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A Stoccolma, un quartiere laboratorio della città sostenibile
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Articolo di Redazione
2 giugno 2018 16:04
 
 Lungo le rive, i passanti camminano sulla passeggiata di legno. Altri percorrono i tranquilli vicoli fiancheggiati da ciliegi in fiore. Nessuna automobile attraversa Hammarby Sjöstad, un quartiere a sud di Stoccolma. E per una buona ragione: ci sono poche strade, riflesso della volontà di ridurre drasticamente la circolazione automobilistica. Gli immobili sono attorniati da giardini, e vi si accede attraverso dei percorsi pedonali e delle piste ciclabili.
Hammarby Sjöstad é stato uno dei primi ecoquartieri d’Europa e resta un modello nel mondo intero. Circa 10.000 visitatori di tutti i Paesi vi si recano ogni anno, secondo i dati di GlashusEtt, il centro di informazione del quartiere. Oggi ci sono 10.000 appartamenti e 25.000 abitanti, piuttosto ricchi perché i prezzi sono vicini a quelli, alti, del centro di Stoccolma. Nonostante non ci sia una differenziazione sociale, la qualità della vita esiste di fatto in questi 200 ettari in cui gli spazi verdi rappresentano il 40%.
Vecchio sito portuale
Il progetto di costruzione di Hammarby Sjöstad é del 1996, con la candidatura di Stoccolma ai giochi Olimpici del 2004. All’inizio, si trattava di risistemare questa zona insalubre e malfamata per installarvi il villaggio olimpico. Il comitato di attribuzione dei giochi scelse invece Atene, ma la capitale svedese non rinunciò al progetto.
Il cantiere fu avviato su questo vecchio sito portuale, che era necessario prima di tutto pulire da 300 tonnellate di petrolio e residui di metalli pesanti. Il primo palazzo vide la luce nel 1998, e solo allora si svilupparono i trasporti in comune e le possibilita’ di condivisione dei mezzi. Parallelamente, un sistema pneumatico di riciclaggio dei rifiuti fu costruito per aspirare questi ultimi in dei tubi sotterranei fino al luogo in cui sarebbero stati trattati. Il recupero delle acque reflue contribuisce al riscaldamento delle case.
All’inizio, c’era un obiettivo ambizioso: dimezzare il consumo di energia del quartiere in rapporto alla media nazionale. L’obiettivo non é stato raggiunto, ma gli abitanti consumano tra il 30 e il 40% in meno di energia rispetto alla media svedese.
“Cambiare le abitudini”
“Gli abitanti non sono sempre disponibili a cambiare le loro abitudini. E’ per esempio difficile rispettare la soglia di 0,7 vetture per persona”,
commenta Charlotta Baker, agente di ClashusEtt. Direttore dell’agenzia di architetti Equator, a Stoccolma, Yves Chantereau evoca anche lui delle ragioni culturali: “Andare a spiegare agli svedesi che bisogna fare economia sull’acqua!”, sorride questo esperto mostrando una carta delle 14 isole che compongono la capitale. “Non solo, l’energia é molto a buon mercato in Svezia, e questo stimola poco, individualmente, a ridurre il proprio consumo.”
Oggi questo quartiere resta, malgrado tutto, un laboratorio di innovazioni sociali e ambientali, dove gli abitanti continuano ad essere il motore dei cambiamenti. Il progetto ElectriCity ne é testimone. Nel 2011, Allan Larsson, un ex-ministro delle Finanze che si é trasferito a Hammarby Sjöstad, scrive un articolo sul giornale locale per invitare coloro che vogliono fare investimenti, a contattarlo. “Le discussioni sono cominciate nella mia cucina e, nel 2014, abbiamo creato ElectriCity, un’associazione che lavora su 28 progetti, per la ricarica delle vetture elettriche a domicilio fino allo sviluppo della geotermia, passando per l’installazione di pannelli solari di nuova generazione”. Perché, per quanto sorprendente possa sembrare, “la Svezia ha, in materia di energia solare, lo stesso potenziale della Germania”, sottolinea Allan Larsson, che fa affidamento anche sugli oggetti connessi per realizzare delle economie energetiche.
Nel momento in cui la Svezia si é impegnata ad arrivare ad un punto zero di produzione di energia fossile nel 2045, ElectriCity ha intenzione di raggiungere questo obiettivo nel 2030. E permettere al quartiere di continuare a giocare anche questo ruolo di vetrina.

(articolo di Sophie Blitman, pubblicato sul quotidiano Le Monde del 01/06/2018)
 
 
 
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