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LIBERALIZZAZIONE TRASPORTO
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Comunicato 
12 marzo 1999 0:00
 
PUBBLICO LOCALE.
COME CAMBIARE PER CONSOLIDARE CIO' CHE GIA' C'ERA, MENTRE GLI UTENTI NON POSSONO SCEGLIERE RISPETTO ALLA QUALITA'.

Firenze, 12 Marzo 1999. Il Trasporto pubblico locale e' ad una svolta. Almeno cosi' dicono gli impegni presi dall'Italia in sede comunitaria gia' da tempo, e trasformati in legge nel 1997, quando sono stati conferiti a regioni ed enti locali i compiti in materia.
Nella regione Toscana, dopo aver diviso il territorio in bacini, si sta procedendo a definire gli accordi di servizio, che non sono altro che il metodo per spartirsi i soldi che la Regione mette a disposizione, accontentare tutti, mantenere in vita chi c'era prima, cementificare la situazione per impedire che altri possano fare offerte ad un'utenza che, in alternativa, si sta sempre piu' riversando sull'uso del mezzo privato, con tutte le conseguenze negative che questo comporta per l'intasamento delle citta' e l'inquinamento ambientale.
Interviene il presidente dell'Aduc, Vincenzo Donvito.
Si sta mettendo in pratica quello che siamo abituati a vedere in ogni ambito dove si parla di privatizzare: non si premia la capacita' delle aziende di fornire servizi che -preferiti dagli utenti- premino anche i loro bilanci, ma si premia il loro esserci …. e continuare ad esserci grazie alla spartizione del denaro pubblico.
Con questo sistema, per esempio, l'Ataf fiorentina ha un contributo pubblico per servizi di quasi 67 miliardi, oltre a piu' di 17 miliardi di lire -sempre pubblici- per far tornare i bilanci: un contributo calcolato sui chilometri, e quindi per il servizio, ma che di fatto, vista l'entita', e' utilizzato per pagare personale e mezzi, che invece dovrebbero essere pagati dall'attivita' di trasporto: si alimenta l'azienda in se' e non il servizio pubblico che offre.
Non e' da meno quello che succede per la Sita, che ha un contributo servizi di quasi 18 miliardi, mentre c'e' parsimonia per il ripiano aziendale: solo quasi 411 milioni di lire.
Cifre piu' modeste, invece, per la Lazzi (piu' di 6 miliardi di contributo servizi, e piu' di 357 milioni per il ripiano aziendale), distanziando la pratese Cap, che si accontenta di quasi 3 miliardi e mezzo per il contributo servizi e di niente per il ripiano aziendale, mentre la Copit -che prende quasi 2 miliardi di lire come contributo servizi- riesce ad avere piu' di 144 milioni per il ripiano aziendale. E cosi' anche per altre aziende come l'Alterini (quasi 1 miliardo e mezzo per i servizi e 26 milioni per il buco di bilancio), la LI-NEA (piu' di 3 miliardi e mezzo per i servizi, e solo 16 milioni per il ripiano), la Stam (quasi 2 miliardi per servizi, e poco meno di 26 milioni per il ripiano aziendale). Seguono poi una serie di altre "piccole" e alcune amministrazioni comunali, per un totale di 105 miliardi e mezzo per contributi di servizi e quasi 19 miliardi per risanare i bilanci.
Per capire l'entita' del fenomeno, c'e' da considerare che ci sono anche altri contributi in gioco, tipo il 50% per l'acquisto di nuovi mezzi.
Una situazione che impedisce a qualunque nuova azienda di mettere anche solo il naso in questo mercato, perche' non reggerebbe la concorrenza di chi, quando i bilanci non gli tornano, ha l'amministrazione pubblica che glielo sana. Questa e' chiamata privatizzazione e apertura del mercato!!!!
Cosa succede per gli utenti? I prezzi dei servizi, ad ogni livello incluso quello del noleggio per turismo, sono blindati, e non c'e' scelta -sulla stessa linea- rispetto alla qualita' del servizio. Chi c'e' ci rimane, indipendentemente dal gradimento di cio' che offre.
Saremmo curiosi di conoscere il tasso percentuale di occupazione degli autobus sui
 
 
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