Con quel che costano, i taxi vengono usati mediamente solo in casi estremi. Quindi, di che ci lamentiamo? Stiamo difendendo quelli che prendono un taxi e che hanno maggiori disponibilità economiche? Crediamo che se i taxi fossero in numero maggiore nelle nostre città e costassero meno, sarebbe un mezzo più utilizzato e più funzionale a riduzione di vari inquinamenti tipo traffico e Co2.
In Italia, nonostante si parli molto di rendere la vita più facile e meno pericolosa nonchè duratura a tutti, sui taxi non c’è verso di modificare lo status quo. Solide corporazioni gestiscono i servizi urbani, spesso in cooperative, e fanno una decisa opposizione, con ottimi risultati, a qualunque modifica in senso quantitativo ed economico. Le motivazioni sono le solite di ogni corporazione: no alla concorrenza ché altrimenti i guadagni sarebbero minori.
Spesso i potenziali utenti si lamentano, ma il muro che trovano davanti è solido ed irremovibile. Il metodo migliore è quello dello scaricabarile: per i taxisti la colpa di servizi pessimi e impossibili è sempre degli altri, mediamente degli amministratori locali che avrebbero reso la mobilità urbana difficile rispetto alla domanda dell’utenza. Non hanno tutti i torti rispetto alla difficoltà di una viabilità spesso problematica… ma quando uno arriva alla stazione ferroviaria di Firenze o Roma, per esempio, e deve aspettare più di un’ora per poter fruire del servizio, oppure è impossibile prenotare un taxi nei cosiddetti orari dopocena, è legittimo che si ponga il dubbio che non sia solo un problema di viabilità.
Il problema è semplice semplice: i taxi sono prima di tutto troppo pochi, inoltre costano troppo.
Problema noto a tutti da molto tempo. E quindi, la soluzione? Solo politica, di nessun colore visto che destra e sinistra, ieri e oggi, fanno a gara a non occuparsi del problema e a sviare qualunque iniziativa che modifichi la situazione attuale. Per capire: la ministra del Turismo, Daniela Santanché, intervistata da un quotidiano ha detto che la colpa è dei Comuni (1)... anche se, per esempio, il divieto di Uber nella nostra penisola è nazionale e non del Comune pinco o pallo. E non crediamo di essere marziani nel credere non tanto nell’nfallibilità di Uber, ma nel fatto che una concorrenza a basso costo come quella che Uber fa in tutto il mondo ai tradizionali taxi, sia il primo passo essenziale per liberalizzare il mercato.
Pare che i taxisti, come i balneari siano un buon deposito di voti, quindi… campa cavallo?
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