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Z-40, il capo del narcotraffico messicano che cucinava i suoi nemici
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Articolo di Redazione
21 luglio 2013 14:10
 
 L'arresto, lunedi' scorso, di Miguel Angel Trevino, alias Z-40, leader dei Los Zetas, il cartello piu' sanguinario del Messico, e' stata una notizia per tutto il mondo tranne che in Nuevo Laredo, dove il nostro e' nato 40 anni fa. Il giorno successivo, i quotidiani di questa violenta citta' dello Stato di Taumalipas, al confine con gli Usa, non riportavano neanche una riga sulla cattura del narco. Sono anni che il crimine organizzato ha imposto il terrore alla popolazione di questa citta' di 350.000 abitanti che, con cinque ponti, e' collegata con il Texas. Anni di cadaveri decapitati e di corpi appesi ai cavalcavia, anni senza legge -il capo della polizia e' scomparso a febbraio- e di silenzio -vari siti Internet hanno chiuso in seguito a minacce- nel regno dell'uomo piu' pericoloso del Paese.
La carriera criminale di Z-40 si e' conclusa all'alba di una strada di campagna, a circa 27 chilometri a sud-ovest di Nuevo Laredo, quando un elicottero Black Hawk della Marina messicana ha intercettato il SUV color grigio argento su cui era in viaggio con una scorta e un ragioniere. A bordo, due milioni di dollari, otto grosse armi e 500 cartucce. I due complici si sono buttati subito in terra, ma il capo, al contrario, ha cercato di fuggire nella vegetazione. Tutto inutile. L'operazione e' durata, secondo la versione ufficiale, sette minuti e non ha richiesto neanche un colpo di arma da fuoco.
Il successo e' stato il risultato di una grande lavoro di intelligence per il quale non c'e' alcun dubbio che vi abbiano partecipato le agenzie americane di sicurezza -la stampa messicana parla anche dell'uso di un drone- viste i loro buoni rapporti con la Marina. Z-40 era spesso in movimento su strade non asfaltate tra Coahuila e Taumalipas e ogni tanto andava a trovare suo figlio a Nuevo Laredo. Prima dell'analisi del DNA, i suoi tatuaggi sono serviti a confermare la sua identita': un cobra nella parte interna del suo avambraccio destro e la frase “Hecho en Mexico” (made in Mexico) sulla spalla.
La nitidezza dell'operazione ha fatto venire, ad alcuni esperti messicani di sicurezza, il sospetto che in realta' fosse un arresto patteggiato, perche' Trevino era molto guardingo ed era solito spostarsi con la propria guardia del corpo. In qualunque caso, un finale molto tranquillo per un uomo il cui debutto nel mondo della malavita comincio' da adolescente a Dallas, dove i suoi genitori e i suoi 13 fratelli sono vissuti vari anni.
Li', si uni' alla banda dei Los Tejas, dedicandosi al furto di automobili e alla vendita di droga. Ma in seguito fu reclutato da Osiel Cardenas, capo del cartello del Golfo. All'inizio riciclando automobili, poi come messaggero del mafioso grazie alla sua conoscenza della lingua inglese, e successivamente come uno dei principali sicari di suo fratello, Ezequiel Cardenas, noto come Tony Tormenta, ucciso nel 2010.
Quando, alla fine degli anni Novanta, Osiel Cardenas fondo' i Los Zetas come braccio armato del cartello del Gofo grazie ad un gruppo di disertori delle forze speciali dell'Esercito messicano, Trevino divenne il braccio destro del suo capo, Heriberto Lazcano Lazcano, “el Lazca”. La crudelta' dei suoi metodi gli consenti' di farsi strada nell'escalation del crimine organizzato. Z-40 impose la moda di smembrare i corpi e “cucinare i nemici”, dissolvendoli nell'acido o fondendoli in contenitori di olio.
Il giornalista statunitense Alfredo Corchado, minacciato di morte dai Los Zetas, e che ha dato per primo la notizia dell'arresto di Trevino al “Dallas Morning News”, racconta nel suo libro “Midnight in Mexico” (Penguin Press), di recenti casi in cui Z-40 aveva l'abitudine di mordere il cuore di alcune delle proprie vittime, alcune vive, credendo che questo l'avrebbe reso invincibile, e reclutava i propri sicari obbligandoli a sparare ad una persona a caso. “Metteva una pistola carica nelle mani di un sicario e gli ordinava di puntarla sulla testa di qualcuno di fronte a loro. Trevino poi metteva la sua mano sul cuore del sicario per sentire quanto rapido fosse il battito mentre gridava: Fottilo! Se tentennava gli sparava un colpo in testa o gli dava un lavoro infimo. Dipendeva dall'umore che aveva in quel giorno”.
Dopo l'arresto di Osiel Cardenas nel 2003, i Los Zetas cominciarono la guerra con il cartello del Golfo fino alla rottura definitiva di gennaio del 2010. Gli ex-disertori dell'Esercito, con “el Lazca” e “Z-40” come capi e i loro barbari metodi militari di occupazione del territorio, hanno insanguinato negli ultimi anni il Messico in una guerra permanente contro gli altri gruppi di narcotrafficanti.
La violenza dei Los Zetas raggiunse il suo culmine ad agosto del 2010 quando furono trovati in un'unica fossa comune a San Fernando (Tamaulipas) 72 migranti centroamericani torturati e assassinati. La notizia colpi' in modo particolare la societa' messicana. Nonostante la diffusa rabbia per i loro omicidi, il loro metodo di porre il mondo di fronte alle loro azioni infernali li' dove le imponevano, li porto' a dedicarsi, oltre che al narcotraffico, ad altri reati come il traffico di migranti, i sequestri e le estorsioni, e ad essere presenti in 14 Stati oltre che ad espandersi in Guatemala.
Il governo dell'ex-presidente Felipe Calderon decise negli ultimi anni di concentrarsi sullo smantellamento dei Los Zetas. Grazie a questo si giunse alla morte di el Lazca in uno strano incidente ad ottobre dell'anno scorso. La morte del capo, il cui cadavere fu misteriosamente rubato da un cimitero poco dopo, diede fuoco ad una nuova lotta per il potere che vide vincitore Z-40, ma il cartello si era molto indebolito.
L'arresto di Trevino apre, secondo gli analisti sulla sicurezza, una nuova tappa nella violenza di questo Paese -probabilmente i Los Zetas cesseranno di esistere come organizzazione coesa e unificante a livello nazionale- ma non vorra' dire che sara' finita. Probabilmente si scatenera' una guerra per il suo controllo -si valuta che suo fratello minore, Omar, abbia ereditato la leadership- e gli altri dei cartelli del Golfo e di Sinaloa, la confederazione diretta da Joaquin el Chapo Guzman, cogliera' l'occasione per occupare i territori dei loro vecchi nemici.
Z-40 e' rinchiuso in un carcere di massima sicurezza. Dopo il suo arresto, sono morte piu' di 30 persone in diversi luoghi del Paese. Un leggendario assassino e' uscito di scena, ma come ha scritto il sociologo e giornalista Jorge Zepeda, continuano ad esserci “le condizioni che rendono possibile l'espansione del crimine organizzato, come l'impunita', l'assenza di una organizzazione della giustizia, la corruzione generalizzata e l'inefficacia della polizia”. La tragedia del Messico, che si e' fatto carico di piu' di 65.000 vite nell'ultimo lustro, non e' finita.

(articolo di Rosario G.Gomez pubblicato sul quotidiano El Pais del 20/07/2013)
 
 
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