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Il Condominio. Va revocato il decreto ingiuntivo emesso per rate condominiali non scadute
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Articolo di Laura Cecchini
18 febbraio 2021 15:12
 
La questione afferente al recupero di oneri derivanti da delibera assembleare che ha approvato la esecuzione di interventi ed opere di straordinaria manutenzione ed il preventivo di spesa per gli stessi è circostanza ricorrente in materia di condominio.
Nella vicenda di cui si è occupato il Tribunale di Roma (sent. n. 14539 del 22 ottobre 2020) il tema principale della pronuncia attiene al momento in cui sorge, in concreto, l'esigibilità del debito, ovvero del pagamento per ogni condomino, con conseguente facoltà di recupero coattivo, laddove sia convenuto un piano di ripartizione delle quote con scadenze preordinate.
Qualora una fattispecie, come nel caso in esame, verta nell'ambito di esigibilità della somma di cui è chiesta la condanna al pagamento con attivazione di procedimento monitorio (decreto ingiuntivo) su istanza del condominio, e per esso dell'amministratore, nei confronti di un condomino, è opportuno ed utile una breve sintesi sui presupposti che legittimano l'azione e la validità del titolo di cui si chiede l'emissione.

Decreto ingiuntivo condominiale per rate non scadute, l'Iter giudiziale
Un condomino ha proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo notificato dal condominio, avente ad oggetto il pagamento di spese per lavori straordinari, pro quota, lamentando che all'epoca in cui era stato depositato il ricorso risultava scaduta unicamente la prima delle diciotto rate previste nel piano di ripartizione approvato con delibera dalla assemblea nel luglio 2015.

In proposito, pertanto, il condomino contestava la debenza, e quindi la legittimità ed efficacia del decreto ingiuntivo per le rate non ancora scadute al momento dell'introduzione del ricorso monitorio.
Nel giudizio di opposizione si costituiva il condominio contestando i motivi dedotti ex adverso, ed insistendo per il pagamento delle somme ingiunte.
Nonostante l'instaurazione di mediazione delegata dal Giudice, le parti non sono addivenute ad un accordo, per cui la causa è stata trattenuta in decisione.

Decreto ingiuntivo condominiale, o bblighi dell'amministratore
Il dettato normativo di cui all'art. 1129 comma IX Cod. Civ., come novellato dalla Legge di Riforma n.220/2012, ha posto a carico dell'amministratore l'obbligo di provvedere al recupero delle quote non versate dai condomini, entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio in cui sono maturate, salvo che, da tale incombenza, sia stato dispensato dall'assemblea.
Trattandosi di un dovere e non di una mera facoltà, l'amministratore è onerato dal porre in essere le attività necessarie per ottenere, dapprima, in via bonaria e stragiudiziale, il pagamento delle somme dovute attraverso l'invio di una lettera di diffida e, successivamente, qualora persista l'inadempimento, mediante il ricorso giudiziale ed azioni esecutive (precetto/pignoramento).
Sul punto, è confacente ricordare che il potere dell'amministratore di agire in via esecutiva per la riscossione forzosa della somme dovute dai condomini, anche prima del decorso dei sei mesi dalla chiusura del bilancio, è stabilito espressamente dall'articolo 63 disp. att. Cod. Civ.
Detta norma, dispone che <per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, l'amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi>.
In conseguenza, appare di tutta evidenza che per ottenere la concessione del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo debbano sussistere due condizioni, la cui premessa risiede nella approvazione da parte della assemblea sia della spesa che del piano di riparto.

Delibera di approvazione del piano di riparto e decreto ingiuntivo condominiale
E' noto che, da un lato, l'approvazione di una spesa con delibera, in sede assembleare, ha carattere costitutivo del credito in favore del condominio e, dall'altro, il piano di riparto assume un carattere meramente dichiarativo, che può costituire oggetto di censura del singolo condomino solo nel caso in cui non siano applicate correttamente le tabelle di riferimento relative alla suddivisione della spesa stessa.
Nella fattispecie portata all'esame del Tribunale di Roma, il condomino ha prodotto prova idonea ad inficiare, parzialmente, la pretesa avanzata dal condominio con decreto ingiuntivo.
Invero, dai documenti offerti, è emerso che, con delibera di approvazione, intervenuta nel mese di luglio 2015, il condominio ha ratificato sia la spesa complessiva da affrontare per i lavori straordinari deliberati nel 2012 che approvato il piano di riparto, ove era stato previsto, per ciascun condomino, il pagamento della propria quota di competenza in diciotto rate.
Sulla scorta di tale rilievo ed evidenza documentale, deve intendersi e ritenersi strumentale e dilatoria, oltre che inconsistente, la tesi sostenuta dal condominio, per cui la delibera di approvazione delle opere risalirebbe al 2012.
Nel caso, il piano di riparto delle spese è stato approvato in un' unica occasione, nel mese di luglio 2015, ivi prevedendo, indistintamente, in favore di tutti i condomini il beneficio del pagamento dilazionato in più rate.
 
Da tale assunto, che si evince dai documenti esibiti nel corso del giudizio, è palese che l'esigibilità delle somme dovute, tramite corresponsione a mezzo rate, è sorta esclusivamente con la adozione della delibera del luglio 2015 in rispondenza al piano di ripartizione, comprese le scadenze, nel medesimo previsto.
In conclusione, quindi, ne deriva che, la opposizione del condomino è stata parzialmente accolta dal Tribuanale di Roma proprio in quanto non potevano ritenersi esigibili e, per l'effetto dovute, le rate non scadute alla data di presentazione del decreto ingiuntivo, per cui quest'ultimo è stato giustamente revocato.

Scarica Trib. Roma 22 ottobre 2020 n. 14539

(da Condominioweb.com del 02/11/2020)
 
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