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Le narcoisole del Centro America: la droga che sale e il denaro che scende
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Articolo di Redazione
29 settembre 2013 18:06
 
In Centroamerica ci sono piu' di 100.000 isole, e ogni anno, attraverso esse, transita il 90% della droga di tutto il mondo. Le autorita' hanno installato radar che intercettano aeroplani, blocchi stradali ovunque e centinaia di controlli doganieri, postali e di qualunque spedizione, pero' ci sono pochi risultati nell'individuazione di motoscafi. Dalla Colombia agli Usa, non c'e' forza di polizia, militare ne' di intelligence in grado di non essere coinvolta nel transito dei narcotici. Cosa c'e' dietro ogni arcipelago in Centroamerica? Un gruppo di giornalisti cerca di dare una risposta a questa domanda.
COLOMBIA: DA SAN ANDRES A CONEY ISLAND
Comprare l'isola Norman's Cay, in mezzo alle Bahamas, e' un sogno che Carlos Lehder ha fatto in carcere. Cosi' e' stato battezzata in onore di un pirata inglese del secolo XVI, a cui servi' come rifugio per trafficare rum, senza sapere che le sue grotte sarebbero diventate il rifugio per traffico di cocaina che arricchisce i principali narcos colombiani.
Durante gli anni 80 l'isola divenne il punto di transito dei tre quarti della droga che arrivava poi in Usa. Anche allora Lehder prendeva 10.000 dollari ai suoi amici del cartello di Medellin perche' potessero far transitare la loro merce attraverso la sua isola. Dice la leggenda che, quando fu scoperto, per ritorsione, il 10 luglio 1982 Lehder bombard'o Nassau, la capitale delle Bahamas, lanciando, da un piccolo aereo, volantini in cui si leggeva “DEA go home” (DEA, vattene a casa). Alcuni di questi volantini erano insieme a biglietti da 100 dollari. Quando Lehder comincio', nessuna aveva immaginato che sarebbe stato tanto semplice usare l'isola come supporto logistico per le sue attivita' illecite. Non e' stato il primo, e tantomeno l'ultimo. In seguito, l'effetto moltiplicatore delle narcoisole e' stato notevole: da San Andrés, il principale punto di transito della droga colombiana, fin a Coney Island, luogo nevralgico in Nicaragua, hanno replicato l'esempio. Panama, Costa Rica, Honduras, Nicaragua e Messico, luoghi di transito insulare, confermano l'effetto, Per le autorita', queste piccole enclavi di terra, paludi di mangroie e spiagge, rimangono un punto debole che sfugge dai controlli.
PANAMA: UN VIAGGIO PER IL PARADISO
Dalla Colombia all'Honduras ci sono piu' di 580 miglia marine. La configurazione geografica fa si' che non sia necessario, per i motoscafi, entrare nelle 12 miglia di acque territoriali di Panama, ma in tutto questo spazio “un punto di rifornimento ci deve essere”, dice Ramòn Nonato Lòpez, incaricato delle Operaciones del Servicio Aeronaval (SENAN). Questa forza di polizia ha otto basi navali, otto elicotteri operativi e 24 imbarcazioni che devono operare per combattere la pesca illegale, salvaguardare le aree protette, ricercare e soccorrere e, inoltre, far fronte al crimine organizzato. Il Governo attuale ha promesso di installare 19 radar: 10 nel Pacifico e 9 nel mar dei Caraibi, ma per ora non ce n'e' nessuno attivo. Questa unita' di polizia si fa carico delle 1.518 isole che sono ai bordi delle coste di Panama: una missione impossibile che ha consentito di far conquistare a Panama il titolo di “Paese con piu' droga sequestrata in Centroamerica”. “Le isole sono molto vulnerabili; la maggior parte sono isolate”, dice Carlos Chavarrìa, Sindaco di Portobelo, sulla Costa Arriba di Colòn, una delle zone con la maggiore attivita'. Finora quest'anno sono state sequestrate 14 tonnellate di cocaina; l'80% delle operazioni sono state possibili grazie a informazioni di infiltrati. Nico, seduto su un tronco sdraiato sulla spiaggia di Cuango, nella Costa Arriba, spiega tranquillo: “Il rospo e' ucciso” (al sapo se le mata). E lo ha fatto in cinque occasioni. Ha aspettato una chiamata per tutto il giorno, ha indicato un'isola, e poi e' andato in mare a prendere la manna caduta dal cielo. Al calar della notte si prepara insieme ad altri due. Non porta nulla, solo una giacca per il freddo. Un GPS lo guida fino ad un punto “x” a meta' del mare, e li' trova il suo lavoro. Scambiandosi