituiscono la base per le idee più esplicite che infine generano le azioni.
Una di queste è l’idea che tutto ciò che esiste “realmente” - compresi noi stessi - faccia parte di un meccanismo interamente soggetto alle leggi della materia. Tutto sarebbe composto di aggregazioni di particelle (quark, neutroni e protoni, elettroni, atomi, elementi chimici, molecole, ecc.) via via più complesse, ma che risponderebbero sempre, in maniera meccanica, cioè senza che vi sia nessuna volontà o intenzionalità, alle leggi della materia. Secondo questa idea, tutto ciò che non è composto di materia deve necessariamente emergere dalla materia. Nel linguaggio accademico, deve essere un epifenomeno. 
Secondo questa visione del mondo (più tecnicamente weltanschauung) noi saremmo delle macchine, solo incredibilmente complesse, ma sempre macchine. I nostri sentimenti, le nostre emozioni, la nostra coscienza, sarebbero delle conseguenze di fenomeni biochimici ed elettrici prodotti dal nostro cervello più o meno come il nostro fegato produce la bile. In una simile visione del mondo, non c’è alcun spazio per uno scopo, per un senso profondo delle cose. Al massimo ciascuno può cercare di inventarsi una propria “storia”, giusto per tentare di vivere un po’ meglio il tempo che casualmente gli sarà concesso di vivere, ma - sotto sotto - sappiamo che si tratta di una invenzione…
Questa visione del mondo, che possiamo qualificare con il termine materialismo, oggi è fortemente prevalente, in particolare nel mondo accademico. La quasi totalità degli scienziati oggi è materialista e proverebbe imbarazzo a sostenere tesi che mettessero in discussione l’assunto fondamentale che tutto viene dalla materia. 
La tesi materialista affonda le sue radici nello straordinario successo che la scienza ha ottenuto almeno negli ultimi 300 anni nel dotare l’umanità di un incredibile apparato di conoscenze e tecnologie che l’ha resa incredibilmente potente. 
Vi è un’accesa discussione, anche filosofica, sulla bontà o meno della tecnologia. Ricordo in particolare il pensiero del grande filosofo italiano, scomparso da pochi anni, Emanuele Severino che su questo argomento ha tanto riflettuto e scritto. E’ un fatto, però, che grazie al pensiero scientifico – oggi quasi esclusivamente materialista - l’uomo ha ottenuto risultati strabilianti in moltissimi campi del sapere, specialmente quelli applicati alla tecnica. 
Nel primo capitolo del già citato libro di Federico Faggin è contenuta una breve storia della scienza. Si parte dalla messa in discussione del sistema eliocentrico, con Copernico e Galilei, passando per il successo della meccanica di Newton che portò alla rivoluzione industriale. Con la rivoluzione industriale il concetto di macchina si è esteso nell’immaginario collettivo e tutto il mondo è stato gradualmente interpretato come una macchina. L’idea che anche noi, come esseri umani, funzioniamo in qualche modo come macchine, anche se incredibilmente complesse, è radicata non solo nella scienza, ma nel profondo di quasi tutti gli esseri umani che vivono nell’occidente industrializzato. Questa visione di noi stessi e del mondo conduce al riduzionismo ed al determinismo sintetizzato nel famoso “il demone di Laplace”. Pierre-Simone Laplace, interpretando perfettamente lo spirito del tempo (che in larga parte è anche quello attuale) sosteneva che - in astratto - avendo una conoscenza perfetta di tutte le componenti fisiche dell’universo ed avendo una infinita capacità di calcolare tutte le forze in gioco, si sarebbe potuto “abbracciare in un’unica formula i movimenti dei più grandi corpi dell’universo e quelli del più piccolo atomo” (1) così che non vi sarebbe più niente di sconosciuto. Questa visione del mondo è conosciuta come determinismo e chiaramente implica che il libero arbitrio sia solo una mera illusione. 
