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Due riflessioni sulla monarca. Speriamo di diventare grandi...
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Editoriale di Vincenzo Donvito Maxia
9 settembre 2022 12:54
 
 Mediamente, la morte di Elisabetta d’Inghilterra viene indicata come la fine di un secolo… e certo lo è come icona che fa venire in mente il suo regno… ma, come per il papa, morto un re se ne fa un altro. E la tristezza dei sudditi per la dipartita del monarca viene subito sostituita dai festeggiamenti del nuovo re che – buon per tutti – oltre a costare una sacco di soldi (1), sarà la gioia di tanti rei in prigione che si vedranno amnistiati.
Finti i fasti, tutto finisce lì, ché garantito che quelle poche cose che il principe Carlo diceva, per esempio su diritti migranti ed ecologia, il re Carlo III non dirà mai più.
La società britannica continuerà ad andare avanti con le decisioni prese da meccanismi democratici, re o meno che ci sia. E con tutte le “cose buffe” tipo la neo-primo ministro che dalle iniziative per abolire la monarchia è passata alla genuflessione alla sovrana (2).

E’ così per tutti i re che continuano ad esistere con sistemi cosiddetti costituzionali. Si pensi che nella nostra Europa c’è anche Spagna, Belgio, Lussemburgo (dove però il reggente si chiama granduca), Olanda, Danimarca, Norvegia, Svezia. Tutti Paesi che sono il fior fiore della democrazia, della libertà e del benessere (soprattutto il welfare nei Paesi scandinavi).
E quindi? Quindi: nulla.
Ci si parla addosso mantenendo in vita delle case reali che, anche se hanno il re che viaggia in tram o i suoi figli vanno alla scuola pubblica, dicono essere simbolicamente il baluardo della stabilità. Dicono, per l’appunto. Come se, per esempio, Paesi ex-monarchici alla stessa altezza di questi monarchici europei (tipo Francia, Italia, Grecia, Romania ed altri) non fossero allo stesso livello di stabilità istituzionale.
Mantenere in vita queste case reali ha un costo relativo e soprattutto ideologico, come i luoghi di culto religioso che “garantiscono” ai fedeli una sorta di vita post-mortem. I sudditi dei reami (quelli “nostri” non hanno, da non tanto tempo, discriminanti religiose) hanno anche loro una “garanzia” vita-natural-durante. Dio o Re, lo scopo è lo stesso: far credere che qualcuno a te superiore debba in vita e in post-mortem dirti cosa è buono e cosa non lo è (col vantaggio, per le religioni, che, soprattutto quelle cristiane e musulmane – talvolta, soprattutto in passato, anche personificate dai reggenti -, te lo dicono anche per la vita sociale, politica, economica, etc).

Le repubbliche sono un’altra cosa. In Usa, se vi nasci anche da un venditore di auto usate, puoi diventare presidente. In Italia, repubblica abbastanza giovane, diventi presidente pur essendo di una famiglia di operai o bottegai. Certo, il presidente non è il monarca, ma grossomodo svolge le stesse funzioni di garanzia… con la differenza che, in repubblica, il garante è scelto da chi è governato e non perché “figlio di”. Principio base della democrazia che, anomalia dei fatti, talvolta è maggiore dove c’è monarchia.
Nel nostro mondo mediatico e spettacolare fa più effetto/notizia cosa accade ai figli dei monarchi che non dei presidenti (3), e forse anche per questo vezzo, che sia monarchia o meno, sostanzialmente non gliene frega niente a nessuno.

Buoni funerali e buoni incoronamenti che, per le nostre quotidianità venali, non ci cambiano nulla. Per il resto ci fanno essere come da piccoli a letto col babbo o la mamma che ci leggeva la favola.
Speriamo di diventare grandi. W la repubblica!



1 – denaro da cambiare, per citare forse il costo più oneroso
2 - Paris vaut bien un messe (Enrico IV di Francia fine ‘500)
3 – vuoi mettere un principe (anche di qualche re decaduto come gli italici) che si fa di coca o partecipa a gare di ballo rispetto al figlio di un presidente, ché quest’ultimo potrà un domani non essere più “figlio di”, mentre il figlio del re “è per sempre”… e quindi è alla stregua di un dio.
 
 
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