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CORTE DEI CONTI: CONTI IN ROSSO
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Comunicato 
20 luglio 1999 0:00
 

DELLE POSTE.
NON SARANNO RISOLTI MANTENENDO IL MONOPOLIO DEI SERVIZI PIU' INEFFICIENTI E PIU' REDDITIZI, MA PROPRIO CON IL CONTRARIO: CIO' CHE PAGA E' LA QUALITA' PER L'UTENZA NON LA RENDITA DI POSIZIONE. APPELLO AL GOVERNO PERCHE' RIVEDA TUTTO IL PROGETTO DA POCO APPROVATO.

Firenze, 20 Luglio 1999. La Corte dei Conti ha fatto sapere che le Poste, per offrire un servizio inappagante (parola diplomatica che tradotta nella lingua quotidiana vuol dire "disservizio") perdono quasi 8 miliardi di lire al giorno, cioe' 2.649 miliardi all'anno.
Interviene il presidente dell'Aduc, Vincenzo Donvito.
Un disavanzo economico che supera anche i 2.438 miliardi del "buco" delle FS. Complimenti, se era una gara, le Poste l'hanno vinta. Ma il gioco e' truccato all'origine, perche' chi paga non e' l'azienda nel suo complesso (dipendenti e dirigenti) ma l'utente che e' obbligato a servirsi delle loro prestazioni perche' di primaria ed essenziale importanza. Un modello, una scuola di economia politica e di rigore civico, al cui cospetto la sgangherata economia della Jugoslavia sembra un modello di efficienza.
E il rimedio? Peggio della malattia. Infatti la cosiddetta deregulation approvata di recente dal Governo mantiene alle Poste -in regime di monopolio- i servizi piu' redditizzi (corrispondenza interna e transfrontaliera, posta ibrida telematica), che sono anche quelli piu' disastrati, mentre liberalizza quelli che nel mercato sono gia' in crisi perche' superati dai tempi e dai nuovi modi di comunicare (pubblicita' per corrispondenza e scambio documenti).
Noi invece crediamo che -per il bene del servizio e per l'altrettanto bene dell'azienda- il metodo debba essere contrario. Le capacita' delle aziende oggi si misurano sulla qualita' del servizio all'utenza e non sulle rendite di posizione: piu' un servizio e' diffuso e piu' bisogna renderlo competitivo in un mercato libero, per invogliare gli utenti ad usarlo sempre di piu'. Le Poste e il Governo, invece, partono dal presupposto che siccome si tratta di un servizio primario, l'utente -comunque, pur in presenza di qualita' scadente- lo utilizzera': ragionamento che poteva andare bene quando c'erano le carrozze con i cavalli, ma non nell'era della comunicazione telematica a 360 gradi.
Gli 8 miliardi al giorno che le Poste perdono (ripianati dall'intervento dello Stato) sono cosi' condannati ad aumentare, perche' se gli sforzi dell'amministratore Corrado Passera (riconosciuti dalla stessa Corte dei Conti) sono come quelli della "posta prioritaria" …… dal timido buon avvio economico di questa prioritaria (tutto da dimostrare!) il passo verso il baratro e' breve: c'e' forse qualcuno che non s'e' accorto che di fatto le Poste hanno aumentato i prezzi del 50% per offrire lo stesso servizio di prima? Non crediamo. Cosi' come crediamo che gli utenti non siano allocchi che continuano a credere che qualcosa sia vero perche' lo hanno sentito in televisione, ma sono attenti e oculati amministratori del loro patrimonio, al punto tale che, stante la situazione, non potranno non riversarsi verso strumenti alternativi di corrispondenza.
Per questo ci accodiamo a quanto gia' chiede la Corte dei Conti al Governo: "in caso di insuccesso del piano d'impresa si dovra' pervenire ad una rimodulazione del processo di privatizzazione e cio' per evitare che la collettivita' sia chiamata a sostenere il ripianamento economico delle Poste italiane senza beneficiare di un servizio in linea con gli standard europei". E aggiungiamo che sarebbe meglio che, invece di muoversi quando si vedra' passare il cadavere delle Poste sul fiume, sarebbe meglio costruire prima
 
 
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