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Dove va la Rai? Perché non si applicano le leggi?
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Comunicato di Vincenzo Donvito
5 luglio 2021 11:55
 
La nomina del nuovo amministratore delegato e del presidente della Rai è ancora in alto mare. E quand’anche il premier Mario Draghi deciderà, pur come si legge di qua e di là in sua totale autonomia, non dovrebbe succedere nulla. La Rai non è la Bbc! C’è sempre la commissione di vigilanza parlamentare che, strutturalmente divisa fra tutti i partiti presenti in Parlamento, ha come compito la spartizione.

La sua situazione economia non è mai stata rosea (posizione finanziaria 2020: -523,4 milioni) ma una possibile ristrutturazione radicale avrebbe potuto esserci, la privatizzazione. Consigliata dagli elettori nel 1995 con un referendum, è stata recepita dall’art.21 della legge Gasparri del 2004: entro sei mesi (5/11/2004) avrebbe dovuto essere “avviato il procedimento per l’alienazione della partecipazione dello Stato nella Rai”, il collocamento in Borsa “di un’offerta pubblica di vendita” che, all’inizio, avrebbe dovuto essere di minoranza. Non una rivoluzione, ma far giocare l’informazione/intrattenimento di Stato nel mercato azionario, forse avrebbe calmato le tipiche arroganze dei partiti sulla gestione. Forse un primo passo. Sono passati più di 16 anni e referendum e legge Gasparri è come se non fossero esistiti col bello che, ogni tanto, si sente qualcuno parlare di privatizzazione come se non esistessero questi ben definiti paletti istituzionali.

E’ evidente che la Rai resterà la Rai, coi gestori pubblici che la usano a loro discrezione politica ed economica. Per quest’ultima grida vendetta la “Netflix della cultura italiana”, ItsArt (rigidamente in lingua inglese… W l’Italy!), coi soldi dello Stato (Cassa depositi e prestiti), creatura del ministro della Cultura Dario Franceschini dove ci sono gli stessi contenuti che sono gratis su RaiPlay e con prezzi fuori mercato.

Per la discrezione politica è sufficiente sintonizzarsi su uno dei tanti tg o gr o intrattenimenti vari, e si intuisce chi sono i gestori…. Della serie che per avere informazione presumibilmente indipendente è bene cercarla altrove e non su radio e tv che paghiamo con le nostre imposte.

Potrebbe sembrare che il premier Draghi sia consapevole di questa situazione e, nel contempo, non se la senta di andare con mano pesante perché altrimenti il suo governo ne risentirebbe.
Ma, da contribuenti e cittadini ci poniamo una domanda: Siamo sicuri che sarebbe una mano pesante quella di applicare la indicazione referendaria e la legge dello Stato?


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