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I CONSUMATORI, LA FIAT E LO STATO
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Editoriale 
15 ottobre 2002 0:00
 
VERSO IL SUICIDIO?

Brutta vicenda questa della Fiat, soprattutto per la piega che sta prendendo, con un intervento del Governo che dovrebbe salvaguardare il patrimonio e far si' che ci siano migliori condizioni di vendita alla General Motors. Con un molto probabile intervento dello Stato nel capitale dell'azienda. Cioe' quello che alcuna democrazia economica liberista si sognerebbe mai di fare per cercare un barlume di soluzione. Ma ognuno si tiene cio' che ha, e noi italiani, che sentiamo parlare di economia di mercato ad ogni angolo, sia da chi e' al governo che da buona parte dell'opposizione, ci dobbiamo tenere questi signori, almeno per il momento. Il fatto che sia un replay di quanto ciclicamente avviene con l'azienda della famiglia Agnelli, non fa riflettere alcuno: sia che si tratti di chi ragiona solo di posti di lavoro, che di chi dice che vorrebbe fare un'operazione economica di piu' ampio respiro e duratura nel tempo. Perche' nel primo caso, per come sta prendendo piega il cosiddetto risanamento, si tratta della classica toppa limitatissima nel tempo e destinata a scollarsi nel giro di poco tempo. Mentre nel secondo caso non se ne vedono i presupposti nel momento in cui si parte dall'immobilita' occupazionale.
I risvolti di questo metodo sul mercato e sui consumi, nonche' sui consumatori, non potranno che essere disastrosi. Perche' un'economia libera basata sui consumi si alimenta di mercato. Ovunque. Senza eccezioni. Altrimenti ci sono solo apparenze che, diventate ormai vistosissime ad ognuno nella loro dannosita', sono solo il primo passo verso la ricostituzione dei monopoli di Stato. Non e' che la situazione italiana nel suo complesso sia delle piu' limpide e liberalizzate, ma aggiungere a quell'eredita' del passato a cui si e' solo cambiato nome (in quasi tutti i casi e' stato solo aggiunta la dizione "spa" alla fine dello stesso gestore monopolista di un tempo), anche il fardello Fiat, non sembra un buon servizio al processo di liberalizzazione su cui abbiamo precisi impegni nei confronti dell'Ue.
Per creare un mercato con al centro i consumi e i consumatori, bisogna che il denaro circoli, che il cambiamento sia all'ordine del giorno, che ogni defaillance aziendale non divenga un dramma nazionale ma una potenziale opportunita' per nuovi investitori (senza privilegi nazionali), che portano nuovi consumi. Ma se invece arriva il capitale pubblico, che si fa le regole da solo e decide chi e' piu' bravo o meno competendo lui stesso con altri esterni, e' chiaro che il gioco e truccato: e' come giocare con l'arbitro a busta paga di una delle due squadre. Se qualcuno poi si chiedera' perche' le automobili sul mercato hanno dei prezzi altissimi (quelle di produzione Fiat e quelle di altre aziende, che non si capisce perche' dovrebbero fare altrimenti), e ignorera' questo meccanismo, significa solo che sta mettendo la testa sotto terra come uno struzzo, per non voler vedere che convenienza e qualita' nascono solo in presenza di concorrenza e di un rigoroso arbitro al di sopra delle parti.
Noi non chiederemmo che il Governo rispetti i suoi impegni quando, chiedendo voti, aveva indossato il cosiddetto abito thatcheriano, perche' (restando nello stesso ambito di esempio) ci accontenteremmo anche di Tony Blair. Ma che si considerino le aziende italiane al pari degli ospiti del proprio foro boario, prestando attenzione solo ai consigli dei mandriani, e ignorando che poi da qualche parte queste bestie dovranno pur essere vendute, ci sembra non solo eccessivo, ma suicida.
(Vincenzo Donvito)

 
 
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