Una recente sentenza del Tribunale di Catanzaro del 20 aprile 2009, affronta il tema dell'illecito comunitario e del relativo risarcimento del danno. Si tratta del comportamento illecito dello Stato membro che, inadempiendo ai propri obblighi internazionali (e nella specie comunitari, derivanti dal Trattato Ce), non attua le direttive dell'Unione violando cosi' diritti e prerogative dei cittadini italiani. Il Tribunale, richiamando giurisprudenza e dottrina afferma la risarcibilita' del danno “legislativo”, tema delicato su cui vi e' contrasto filosofico prima che giuridico. E' configurabile come illecito dal quale deriva responsabilita' statale, il non corretto uso del potere legislativo e dunque dell'esercizio delle funzioni sovrane? L'irresponsabilita' dello Stato e' un dogma che, anche grazie agli assetti convenzionali fra Stati, alla tutela sovranazionale dei diritti fondamentali, ormai puo' dirsi al tramonto?
La Corte di Giustizia nell'ultimo ventennio ha contribuito ad affermare il diritto dei cittadini comunitari contro le violazioni dei poteri nazionali, fra cui anche quello legislativo. La Corte, infatti, con proprio orientamento conforme, ha sancito la piena risarcibilita' del danno da mancata attuazione della direttiva comunitaria. E cio' laddove quest'ultima contenga disposizioni che attribuiscano diritti a favore dei singoli individuabili direttamente nella direttivae purche' vi sia unnesso di causalita'fra la violazione dell'obbligo a carico dello Stato e il pregiudizio dei soggetti lesi. Non solo, ma la stessa Corte di Giustizia, nel favorire l'effettivita' e ristabilire la supremazia del diritto europeo rispetto a quello dei singoli Stati membri ha anche chiarito che l'illecito comunitario non si esaurisce nelmancato o tardivo recepimento della direttiva, ma si verifica anche quando la legge di applicazione tradisca i contenuti della stessa, ossia quando l'esercizio del potere discrezionale da parte degli Stati conduca a difformita' sostanziale fra diritto europeo e nazionale (o regionale). Inoltre, la Corte non opera distinzioni nel ritenere responsabile lo Stato membro per il fatto che la violazione provenga da un potere dello Stato piuttosto che da un altro (Parlamento, Pubblica Amministrazione...), ne' ritiene che lo Stato possa discolparsi scaricando le responsabilita' su amministrazioni non ad esso corrispondenti, quali gli enti locali o le Regioni. Non altrettanto uniforme la giurisprudenza italiana. Con pronunce contrastanti la Cassazione ha posto in dubbio la configurabilita' di un illecito comunitario. Ha infatti ritenuto il potere legislativo conferito dalla Costituzione sanzionabile solo sulpiano politicoe non anchegiuridico.Altre volte lo ha invece riconosciuto perfettamente inquadrabile nellaresponsabilita' civile aquiliana(art. 2043 c.c.) e del tutto in linea con la gerarchia delle fonti e con i caratteri fondamentali del sistema giuridico comunitario. Non solo ma ha ritenuto equiparabili a fini risarcitori, sia la lesione didiritti soggettiviche diinteressi legittimi.
La Corte interna si e' rivelata, dunque, se pur con pronunce di diverso tenore, refrattaria al riconoscimento della sovranazionalita' che per l'Italia e per i suoi cittadini ha costituito e costituisce speranze di rinnovamento. Tante riforme che oggi abbiamo, si pensi ad esempio al Codice al consumo, le dobbiamo proprio alle “imposizioni” europee. L'illecito comunitario, dunque, non solo deve esser riconosciuto, ma dovrebbe seguire la teoria e la pratica, gli indici e le quantificazioni, i parametri e le applicazioni che si formano in sede europea.Sebbene gli ordinamenti degli Stati singoli e l'ordinamento comunitario siano distinti e autonomi (tant'e' che il risarcimento del danno viene chiesto dal cittadino al giudice nazionale e secondo le procedure interne), occorre armonizzare e adeguare agli standard comunitari, anche sotto il profilo di una sua compiuta tutela giudiziale, il nostroessere cittadini d'Europa.
Questo se crediamo realmente alla prospettiva di uno spazio unico europeo.