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LIBERTA' DI STAMPA E ORDINE DEI GIORNALISTI
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Editoriale 
1 aprile 1999 0:00
 
L'argomento e' di quelli che fa arrabbiare -o meglio inviperire- alcuni giornalisti che tengono molto alla loro professionalita' espressa attraverso l'Ordine di categoria. Ci e' successo che un giornale telematico che riceveva i nostri comunicati stampa, indignato per il fatto che l'Aduc e' impegnata per l'abolizione dell'obbligo di iscrizione all'albo dei giornalisti per un responsabile di una testata giornalistica, ci ha fatto sapere -con parole di disprezzo- di non voler piu' ricevere i comunicati delle nostre iniziative. Boh! Probabilmente gli altri comunicati li leggeva con distrazione, e non si era reso conto che non era la prima volta che trattavamo l'argomento, e che lo spirito di questa battaglia e' lo stesso di tutte le altre che abbiamo aperto o che cerchiamo di aprire. E poi, il fatto di non condividere una iniziativa, ci sembra marginale -per un giornale- per non chiedere di avere piu' nostre notizie. Ma ognuno e' libero, ed ovviamente abbiamo levato l'Email di questo giornale dalla nostra mailing list, e nello stesso tempo abbiamo riflettuto sui guasti che un ordine fa di una professione, investendola di un'esclusivita' che trasforma una libera associazione in una corporazione, la cui difesa diventa preclusione della liberta' di lavoro e, nello specifico, di informazione e comunicazione.
Citiamo quest'episodio proprio perche' il comunicato che ha fatto tanto adirare il professionista senese, e' per noi importante.
Martedi' 23 marzo presso la Pretura di Livorno c'e' stata udienza di una causa contro una giovane radicale, Alessandra Impallazzo, accusata di distribuzione di stampa clandestina: per contestare la legge che impone ad una pubblicazione il direttore responsabile iscritto all'Ordine dei giornalisti, aveva distribuito un giornale senza queste caratteristiche. In questa udienza il pretore Paola Belsito ha accettato l'eccezione di incostituzionalita' che la difesa, avv. Flavia Urcioli, aveva presentato. Quindi il processo e' rinviato in attesa che la Corte Costituzionale si pronunci sulla legittimita' costituzionale della legge per cui la giovane radicale e' stata incriminata.
Ci sembra che sia la prima volta che un giudice abbia manifestato un dubbio del genere e abbia chiesto conforto al massimo organo di controllo costituzionale: vuol dire che il dubbio di chi come noi crede che la liberta' di stampa e di opinione sia compromessa dall'obbligo di iscrizione all'ordine per garantire veridicita' e professionalita' delle cose che si scrivono e si pensano ... vuol dire che questo dubbio non e' proprio peregrino. Ovviamente diamo massima fiducia alla Corte Costituzionale (anche perche' non ci sono alternative), ma non possiamo dimenticare che la stessa Corte non ha sempre mostrato indipendenza di giudizio in un ambito, quello per l'appunto dei diritti costituzionali, in cui non si puo' dire che qualcosa che va bene in un momento, non puo' andare bene in un altro: e' ovvio che gradiremmo che il nostro scetticismo e la nostra diffidenza fossero smentiti.
Ci preme ricordare che proprio sulla questione degli ordini professionali, il partito del presidente del Consiglio dei ministri, Massimo D'Alema, (e lo stesso presidente, che dichiaro' di aver votato a favore del referendum per l'abrogazione dell'Ordine dei giornalisti) e' impegnato per una profonda riforma, tant'e' che la loro organizzazione giovanile ha diverse iniziative in corso in tutto il Paese.
E questo a conferma che i motivi del processo ad Alessandra Impallazzo -ed altri simili che ci saranno nei prossimi mesi- non sono atti di isolati deliri di liberta', ma istanze che stanno prendendo piede in diverse parti della nostra comunita', anche maggioritarie e di governo. Vuol dire che i tempi per l'abolizione di questi ostacoli sono piu' che maturi; si tratta solo di vincere le resistenze di chi ha costruito su questi obblighi il proprio potere di controllo economico e civico. E' facile, visti gli attori in gioco e gli stimoli continui e precisi di azioni come quelle del processo di Livorno. Intanto aspettiamo, senza fermarci ovviamente, la sentenza della Corte Costituzionale.
(Vincenzo Donvito)

 
 
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