In questo preciso momento, secondo questa visione del mondo, io posso illudermi di decidere se scrivere la frase che state leggendo oppure cancellarla, ma in realtà - se la leggerete - è perché ci sono state una serie infinita di cause ed effetti che hanno determinato per voi la lettura di questa frase senza che io abbia alcun reale potere di scelta. Tutto è meccanico, basato su cause che producono effetti che costituiscono le cause di altri effetti in una catena infinita governata solo da leggi fisiche. Niente ha un senso, non c’è nessuno scopo. Gli esseri umani possono solo illudersi di trovare uno scopo, così come possono illudersi di avere un certo libero arbitrio, ma in realtà è tutto governato dalle leggi della fisica. 

La meccanica di Newton entra in crisi
Nei primi trent’anni del secolo scorso, la meccanica di Newton inizia ad entrare in crisi come spiegazione fondamentale di tutto ciò che c’è nell’universo a causa della meccanica quantistica. Non entrerò nei dettagli di come questo sia avvenuto. Li potrete trovare sempre nel meraviglioso e già citato libro di Faggin. 
Oggi tra i fisici è indiscutibile che la meccanica quantistica sia la descrizione scientificamente più accurata della realtà ultima. 
Le equazioni matematiche utilizzate nella meccanica quantistica (ad esempio la famosa “funzione d’onda” di Schrödinger) funzionano con una precisione strabiliante e vengono utilizzate tutti i giorni per tantissime tecnologie che stanno oggi alla base della nostra civiltà. 
Lo stesso Federico Faggin si decise a prendere la laurea in Fisica proprio perché sapeva che per realizzare le tecnologie che lui aveva in mente (i microprocessori) si dovevano sfruttare le proprietà quantistiche della materia. 
Il problema della meccanica quantistica è che funziona incredibilmente bene, ma ancora non comprendiamo il significato di queste formule. Uno dei più geniali fisici del secolo scorso, grandissimo sia come uomo che come scienziato, Richard Feynman, diceva: “Se credi di capire la meccanica quantistica, è perché non la capisci”. Tutti i fisici che ho avuto modo di leggere o ascoltare ripetono che “nessuno capisce la meccanica quantistica”. Questo accade perché i suoi princìpi sono controintuitivi e contrari al comportamento degli oggetti macroscopici classici su cui si basa la nostra comprensione fenomenica della realtà. 
Prima di tutto, secondo la fisica moderna i costituenti dell’universo sono i campi quantistici. Ogni particella elementare non esiste in quanto tale, ma è solo una manifestazione di uno stato del rispettivo campo. Questo è un primo passaggio fondamentale, ancora troppo recente e controintuitivo, per essere entrato nell’immaginario collettivo. 
Diversamente dalla meccanica di Newton che porta al determinismo, la meccanica quantistica è tutta probabilistica. La funzione d’onda, la base della meccanica quantistica, descrive le probabilità che le particelle si manifestino in un determinato punto o con determinate caratteristiche (ad esempio lo spin). 
Ma la cosa ancora più sconvolgente e controintuitiva è che prima che una certa misura venga realizzata la particella si trova contemporaneamente in tutti gli stati possibili! Questo è un secondo principio sconvolgente e totalmente controintuitivo della meccanica quantistica. Una delle cose che porta i fisici a dire che nessuno capisce la meccanica quantistica, anche se funziona incredibilmente bene. 
Il concetto di probabilità è fondamentale in tutta la scienza moderna (quindi anche nella finanza e nella gestione del denaro). 
Ci sono però almeno due modi molto diversi di concepire la probabilità. 
Un modo è più legato alla vecchia visione del mondo, quello di un’enorme macchina che risponde a leggi che non possono essere cambiate. In questa visione del mondo, la probabilità è un modo per gestire la nostra ignoranza sul futuro che comunque è già scritto. Questo tipo di probabilità corrisponde alla cosiddetta definizione frequentista della probabilità. In finanza, quasi tutti utilizzano questa vecchia visione della probabilità. 
