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Duemiladiciassette
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Editoriale di Vincenzo Donvito
3 gennaio 2017 10:18
 
 Baci, abbracci, sorrisi, saluti di allegria, cin cin, qualche stella filante o anche dei petardi. Poi ci sono quelli che hanno guardato la tv con gli altri che si divertono per loro, coi volti degli showman e delle showgirl familiari come se fossero nella camera accanto. Poi quelli che sono stati per strada, contribuendo ad incrementare i numeri della potenza organizzativa e mediatica di citta’ come New York o Roma o Firenze o Londra o Berlino. E poi quelli nelle discoteche: tragiche come ad Istanbul o quelle tradizionali rivierasche italiane o dove ci sono i divieti anche -manca solo quello- di respirare in luoghi pubblici, come a Bali (e i turisti continuano ad andarci). E quelli che sono rimasti feriti o morti per mano propria dopo che non sono stati in grado di controllare per bene il proprio brivido di fronte al rumore proibito.
Una breve “pausa” di alcune ore che si sono spianate nelle 24 delle differenze di fuso orario. Sono poi tornati i morti dei mercati siriani, quelli dell’Afghanistan, quelli degli incidenti dell’opulenza incontrollata nelle strade e dovunque la “civilta’” e’ stata mal gestita o male interpretata, quelli che nessuno ricorda per fame e malattie un po’ dovunque. Il solito trend che gia’ da oggi e’ ripreso senza esitazione e che nulla ci fa credere possa essere minore di quello dell’anno prima.
Ho cercato di dirlo a mia figlia di dieci anni poco prima della mezzanotte del 31, ma mi ha guardato con occhi di compassione: non so se incomprensione o commiserazione. Che guastafeste che saro’ sembrato! Capisco la ragazza, ma capisco anche me, anche se non sono soddisfatto.
Poi ho preso a leggere le varie dichiarazioni di pinco e pallo che hanno un nome e una carica e/o un incarico e, ognuno guardando il proprio orto, si e’ strozzato in gola per essere all’altezza della situazione, sciorinando il proprio vocabolario: per adulare la festa o commiserare chi non ce l’ha fatta. Convinti -per carita’- ma soliti e -da irriverente rompiscatole quale sono- mi sono domandato se hanno avuto la percezione di noia, ripetizione, inutilita’, vuoto. E’ la mia costante e pervicace illusione e speranza: individui che si responsabilizzino per la propria essenza civica ed umana. Moriro’ illuso e speranzoso -credo.
Allora me ne sono andato a mangiare il cibo “vecchiamerica”, proprio quando in tanti si abbuffano perche’ “chi mangia bene il primo dell’anno mangia bene tutto l’anno” (quelli dei brodini e tortellini, sformati di verdure super-elaborati, carni di vario tipo, dolci e frutta secca e vini e grappoli di uva fuori stagione o del Cile, etc.). E la “kitchen salad, Cesar style” o il “burger with speck and tomato”, mescolato ai turisti che avevano fatto le ore piccole per fare tappeti di vetri e bicchieri di plastica delle vestigia antiche delle nostre citta’ d’arte… una “botta” al precario stomaco aduso piu’ che altro al biologico naturale, anche se “di cassetta”.
Un turbinio in cerca di un musicante alla Leonard Cohen, si’ da sembrare ancora piu’ triste di quanto gia’ non lo sia di per se’? Puo’ darsi. Ma e’ il mio duemiladiciassette… che, quando penso al numero in se’, non riesco a non collegarlo al terzo anno della grande guerra del secolo scorso. Con la differenza che quello l’ho letto sui libri, e questo lo sto vivendo in prima persona: in una nuova grande guerra che piu’ grande non si puo’, almeno fino a che non andremo su Marte o torneremo per bene sulla Luna.
Umani. Solo umani. E guardo con maggiore curiosita’ il cane cucciolino di tre mesi che sgambetta da un po’ -allegro e in perenne ricerca di carezze e dolcezze- tra i miei piedi.
 
 
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