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Campagne antifumo. Continuiamo a farci niente? O peggio?
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Editoriale di Vincenzo Donvito
15 novembre 2003 0:00
 
La conferenza internazionale "Tabacco, prevenzione e comunicazione", che si e' tenuta a Roma, e' diventata il luogo della declamazione della sconfitta. Lo ha detto in apertura il ministro della Salute Girolamo Sirchia, ricordando che le campagne sui giovani sono fallite perche' questi ultimi che fumano, rispetto agli anni '90 sono in aumento. Lo ha confermato il commissario europeo alla Salute e tutela dei consumatori David Byrne che, arrampicandosi sugli specchi, ha cercato di giustificare (a nostro avviso non riuscendoci) il fatto che molti finanziamenti all'Ue arrivano grazie alle tasse sui prodotti del tabacco, contemporaneamente indicando come principali avversari le industrie del tabacco (chiaro no?). Inoltre, sempre Byrne, non pago degli scarsi e negativi risultati finora perseguiti dalle campagne di dissuasione ("Feel free to say no"), ha annunciato che insistera' nel portarla avanti.
L'argomento e i risultati sono simili a quelli delle droghe illegali, perche' in entrambi i casi sono in atto campagne di dissuasione da un consumo che puo' portare alla dipendenza, e in entrambi i casi i risultati sono il contrario di quanto ci si era prefissato. Per il tabacco, inoltre, la situazione sembra essere piu' grave, perche' mentre per le droghe illegali il passaggio da consumo a dipendenza e' decisamente scarso, non crediamo si possa dire altrettanto per il tabacco.
Quindi c'e' qualcosa che non torna. E dire che occorre ripetere le stesse campagne che fino ad oggi hanno fallito, ci sembra non solo riduttivo e inutile, ma pericoloso. Siccome stiamo parlando di una droga legale che alcuno si sognerebbe di rendere illegale, e che coinvolge un quindicenne ogni cinque giovani in tutta la Ue, perseverare nell'errore non ci sembra la cosa migliore da fare.
A nostro avviso c'e' una impostazione che e' sbagliata: quella di cercare di comunicare che l'uso di questa droga (e anche di altre, cosi' come di quelle illegali .) sia un male. Certamente non bisogna comunicare che sia un bene, ma la estrema demonizzazione ha portato a questo. E' innegabile. Non servono gli ulteriori auspicati aumenti di prezzo del ministro Sirchia, cosi' come non servono le scritte a lutto con frasi a presunto effetto dissuasivo, che coprono buona parte della superficie dei pacchetti di sigarette. Vediamo l'esempio del mercato delle droghe illegali: sono forse diminuiti i consumi perche' le pene in tutto il mondo sono state inasprite o in Italia diminuiranno con la nuova legge del Governo? Eppure si tratta di pene e reati amministrativi (con tanto di sanzioni) che dovrebbero far desistere i consumatori molto di piu' che non con i tentativi di dissuasione (senza pene e sanzioni) previsti per il tabacco. Ma niente i consumi aumentano: si differenziano per cercare nuove sostanze rispetto ad altre che a periodi sono piu' difficilmente reperibili, ma aumentano.
Figuriamoci per il tabacco.
A nostro avviso il metodo migliore e' quello di convivere
con quello che da alcuni viene giudicato un male, e che sicuramente lo e' per la salute di consumatori e non (fumo passivo). E per farlo non serve la demonizzazione, l'estremizzazione dei messaggi, perche' i risultati sono solo nel ridicolo in cui oggi sono finiti alcuni metodi (le scritte sui pacchetti, con relativi copripacchetti o adesivi con scritte scanzonatorie delel stesse). Mentre quello che servirebbe e' solo informazione: serena, pacata, efficace. E che poi ognuno scelga di farsi male o meno.
 
 
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