Nella meccanica quantistica, invece, questo concetto viene completamente ribaltato. Non c’è nessun determinismo. E’ l’interazione fra i campi quantistici e l’osservatore che determina la manifestazione delle particelle. Prima di questa interazione le particelle si trovavano in una sovrapposizione di stati. La probabilità non è più, semplicemente, un modo per gestire la nostra ignoranza su un futuro che è comunque scritto. Diventa invece una stima di ciò che supponiamo possa accadere all’interno di un futuro che è comunque aperto, da scrivere! Questo tipo di probabilità è la probabilità soggettiva proposta dal grande statistico italiano, Bruno de Finetti. Purtroppo è ancora troppo poco conosciuta in finanza, sebbene Bruno de Finetti si debba considerare colui che ha inventato le basi matematiche della finanza moderna, anche se aveva già compreso tutti i suoi limiti e quindi non aveva proposto gli sviluppi che poi successivamente sono stati portati avanti dai premi Nobel come Markowitz, Sharpe, ecc. 
Il fenomeno dell'entanglement è quello che dà il colpo di grazia all’interpretazione del mondo che deriva dalla meccanica di Newton. 
Il premio Nobel per la fisica quest’anno è stato assegnato a tre fisici (Alain Aspect, John F. Clauser e Anton Zeilinger) che hanno dedicato la loro vita alla dimostrazione che questo fenomeno è reale. Con l’assegnazione di questo premio si sancisce anche il tramonto della vecchia visione del mondo.
Come ripete spesso Federico Faggin, dal punto di vista scientifico, il materialismo è “bancarotta”! 
Il fenomeno dell'entanglement consiste nell’esistenza di particelle che hanno proprietà congiunte al di fuori dello spazio e del tempo. Se due particelle A e B sono collegate da questo fenomeno, misurando una proprietà della particella A conosco già il risultato che troverò misurando la particella della proprietà B e questo indipendente dalla distanza di queste particelle. 
Il fenomeno dell’entanglement ci dice che la realtà ultima dell’universo non è descrivibile in termini di spazio. Si parla di non località della meccanica quantistica. 

Dalla macchina all’informazione
Tutte queste nuove scoperte hanno messo in profonda crisi la vecchia visione del mondo, ma non è ancora emersa una nuova visione. In parte perché queste scoperte, per i tempi della storia, sono troppo recenti, ma soprattutto perché non si è ancora affermata una teoria in grado di dare un senso a ciò che le formule della meccanica quantistica affermano. 
Il libro di Federico Faggin divulga una teoria che spiega il significato profondo della meccanica quantistica! Il libro è una versione accessibile al grande pubblico di una teoria recentemente pubblicata in un libro per specialisti e che si può leggere a questo link.
La meccanica di Newton ha portato in dote all’umanità le macchine. Dal settecento in poi, la visione del mondo degli esseri umani si è gradualmente plasmata attorno alla metafora della macchina. 
Il portato più importante della meccanica quantistica è senza alcun dubbio l’informatica. Senza la meccanica quantistica non avremmo i calcolatori con la potenza attuale. Per costruire i microchip così potenti come quelli di cui disponiamo abbiamo bisogno delle formule della meccanica quantistica. 
L’informatica ci ha portato in dote anche l’intelligenza artificiale con la quale stiamo realizzando cose strabilianti. L’immagine che vedete in apertura dell’articolo è un’immagine originale,  prodotta da sottoscritto (privo di alcuna dote grafica) attraverso l’uso di un’intelligenza artificiale. 
L’informatica sta entrando sempre di più nelle nostre vite così come le macchine sono entrate nelle nostre vite a partire dalla prima rivoluzione industriale. 
E’ ovvio quindi, che l’informatica stia gradualmente cambiando la nostra visione del mondo e, molto gradualmente, la metafora attorno alla quale stiamo plasmando tutta la nostra conoscenza è quella della computazione dell’informazione. 