poche parole, la droga passa da un battello ad un altro, e poi ci mette 2 ore per fare un percorso che prima aveva fatto in 15 minuti. Arrivano all'isola indicata e interrano la droga in un buco che era stato scavato due giorni prima. Le paludi di mangrovie sono il luogo perfetto: terra vuota e morbida. Nel giro di alcuni giorni, cinque o sei fanno le medesime operazioni, ma al contrario. “Siamo quelli che vengono chiamati muli”, spiega Nico. Per ogni viaggio prendono 5.000 dollari. In un mese di lavoro, con il chiosco al villaggio, dieci volte meno. Le isole non sono nemmeno tue, spesso sono di nessuno. Ma ci fu un periodo d'oro in cui i trafficanti di droga sono stati i proprietari delle isole. Rayo Montaño ne aveva tre: “le tre marie”. Questa e Urrego sono state sequestrate e furono trasformate in basi navali delle autorita' panamensi, che approfittarono di tutte le infrastrutture che erano state installate.
UN PARADISO DI 365 ISOLE
Benito e' l'unico mulo a Gunayala, ma ha una sua isola, in cui tiene feste con i medesimi sfarzi dei narcos degli anni 80 che si vedono nelle storie. In questa regione indigena c'e' un'isola per ogni giorno dell'anno, e solo 47 sono abitate. La popolazione locale, indigeni guna, non coltiva la foglia di coca, ne' produce droga, neanche la trasporta. Ma una buona parte degli abitanti vive grazie alla droga. Hanno avuto fortuna grazie alla configurazione geografica; quella terra che i conquistadores avevano loro usurpato, oggi vien invidiata dai pirati moderni, che cercano un posto dove nascondersi, sbollire le situazioni ed evitare le forze di polizia. Le isole di Gunayala si sono trasformate in un'enclave fondamentale per il narcotraffico; fuori dai controlli permanenti della polizia e circondate da poche persone desiderose di raccogliere le briciole che si lasciano dietro. Sedici anni fa la regione fu dichiarata come zona di estrema poverta'. In quel periodo un chilo di cocaina costava da 100 a 150 dollari, e queste droghe cominciarono a far parte del circuito della droga in Centroamerica. Oggi le autorita' dicono che non c'e' uno stock di biglietti da 100 dollari che, provenendo da questa regione, non sia sospettato di essere provento di questi traffici.
Cercando in intervistare un indigeno guna che presumibilmente si dedica al trasporto di droga, per concederla ha chiesto 6.000 dollari. Non maneggiano piccole cifre, come invece poca e' la droga che le autorita' hanno sequestrato nella zona. Pur non possedendo le cifre esatte, l'incaricato Nonato Lòpez dice che e' la zona “piu' calda” della parte insulare di Panama. In meno di otto ore, un motoscafo si puo' incontrare facilmente tra Puerto Obaldia, alla frontiera con la Colombia, e Carti, all'estremo nord di Gunayala. Piena di fiumi e isole disabitate, Gunayala si configura come un'enclave strategica per nascondersi durante il giorno, mettere al fresco la droga nelle paludi di magrovie, o semplicemente rifornirsi di carburante. Ieri, le autorita' di frontiera che controllano la regione hanno individuato un motoscafo con due persone e dieci pacchi di droga di 25/30 chili ognuno. In meno di 24 ore, i pescatori della zona si preparano a “pescare” cio' che altri hanno buttato in mare per loro, la droga di contrabbando. In seguito, altri muli della Costa Arriba, a meno di un'ora con un motoscafo veloce, vengono per questo motivo e se la comprano. Nel 2013 il SENAN e il SENANFRONT hanno individuato 20 motoscafi, sei dei quali non trasportavano droga, ma erano guidati da immigrati senza documenti e nessuno di questi fu identificato:  potenziali casi di narcotraffico che invece furono giudicati come semplici processi di immigrazione illegale, materia su cui non si concentrano le indagini -dice Lopez. In tutta la storia del narcotraffico, Panama ha sequestrato un solo sottomarino nelle proprie acque territoriali, ed e' stata in grado di farlo perche' il Costa Rica lo stava inseguendo e le passo' le informazioni. L'ex-procuratore antidroga, Rosendo Miranda, sostiene che ci sarebbe una soluzione contro il narcotraffico, ma se si sequestrasse tutta la droga che transita attraverso le isole panamensi, si paralizzerebbe il Paese. “Come crede che si spieghino questi grattacieli, e che il Paese sia cresciuto ad un ritmo del 10%?”.
