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Il Condominio. Recupero crediti: sufficiente approvazione spesa senza riparto
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Articolo di Laura Cecchini
18 marzo 2021 14:06
 
In materia condominiale sono ricorrenti le vertenze aventi ad oggetto l'opposizione a decreto ingiuntivo con il quale l'amministratore di condominio chiede la condanna al pagamento di spese nei confronti del condomino moroso.
Sul punto, appare preliminare comprendere quale atto legittima l'azione di recupero e, pertanto, consente di intraprendere una valida esecuzione per il recupero coattivo del credito.
A tal riguardo, per apprendere con maggiore chiarezza la questione in esame, è esemplificativa la pronuncia emessa, in appello, dal Tribunale di Crotone (sentenza n.212 del 03 marzo 2021), a seguito della statuizione con la quale il Giudice di Pace ha accolto, in primo grado, l'opposizione a decreto ingiuntivo avanzata dal condomino destinatario dell'atto.
In tale contesto, è confacente riepilogare, in sintesi, la normativa di riferimento e, in particolare, l'orientamento della Giurisprudenza di legittimità.
Approvazione della spesa e decreto ingiuntivo senza riparto: iter Giudiziale
Ricevuta la notifica di ingiunzione di pagamento da parte del condominio, il condomino propone opposizione deducendo che (i) non vi era alcuna delibera condominiale di approvazione della spesa, (ii) i beni comuni oggetto di intervento per cui era richiesto il pagamento degli oneri erano a beneficio solo di alcuni condomini, all'uopo svolgendo domanda riconvenzionale di risarcimento danni.
Si costituiva ritualmente in giudizio il condominio, sostenendo che, per prassi consolidata nel tempo, non venivano mai assunte delibere formali né presentati i bilanci di esercizio.
Il Giudice di Pace accoglieva l'opposizione e, ritenuta ingiusta tale decisione, il condominio proponeva appello innanzi al Tribunale.
Azione di recupero per crediti condominiali
La Riforma del Condominio ha introdotto, all'art. 1129 comma IX Cod. Civ, un importante obbligo gravante sull'amministratore, il quale è onerato dall'assolvere, nel corso del suo mandato, al dovere di procedere al recupero delle quote non versate dai condomini entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio in cui sono maturate, salvo che sia stato dispensato dall'assemblea.
E' consuetudine consolidata che, rilevata la sussistenza di una morosità nel versamento delle quote condominiali di spettanza, l'amministratore formuli un atto di messa in mora con diffida ad adempiere nei confronti del condomino renitente, sollecitando la regolarizzazione della maturata posizione debitoria entro un termine (di consueto quindici giorni).
Nell'ipotesi in cui la suddetta richiesta resti inevasa, ai sensi e per gli effetti dell'art. 63 disp. att. Cod. Civ., l'amministratore agisce per la riscossione forzosa della somme dovute.
La richiamata disposizione prevede che <per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, l'amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi>.
In rispondenza al dettato normativo richiamato, presupposto necessario affinché l'azione monitoria possa ritenersi legittima è l'intervenuta approvazione della spesa da parte della assemblea.
La sola delibera di approvazione legittima l'azione di recupero
Venendo alla trattazione del merito della fattispecie de qua, è confacente rappresentare che, previa ampia disamina della questione, la Corte d'appello non ha avuto dubbi né esitazione a respingere l'impugnazione promossa e confermare la sentenza di primo grado.
Nel caso in esame, punto centrale della indagine è la dimostrata assenza di adozione di delibera di approvazione della spesa sulla base della quale è stata chiesta l'ingiunzione.
A tal riguardo, è pacifico l'orientamento della Giurisprudenza secondo cui <Nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice deve limitarsi a verificare la perdurante esistenza ed efficacia delle relative delibere assembleari, senza poter sindacare, in via incidentale, la loro validità, essendo questa riservata al giudice davanti al quale dette delibere siano state impugnate>(Cassazione civile sez. un., 18/12/2009, n.26629).
Da tale principio cristallino, asseverato dalle Sezioni Unite e confermato nel tempo, sino ad oggi, ne deriva che il presupposto imprescindibile atto a legittimare l'azione di recupero crediti in favore del condominio è dato dalla esistenza e correlata prova di intervenuta delibera di approvazione della spesa.

Parimenti, tale principio è ulteriormente avvalorato dal fatto che, ad avviso della Giurisprudenza di Legittimità, come espressamente richiamata nella sentenza de qua, la sola delibera di approvazione della spesa, in assenza del piano di ripartizione, è di per sé sufficiente a validare l'emissione del decreto ingiuntivo risultando incontestato che, in caso di opposizione, il condominio potrà dare contezza della corretta applicazione delle norme per la giusta suddivisione secondo la tabella di competenza.
Sulla scorta delle argomentazioni illustrate ne consegue che, mentre la delibera con la quale l'assemblea approva la spesa ha carattere costitutivo del credito che sorge nei confronti di ogni singolo condomino, il piano di riparto riveste una funzione meramente dichiarativa che può trovare valida contestazione e biasimo solo qualora risulti in contrasto con le tabelle di riferimento.
Tale assunto trova ragione nel fatto che la redazione del piano di riparto è un atto che attiene ai provvedimenti nella sfera dell'amministratore nell'ambito dei poteri e funzioni attribuiti in aderenza agli artt. 1130 e 1131 Cod. Civ.
(da Condominioweb.com)
 
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