Al momento, la metafora tipica con la quale lo scienziato medio descrive l’uomo è quella di un robot (la macchina, che corrisponde al corpo) guidato da un software incredibilmente complesso che risiederebbe nel cervello. 
Questa visione, però, è solo un passaggio intermedio. Piano piano inizieremo sempre di più a percepire noi stessi e l’intero mondo come se fossimo all’interno di un software. In altre parole, sparirà la macchina… Man mano che la realtà virtuale si diffonderà sempre di più, la metafora apparirà scontata come oggi ci sembra scontato vedere il corpo umano in termini di una macchina. 
Il prof. emerito dell’Università della California, Donald Hoffman, ha pubblicato nel 2020 un eccellente libro, tradotto anche in italiano con il titolo “L'illusione della realtà. Come l'evoluzione ci inganna sul mondo che vediamo” dove spiega come la realtà che vediamo non è affatto come la vediamo, ma è una utilissima rappresentazione che non può essere reale. 
Il prof. Giacomo Mauro d’Amiano del dipartimento di fisica dell’Università di Pavia, insieme al suo staff, ha già dimostrato che tutta la meccanica quantistica deriva dall’informazione quantistica. Dal punto di vista della fisica, quindi, non c’è assolutamente niente di incompatibile rispetto all’idea che la materia che noi percepiamo con i nostri sensi nasca dal mondo immateriale. Anzi, secondo quanto spiega benissimo Faggin nel suo ultimo libro, tutta la meccanica quantistica, se ben compresa, porta verso quella direzione.  E’ esattamente il contrario della visione materialista oggi prevalente.
Non è la materia che produce la coscienza, ma è la coscienza che produce la materia.

Una nuova spiegazione della meccanica quantistica
La meccanica quantistica, grazie anche ai miliardi in ricerca e sviluppo che si spendono ogni anno per i computer quantistici, sta facendo passi avanti da gigante. 
Circa un anno fa, scrissi un articolo sui computer quantistici dal titolo “Computer quantistici, finanza e coscienza” nel quale già accennavo alla teoria di Faggin e d’Amiano. 
Il teorema di non clonazione quantistica (no cloning theorem), fondamentale per la teoria proposta da Faggin e d’Ariano, è relativamente recente (poche decine d’anni). Sebbene si stiano trovando sempre maggiori applicazioni dei fenomeni quantistici, prima di Faggin e d’Ariano, nessuno aveva proposto una teoria che spiegasse in modo così completo il significato, il senso, della meccanica quantistica. I primi scienziati che hanno posto le basi della meccanica quantistica, ad esempio Heisenberg e Schrodinger, hanno fatto molte riflessioni filosofiche sul significato di quello che andavano via via scoprendo, ma nessuna di queste rivestiva un carattere sistemico. Questo perché mancavano ancora troppi “pezzi del puzzle”.
Faggin e d’Ariano, per la prima volta, propongono una spiegazione teorica completa, falsificabile, della meccanica quantistica. Non si tratta di un ragionamento filosofico, è una vera e propria teoria scientifica, falsificabile, che ribalta il punto di vista scientifico prevalente. 
Secondo la teoria di Faggin e d’Amiano, la coscienza è una proprietà irriducibile dei campi quantistici. Non è un epifenomeno della materia, ma è esattamente il contrario! I campi quantistici hanno già un qualche grado di coscienza e le loro aggregazioni, se sono aggregazioni coerenti, formano livelli di coscienza sempre più complessi. 
In questa visione, la materia non sarebbe altro che l’espressione della coscienza dei campi quantistici. Fino ad oggi la meccanica quantistica ci è sembrata così incomprensibile perché non abbiamo mai preso in considerazione l’idea che un campo quantistico possa avere una coscienza. Se partiamo da questo assunto, tutto assume un senso.
