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Connubii
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La pulce nell'orecchio di Annapaola Laldi
9 ottobre 2012 10:49
 
Un antefatto, grazie al quale riflettei su come vanno certe cose … e non solo fra le piante

Per dare un senso a una piccola fioriera di terracotta vuota e dall’aria delusa, piantai, parecchi anni fa, forse una ventina, due piantine di begonia dello stesso colore, un tenue rosa. Grazie alle costanti annaffiature, e complice anche la bella stagione, in breve il vaso traboccò di fiorellini che rallegrarono per tutta l’estate e parte del mite autunno chi aveva la ventura di posare gli occhi su di esse. Poi le piante seccarono e, quando le svasai, grande fu il mio stupore nel verificare che una sola di esse era cresciuta e prosperata, mentre l’altra era rimasta quasi come all’inizio, piccola nelle radici e nello sviluppo di foglie e fiori. Insomma, una pianta aveva dominato sull’altra, e probabilmente le aveva tolto spazio e nutrimento.
Un connubio impari, dunque –pensai- nella pura natura, proprio come ce ne sono tanti nella vita sociale dove, per esempio in un matrimonio (ma anche in un’amicizia o in una collaborazione), uno dei partner domina sull’altro, che si riduce al ruolo di puro e semplice servitore e supporto del primo, a scapito dello sviluppo della sua propria personalità.

Solitudine di una pianta

Ben trentasette anni fa, proprio di questi giorni della metà di ottobre, la scolaresca di seconda media che dovetti lasciare, perché anche allora gli spostamenti dei docenti avvenivano ad anno scolastico iniziato, mi regalò un tronchetto della felicità in pieno rigoglio. Aveva un bel tronco robusto, da cui uscivano dei germogli anch’essi molto promettenti. La pianta ebbe diverse vicissitudini, e dovette soffrire alquanto per l’ignoranza e l’inettitudine mia e di mia madre nel trattare le piante da appartamento. A parte il fatto che non fiorì mai, a un certo punto perse anche i getti laterali, e lentamente il tronco si ridusse di diametro, producendo un’unica foglia nuova per volta con grande lentezza, mentre quelle un po’ più vecchie ingiallivano presto.
Però resisteva. Direi: eroicamente. Anche al dileggio, che una conoscente (dal pollice verde, specie per le piante da appartamento), che ospitai un paio di volte a casa mia, non esitò a manifestare, infierendo sul rachitismo della poveretta e tradendo così un animo poco sensibile anche nei miei confronti. Dato che io, tutto sommato, a quella pianta stenta mi ci ero affezionata, anche perché, appunto, ne conoscevo le difficoltà e le privazioni che aveva subito “in gioventù”, e mi sentivo ferita pure io dal sarcasmo di quella signora.
Intanto, osservavo la sua mestizia, ero toccata dalla sua resistenza, e mi chiedevo che cosa potevo fare per migliorare la sua esistenza e, perché no, per farla essere più felice ( e non mi sfugge il paradosso, dato che si tratta di un tronchetto della felicità!).
Un giorno, nella palestra dove facevo stretching, notai un piccolo gruppo di tronchetti della felicità, che sembravano godere della compagnia reciproca … E se la soluzione del problema fosse stata proprio quella di metterla vicina a un’altra pianta? Provare non costava niente. E del resto un’altra pianta -una kenzia, per l’esattezza- c’era già nella stessa stanza, ma in un altro punto.

La kenzia salvata …

Anche la kenzia aveva una storia alquanto tormentata. Un’antivigilia di Natale di alcuni anni prima, l’abitazione di un mio amico, in un vecchio stabile del centro, non trovò niente di meglio da fare che rivelare un cedimento strutturale. Avvisati da un condomino i vigili urbani, la costruzione fu dichiarata inagibile su due piedi, e gli abitanti invitati con urgenza a sgombrare le abitazioni. Ricevetti un SOS dal mio amico che aveva necessità di portar via non tanto i cosiddetti “effetti personali”, ma il computer e una valanga di libri che, essendo lui uno studioso, gli servivano per le sue ricerche che non poteva interrompere. Alla fine, prima di far chiudere bottega al vigile, che stava scalpitando da quasi un’ora, posai l’attenzione su una pianta solitaria davanti alla finestra dello studio che aveva le persiane chiuse. “Povera bestiola”, pensai fra me, e non potei trattenermi dal prenderla e portare fuori anche lei. Il mio amico me la dette in affidamento, ma poi, come succede anche con i bambini, l’affidamento era diventato una vera e propria adozione. E adesso la kenzia era lì, nella stanza del computer, e dimostrava di essere sufficientemente felice della luce e dell’aria, di cui godeva.

…. ridona la vita al tronchetto della felicità

Bene! Ecco l’ultima spiaggia: sistemare il tronchetto vicino alla kenzia, in modo che ci fosse un vero contatto fisico fra le due piante. Tolsi il tronchetto dal mobile, sul quale aveva condotto per parecchi anni una vita grama e solitaria, e lo sistemai su un vecchio portavasi su alte zampe di ferro, che aveva rischiato di essere buttato. Il tronchetto si trovò praticamente circondato dall’abbraccio delle foglie della kenzia.
Il connubio, questa volta, è stato stupendo, e ha ridato felicità al tronchetto. Che cominciò subito a prosperare, e foglie su foglie sono scaturite dalla sua cima e sono cresciute senza più ingiallire. La pianta ha vissuto una seconda vita – ed è stata meravigliosa – tra le amorevoli braccia della kenzia che, dal canto suo, continua a prosperare.


Verso l'epilogo

Questa volta, dunque, lo ripeto, un connubio vincente, da fare invidia alle coppie di sposi, amanti, amici, più affiatate del mondo. Ma tutto ha un termine. E anche per questo connubio così bello si profila, sia pure lentamente, la fine. Nella persona proprio del tronchetto della felicità, che, dopo un felice rigoglio, ha rivelato di non avere più energia interiore: da qualche tempo, infatti, non produce più foglie nuove e, dal vertice, da cui esse scaturivano, si è affacciato un pezzo di tronco secco. E dunque la sua fertilità è terminata. Ma le foglie vecchie sono ancora verdi e sembrano aver voglia di resistere per un bel po’ di tempo. Il tempo che occorre per prendere congedo con agio dalla kenzia, che lo ha accolto con amore, e anche da me, che certamente troppo tardi ho capito il suo dolore, la sua nostalgia di tenerezza.
 
 
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