Il Belize e' la cerniera. Con isole collocate tra i confini di Messico e Guatemala, si e' trasformato in un rifugio per lo smistamento di droghe e armi che percorrono parte dei Rio Hondo, attraversando diverse isole e isolotti noti nel sud-est del Paese, dove operano alcune cellule dei cartelli messicani, come la Organización de los Beltrán Leyva, che ha esteso la sua presenza in zone turistiche come Cancun, nel Quintana Roo. Inter-America Dialogue sostiene che le maggiori operazioni dei cartelli si realizzano nelle foreste del Petén e Los Cavos -una catena di 450 piccole isole coralline- per trafficare droga, persone, armi, legname e animali esotici.
TERRITORIO DEI LOS ZETAS E DEI MARAS
La turistica isola di Cozumel, considerata come uno dei 18 punti di connessione per l'invio di droghe dalle altri parti del Paese, e' un chiaro esempio. La rete di Joaquín Guzmán Loera, conosciuto come “El Chapo” Guzmàan, se ne occupa.
Circondato da Paesi con problemi di sicurezza, il Belize ha visto incrementare la propria criminalita' come conseguenza del trasporto della droga: nel 2012 ha registrato 146 assassinii in un Paese di appena 321.115 abitanti; che vuol dire 44 omicidi ogni 100.000 abitanti. Il doppio rispetto al Messico.
MESSICO: LA FINE DI UN VIAGGIO E L'INIZIO DI UN ALTRO
In Messico le coste e le isole non sono protette dalle autorita'. Per questo si possono incontrare casi come quello di un'isola venduta ad un ex-governatore, o che si incendi un'isola intera o un'isola che sia usata per il crimine organizzato, trafficando in carburanti o droga. Lo scorso mese di aprile, la Camera dei Deputati ha approvato una legge che consente l'acquisto di terreni delle isole a stranieri, con un'ampia mancanza di controlli negli aspetti legali di queste vendite. I narcos messicani hanno saputo approfittare di queste lacune e della mancanza di personale e di risorse investite in piu' di 240 isole che esistono sulle coste messicane. Tra queste, alcuni luoghi come la Laguna di Tamiahua, a Veracruz, che i narcotrafficanti usano come luogo in cui riposarsi. In sei anni, dal 2006 al 2012, La Secretaria de Marina ha fatto 308.195 operazioni navali, a cui hanno partecipato 19.070 agenti per sorvegliare gli 11.592 chilometri di costa, tra terra ferma e isole, che il Paese possiede. Sono state controllate 321.266 imbarcazioni, 485 delle quali non avevano problemi e 1.511 criminali sono stati arrestati, 615 dei quali privi di documenti. Anche se i dati sembrano sufficienti per la lotta al narcotraffico, la realta' e' un'altra. La Secretaria de Marina ha presentato un documento davanti alla Commissione Anticorruzione in cui evidenziava che “i marinai possono sottrarre stupefacenti per mantenere un certo livello; permettere la fuga di persone coinvolte nel traffico illecito di droghe; o non perseguire attività illegali che ledono le risorse nazionali marittime”. Inoltre, un documento dell'Inteligencia de la Subsecretaria de Seguridad Pública Federal fa sapere che i trafficanti considerano “piu' sicure le rotte marittime”. La mancanza di protezione di queste isole e' tale, dice Carmona Lara, che non esiste nemmeno un censimento affidabile su di esse.
