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Il Condominio. Contratti di locazione ad uso diverso e mancanza del certificato di abitabilità
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Articolo di Laura Cecchini
18 gennaio 2022 14:46
 
La disciplina che concerne i contratti di locazione, ad uso abitativo e diverso, e le obbligazioni che ne derivano, trova la sua fonte nelle norme appositamente dedicate nel Codice Civile, agli artt. 1571 e ss. nonché nella legislazione emanata in materia (Legge 392/1978 e Legge n.431/1998).
Nel rispetto delle disposizioni imperative ed inderogabili, tra cui quelle inerenti la durata legale del contratto, trova, comunque, ampio spazio la autonomia negoziale delle parti mediante la quale possono essere previste ulteriori vincoli gravanti sulle medesime.
Sotto tale profilo è di certo interesse l'ordinanza resa dalla Suprema Corte di Cassazione (n.41744/2021) con la quale è stata affrontata la questione afferente alla assenza del certificato di abitabilità relativamente un immobile ad uso commerciale concesso in locazione, precisando che la sussistenza dello stesso era stata oggetto di specifica clausola dichiarativa e ricognitiva in tal senso.

Contratto di locazione ad uso diverso e mancanza del certificato di abitabilità: la vicenda
La conduttrice di un immobile ad uso commerciale ha citato in giudizio avanti al Tribunale la società locatrice chiedendo, in via principiale, l'annullamento del contratto di locazione per errore essenziale su una qualità del bene, a causa dell'assenza del certificato di agibilità e, in via subordinata, la risoluzione per inadempimento, stante l'obbligazione assunta contrattualmente in proposito, oltre alla condanna al pagamento dell'indennità di avviamento e del valore delle migliorie apportate.
Il Tribunale ha rigettato la domanda svolta dalla conduttrice accogliendo quella riconvenzionale formulata dalla convenuta società locatrice ed inerente la corresponsione dei canoni arretrati.

In sede di appello, è stato rigettato il gravame avanzato dalla conduttrice avverso la sentenza di primo grado ravvisando che l'errore vizio sulle qualità del bene - sollevato come doglianza per veder riconosciuto l'annullamento del contratto dalla appellante - configurava un errore di diritto che non era determinante a condizionare la situazione di fatto esistente.
In sintesi, per i Giudici di seconde cure l'assenza del certificato di abitabilità non aveva comportato alcuna conseguenza impeditiva sulla destinazione d'uso dell'immobile tanto che lo stesso era stato rilasciato successivamente.
Parimenti la domanda di risoluzione non è stata ritenuta fondata considerato che non erano state rilevate circostanze o caratteristiche ostative al rilascio della abitabilità, come poi avvenuto nel corso del giudizio.
In ultimo, secondo la Corte d'Appello, non emergeva dal contratto de quo alcun obbligo specifico in capo alla locatrice di conseguire i titoli abilitativi tra cui l'abitabilità.
Ebbene, innanzi alla decisione adottata, creduta ingiusta è stato presentato ricorso per cassazione in quanto assunta in disprezzo e violazione (i) delle disposizioni di Legge dettate in materia di annullamento del contratto, ex art. 1429, comma 1, 2 e 4, c.c. nonché (ii) della obbligazione gravante sul locatore di cui all'art. 1575, comma 1, 3 c.c. che individua specificamente quella di garantire al conduttore il pacifico godimento durante la locazione, in lettura combinata all'art. 1453 c.c. afferente alla risolubilità del contratto per inadempimento e, anche, (iii) dell'art. 1578 c.c. relativo ai vizi della cosa locata.

Mancanza del certificato di abitabilità e errore di diritto
Il primo motivo di censura, ampiamente argomentato dalla ricorrente, attiene alla contestazione in merito alla ricostruzione operata dalla Corte territoriale in base alla quale la fattispecie in esame verterebbe nell'ipotesi di errore di diritto ex art. 1429, comma 1, 4, c.c. non incidente sulle circostanze di fatto.
Tale censura rappresenta l'occasione per soffermarsi sulla nozione di errore di diritto e sulla congruenza della sua applicazione al caso in esame in considerazione attività interpretativa compiuta dalla Giurisprudenza.
Sul punto, appare utile riportare il principio illustrato in una massima esemplificativa in tal senso, ove si afferma che «L'annullabilità del contratto per errore di diritto ricorre quando il consenso di una parte sia determinato da falsa rappresentazione circa l'esistenza, l'applicabilità o la portata di una norma giuridica, imperativa o dispositiva, e tale vizio sia rilevabile dall'altro contraente con l'uso della normale diligenza» (Cassazione civile sez. II, 01/03/1995, n.2340)
Nella vicenda de qua, invero, l'errore su cui la conduttrice fonda la domanda di annullamento concerne la sussistenza della certificazione di agibilità e, dunque di un documento di rilevanza tecnica che trae la sua necessaria fonte nell'accertamento di fatto in ordine alla ricorrenza di elementi per il suo ottenimento che sono strettamente correlati a determinate qualità del bene.
Secondo la tesi avanzata dalla ricorrente, pertanto, l'errore che si è realizzato investe l'avvenuta manifestazione del suo consenso tanto con riferimento alla regolarità dell'immobile sul piano edilizio ed urbanistico quanto sulla circostanza che il medesimo non sarebbe stato prestato se le fosse stato palesato il difetto di agibilità.
Sulla doglianza, i Giudici di Piazza Cavour condividono asserzione sulla violazione in cui è incorsa la Corte d'Appello nell'avere ritenuto configurabile l'errore diritto negando, però ed altresì, anche la ricorrenza dell'ipotesi di errore sulle qualità del bene, in considerazione del fatto che qualora sia ravvisabile una carenza in relazione a permessi di natura amministrativa, quale l'agibilità, ciò attiene non ad un vizio della cosa ma, casomai, ad un inadempimento ai reciproci impegni assunti dalle parti.
Ne deriva che per la Corte di Cassazione non può essere riconosciuto l'annullamento per errore né in ordine all'art. 1429, comma 1, 4, né per il n.2 c.c.

Certificato di abitabilità, pattuizioni contrattuali e inadempimento delle parti
Sulla scorta di quanto esposto al paragrafo che precede ed in aderenza a tale ragionamento, gli Ermellini hanno accolto il secondo motivo di impugnazione con il quale la conduttrice ha censurato l'intervenuto rigetto della domanda di risoluzione del contratto per inadempimento.
In proposito, i Giudici di Appello avevano motivato il dissenso sulla doglianza ritenendo l'assenza del certificato di agibilità ininfluente sul rapporto negoziale dedotto.
Diversamente, ad avviso della Corte di Cassazione, è di tutta evidenza come tale statuizione risulti contraria al diritto laddove non è stata appresa l'avvenuta assunzione dell'obbligo specifico di ottenere il rilascio del certificato, rigorosamente cristallizzato in una pattuizione del contratto posta ad espressa garanzia della esistenza di detto atto, la cui rilevanza ed essenzialità era confermata e rafforzata dalla previsione di ulteriore clausola risolutiva espressa nel caso di violazione.
L'obiezione mossa sulla mancata valutazione della essenzialità dell'esistenza della abitabilità ha ragione di essere condivisa stante la previsione ad hoc contenuta nel contratto di locazione rappresentando un inadempimento all'impegno assunto dalla locatrice, ovvero indubbiamente ed inevitabilmente connesso alle reciproche obbligazioni convenute tra le parti.

(da Condominioweb.com)
 
 
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