Il mondo fisico che conosciamo, nella visione del mondo proposta da Faggin nel suo ultimo libro, non sarebbe altro che un insieme di simboli attraverso i quali le coscienze esprimono un loro significato. L’esempio più calzante è costituito dal linguaggio. Le parole di per sé non hanno nessun significato. Posso studiare le parole in termini di fenomeni fisici ed allora non troverò mai un senso a questi simboli. Oppure, se conosco tutta una serie di convenzioni che stanno nel linguaggio, quelle parole possono richiamare il significato all’interno della mia coscienza. Le parole, cioè, attivano ciò che in filosofia si chiamano “qualia”.  
Il senso, quindi, è all’interno, il simbolo è all’esterno. 
La fisica classica si riferisce a ciò che si può conoscere dei simboli in quanto tali, la meccanica quantistica si riferisce a ciò che si può conoscere del mondo interiore, quello del significato. 
Per evidenti motivi di spazio, non posso dilungarmi oltre nella descrizione della teoria di Faggin e d’Ariano, ma se sei arrivato a leggere fino a questo punto mi auguro (e ti auguro) che vorrai approfondire leggendo direttamente il libro. Se non hai tempo a sufficienza, potresti voler dedicare venti minuti a guardare questo video 
Federico Faggin al WMF 2022 - Intelligenza Umana e Intelligenza Artificiale nel quale Federico Faggin fa una breve presentazione della sua teoria. Sempre su YouTube esistono diversi video recenti con presentazioni del libro nelle quali Faggin espone la sua teoria in modo ancora più dettagliato. 

Il senso del denaro
Gli investitori inesperti, quelli che io amo chiamare investitori-bambini, pensano che la parte difficile degli investimenti finanziari sia scegliere i titoli da comprare o da vendere. E’ meglio investire in azioni o in obbligazioni? Meglio questa azione o quest'altra? E’ opportuno investire in BTP o il rischio Italia è troppo alto? Meglio questo ETF o quest’altro? Tutte domande lecite e che hanno la loro importanza alle quale se ne potrebbe aggiungere altre decine simili, ma l’impatto che queste scelte avranno nei rendimenti di lungo termine del portafoglio ma - soprattutto - nella qualità della vita dell’investitore sono decisamente meno rilevanti rispetto all’impatto che potrebbe avere, per lo stesso investitore, chiarire con se stesso quali sono le sue priorità nell’utilizzo del denaro nel corso della sua vita. Ciò corrisponde a dare un senso al proprio denaro. La prima domanda che un investitore-adulto dovrebbe farsi è la seguente: nell’ambito di tutti gli aspetti della vita nei quali il denaro svolge un ruolo determinante, cosa è più significativo per me? A cosa tengo maggiormente?   
Per la mia esperienza professionale gli investitori che hanno chiaro la risposta a questa domanda sono rarissimi, mosche bianche. Questo perché non è facile rispondere ad una domanda del genere, ed è proprio perché è difficile che coloro che ci riescono ottengono enormi benefici. 
Con l’aiuto dei concetti affrontati in questa prima parte dell’articolo, nella seconda - e conclusiva - parte cercheremo di entrare più in profondità possibile nel tema del senso del denaro.
Appuntamento, quindi, alla prossima settimana! 


Note
(1) Il passaggio in questione è riportato  nell’Introduzione al suo Essai philosophique sur les probabilités del 1814: “Possiamo considerare lo stato presente dell’universo come l’effetto del suo passato e la causa del suo futuro. Un intelletto che a un certo momento conoscesse tutte le forze che mettono in moto la natura e le posizioni di tutti gli elementi di cui la natura è composta, se questo intelletto fosse anche abbastanza vasto da sottoporre all’analisi questi dati, potrebbe abbracciare in un’unica formula i movimenti dei più grandi corpi dell’universo e quelli del più piccolo atomo; per un tale intelletto nulla sarebbe incerto e il futuro come il passato sarebbe presente davanti ai suoi occhi”
 
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