CARICARE E SCARICARE COMBUSTIBILE
 Le autorita' municipali, statali e federali non hanno i mezzi umani e fisici per la necessaria vigilanza, tant'e' che la Secretaria de Marina, grazie anche alle indagini dei tribunali Usa, fanno sapere che i mari messicani sono utilizzati per caricare e scaricare combustibile in zone che apparentemente sono lontane da quelle di terra ferma. Raul Santos Galvàn, che e' stato vice-ammiraglio della Secretaria, riconosce che il “Messico e' un Paese con centinaia di isole e la Secretaria de Marina, con i mezzi a sua disposizione, le controlla, ma sono necessari migliori equipaggiamenti” per combattere i criminali, visto che questi hanno battelli sempre piu' sofisticati per realizzare le loro operazioni illecite. Lo stesso settore della pesca si e' visto in difficolta' per le chiusure che progressivamente vengono imposte nella zona del Golfo basso al fine di evitare l'avvicinamento dei traffici di droghe. Questa zona e' molto chiusa e con distanze piu' corte, per cui spesso e' la piu' sorvegliata. Le continue operazioni e i controlli che i militari fanno su tutte le imbarcazioni hanno creato problemi ai pescatori che abitano nella zona di Tamiahua, Veracruz, dove la Armada de Mexico e l'Esercito, tra l'altro, hanno fermato il flusso economico con il divieto imposto per la raccolta di cetrioli di mare. Su tutto pesa il fatto che la tranquillita' della zona e' molto attrattiva per i narcos. Un paradiso con litorali estesi e poca vigilanza, lo fanno diventare un luogo buono non solo per la cocaina del Centroamerica, ma anche per la pseudoefedrina e altre droghe sintetiche che vanno verso il nord del Paese. Al fine di evitare la zona del sud e del sud-est, altamente pericolosa per la presenza di truffatori e gruppi rivali del crimine organizzato, i narcotrafficanti messicani scelgono il Pacifico per un valido motivo: tra isolotti, isole e spiagge vergini, i luoghi in cui nascondersi sono infiniti. I chilometri di costa del Pacifico sono il triplo rispetto a quelli dell'Atlantico.
I NARCOSQUALI
Chi ha cominciato in questo ambito e' stato Pedro Diaz Parada, “el Cacacique de Oaxaca”, a cui vengono attribuite azioni via aerea e terrestre. In seguito si diede da fare con l'uso di motoscafi, che venivano chiamati “los Barracudas” (i barracuda). Nel 1985 fu arrestato e condannato a 33 anni di prigione. Ma le idee su come far entrare droga in Messico, non gli erano venuto meno. Uno dei risultati piu' impressionanti e' stato quello del 17 giugno 2009, quando dentro 20 narcosquali fu trovata piu' di una tonnellata che veniva dalla Colombia. Dai narcosquali passarono ai sottomarini. A Salina Cruz, Oaxaca, fu confiscato un sommergibile che veniva dalla Colombia con un totale di 22 tonnellate di cocaina. Fu scoperto nel Pacifico. Attraverso il Golfo del Messico -con tragitti piu' corti- era un viaggio abituale.
DOVE TERMINA UNA FRONTIERA E NE INIZIA UN'ALTRA
Davanti all'esteso litorale che si apre dal Guatemala agli Usa, la Secretaria de Marina si e' concentrata nella sorveglianza delle coste dello stato di Oaxaca -dove c'e' la maggio parte di sequestri; lo Stato di Guerrero, dove il “narcomenudeo” (la vendita al dettaglio di narcotici) e' abbondante, e mantengono una base nel porto di Manzanillo, benche' con meno motoscafi e piu' battelli guardacosta. Qui, nel passaggio verso il nord, la droga moltiplica il suo prezzo, si carica di sangue e attraversa le vene aperte di un Paese che ha una incessante domanda. Si produce qui il paradosso: il controllo piu' ferreo e l'ultimo, la frontiera con gli Usa. Fino ad allora, la droga e' passata senza grossi problemi, se non le correnti dei mari e le scaramucce con la polizia. Qui si chiude il cerchio: droga che sale e denaro che scende.

(articolo della PLATAFORMA PERIODÍSTICA pubblicato sul quotidiano "La Estrella" di Panama il 29/09/2013)
 
 
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