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Banche italiane. Continua la serie infinita di errori politici
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Editoriale di Alessandro Pedone
6 giugno 2017 17:53
 
 Ha dell’incredibile la serie di errori madornali che la politica ha fatto negli ultimi anni sul sistema bancario italiano.
Lo schema di base è sempre il solito: prima si sottovaluta il problema fino a quando diventa non più ignorabile (ed i costi per risolverlo lievitano). A questo punto… si dichiara di volerlo affrontare ma… si perde altro tempo. Passato un po’ di tempo, troppo, si prende la decisioni minimalista che inevitabilmente si dimostra inadatta. Risultato: ulteriore perdita di tempo. Solo quando la situazione è completamente incancrenita si ricorre alla soluzione definitiva.

Sono anni ormai che scriviamo della necessità di un rimedio strutturale al problema dei crediti in sofferenza per l’intero sistema bancario.
Questo avrebbe imposto dei negoziati con l’Europa ritenuti troppo complessi per il Governo e si è preferito rimandare il problema per troppo tempo. L’anno scorso il ministro Pier Carlo Padoan ha partorito una soluzione pasticciata (l’invenzione dei GACS ed il Fondo Atlante) che hanno dimostrato ormai in maniera inequivocabile la sua inefficacia. Circa un anno fa scrivevamo in proposito: “Mezzucci come il Fondo Atlante per tamponare le urgenze, sono – appunto – tamponi che non risolvono la questione, al massimo comprano un po' di tempo.”
Fummo profeti fin troppo facili. Era chiaro a chiunque che le soluzioni proposte dal Governo erano largamente insufficienti.
Non avendo affrontato la soluzione strutturale, il Governo si è trovato ad affrontare le varie crisi caso per caso.
Il primo grande errore fu sulle 4 banche (Banca dell’Etruria, Banca Marche e le Casse di Risparmio di Ferrara e di Chieti) “salvate” dal decreto della fine del 2015, il quale ha inguaiato molti risparmiatori e creato un panico che ha sicuramente peggiorato la situazione dal punto di vista sistemico.

Poi c’è stata tutta la vicenda del Monte dei Paschi di Siena, ancora una volta si è agito tardivamente e male e si è finito per dover sborsare molti più soldi pubblici di quello che avremmo potuto fare se si fosse risolto subito il problema in modo definitivo con la provvisoria nazionalizzazione.

Adesso è la volta delle banche venete. Ancora una volta si è perso un sacco di tempo. Ancora una volta sono i negoziati con la burocrazia europea il “problema”. Sicuramente l’Europa, su questo punto, ha le sue grandi responsabilità. Ma le responsabilità maggiori sono indubbiamente del Governo che per non prendere una posizione drastica, una volta per tutte, si costringe ad intavolare tanti negoziati sempre più difficili.
La Direzione Competition della Commissione Ue ha dato 30 giorni per trovare una soluzione al problema delle 2 banche venete minacciando, di fatto, la risoluzione delle stesse.
Politicamente siamo in un momento particolarmente delicato, perché con l’estate alle porte e le possibili elezioni in autunno, il Governo non potrà permettersi di far saltare le banche mettendo migliaia di obbligazionisti sul lastrico. Dall’altra parte la Direzione Competition della Ue ha politicamente bisogno di dimostrare che non cede continuamente alle richieste degli Stati.
E’ ragionevole pensare che ci saranno tante tensioni, ma alla fine il Governo italiano salverà le banche venete con o senza il consenso della Commissione Ue la quale, eventualmente, potrà aprire una procedura d’infrazione.

Nel frattempo la parte più solida del sistema bancario sta dismettendo i propri crediti in sofferenza con enormi ricapitalizzazioni, ma restano grandissimi problemi per la parte più debole del sistema bancario. Riusciremo ad affrontare, finalmente, il problema in modo sistemico con una Bad Bank così come chiede la stessa Banca d’Italia? Oppure dobbiamo aspettare il nuovo caso che ci porti ad una nuova estenuante trattativa con l’Europa?
 
 
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