
Se pioveva forte una volta si dava la colpa al governo, aggiungendovi l’aggettivo che serve a identificare chi ruba. E ciò indipendentemente dal colore della compagine politica di turno. Oggi la politica è ancora chiamata in causa, non per la poco probabile responsabilità nelle precipitazioni ma per le più serie conseguenze che queste provocano. Quella degli ex sindaci di Prato Matteo Biffoni e di Montemurlo Simone Calamai, destinatari insieme ad altri 13 tra amministratori e tecnici dell’avviso di conclusione indagini della Procura di Prato, è una vicenda strettamente giudiziaria che riguarda, appunto, l’accertamento delle responsabilità in campo penale. Ma, magari senza volerlo, ci sta indicando una criticità che potrebbe spingere la discussione pubblica a una riflessione su ruolo, capacità e compiti dei primi cittadini.
Per sgombrare il campo dagli equivoci, giova ricordare che le norme prevedono per chi indossa la fascia tricolore il ruolo di massima autorità sanitaria e di protezione civile nella propria comunità.
Onori e oneri compresi. Ed è sul rispetto o violazione di questi ultimi che si baserà il giudizio, se vi si arriverà, di un tribunale. Ma il quadro che individua i loro doveri nella concretezza di tutti i giorni — specialmente quelli piovosi — sta cambiando con una rapidità enorme e difficilmente anche nuove norme più attuali riusciranno a tenere un passo così svelto. Giusto per fare un esempio: è di ieri la notizia che il gennaio 2025 è stato il mese più caldo di sempre. Ma soprattutto gli studiosi valutano che la tendenza al riscaldamento globale, con tutto il suo carico di fenomeni a catena sul clima, sta rivelando che la velocità di crescita della temperatura media sia superiore a quella prevista.
Questo dato, se confermato, fa invecchiare di colpo anche procedure e piani messi a punto solo pochi anni fa.
Uno degli amministratori coinvolti nell’inchiesta ha sottolineato che il piano di prevenzione era stato redatto nel 2018, «non venti anni fa». Infatti ne sono trascorsi sei, anzi viene naturale dire appena sei. Ma dovremo abituarci a fare a meno di questo avverbio di valore limitativo. Perché sei anni sono circa la metà di quelli osservati dagli scienziati come periodo di accelerazione del mutamento climatico.
Sarebbe sbagliato un ragionamento che chiuda il cerchio aperto dall’improperio anti-governativo con cui cominciano queste righe: dalla colpa al governo alla colpa al clima. Ma è indubbio che il perimetro dei doveri — e quindi delle responsabilità — è oggi inadeguato. Non basta più l’occhio al semaforo delle allerte gialle, arancioni o rosse che divide i sindaci tra chi incrocia le dita e chi chiude le scuole a prescindere, perché non si sa mai. Probabilmente non bastano più neanche gli strumenti e i poteri a loro disposizione (però, pur insufficienti, quelli attuali almeno si usino!) o procedure e norme per cui gli enti superiori si limitino a emettere avvisi per poi entrare in campo per riparare i danni. I processi si affrontano da soli perché la responsabilità penale è personale. Ma forse servirà evitare che in futuro, nei momenti decisivi sulle grandi criticità, vi sia la solitudine non dei numeri primi ma dei primi cittadini.
(articolo pubblicato su Corriere fiorentino - Corriere della Sera del 07/02/2025)
CHI PAGA ADUC
l’associazione non percepisce ed è contraria ai finanziamenti pubblici (anche il 5 per mille)
La sua forza economica sono iscrizioni e contributi donati da chi la ritiene utile
DONA ORA