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Moneta unica o moneta comune?
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Editoriale di Alessandro Pedone
12 giugno 2019 0:03
 
Uno dei temi politici più scottanti del momento sono i così detti “minibot”. Abbiamo letto ed ascoltato sui media argomenti veramente astrusi in merito, da un parte e dall’altra. Come al solito, la confusione e l’equivoco regnano sovrani nel mondo dell’informazione.
Da molti anni, ormai, gli stessi attori politici che dovrebbero sforzarsi di comunicare in modo chiaro le proprie posizioni, tentano di utilizzare i meccanismi perversi del Circo Barnum dell’informazione a loro vantaggio, contribuendo a generare sempre più confusione.  Lo stesso nome “mini-bot” è fuorviante ed è chiaramente stato scelto per questioni di “marketing politico”. Ma proviamo ad andare con ordine. Trovo indispensabile fare una premessa di carattere generale. Coloro che fossero allergici alle premesse o avessero pochissimo tempo possono saltare al paragrafo successivo senza perdere niente di sostanziale.
 
Il cosa, il come ed il perché
Si dice che lo sciocco sia concentrato sul “cosa”, il sapiente sul “come” ma il saggio sul “perché”? Con questo vogliamo dire che la vera questione non è tanto “mini-bot-sì” o “mini-bot-no”. Quando in primo luogo  “mini-bot-come”. La tecnicalità con la quale questo strumento (o altri simili) verrebbero eventualmente realizzati ne modificherebbe in modo radicale l’efficacia e gli esiti, anche politici. Parliamo al condizionale perché è altamente improbabile, per le ragioni che scriverò in seguito, che ciò accada. Al momento non abbiamo nessun dato concreto sulle effettive modalità operative e quindi non è possibile fare la benché minima reale valutazione.
Ancora più importante, però, sono le intenzioni con le quali questo strumento potrebbe essere introdotto. Nel caso in cui le intenzioni fossero quelle di uscire dall’area Euro, come legittimamente in molti pensano, è ovvio che anche una cosa potenzialmente utile si trasformerebbe in una cosa potenzialmente dannosa.
 
Di cosa stiamo parlando quando parliamo di “mini-bot”?
La mozione votata “per sbaglio” all’unanimità da tutte le forze politiche, del 28 Maggio 2019 prevede quanto segue:

impegna il Governo:
1) a dare ulteriore seguito al processo di accelerazione del pagamento dei debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni, come evidenziato in premessa, anche valutando di assumere iniziative per l'ampliamento delle fattispecie ammesse alla compensazione tra crediti e debiti della pubblica amministrazione, oltre che la cartolarizzazione dei crediti fiscali, anche attraverso strumenti quali titoli di Stato di piccolo taglio, implementando l'applicazione di tutte le misure adottate nella legge di bilancio 2019, relative anche alle anticipazioni di tesoreria, per garantire il rispetto dei tempi di pagamento dei debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni ed uscire, così, dalla procedura d'infrazione che la Commissione europea ha avviato contro l'Italia sull'attuazione della direttiva sui ritardi di pagamento. 


L’idea sarebbe quella di concedere, su base volontaria, a saldo di questi debiti, dei titoli che non avrebbero un tasso d’interesse e nessuna scadenza, ma potrebbero essere utilizzati per pagare qualsiasi obbligazione nei confronti della pubblica amministrazione e sarebbero pagabili “al portatore”.
L’idea di fondo, quindi, è che possano funzionare come una moneta parallela all’Euro.
Posta in questi termini, cioè collegando l’esigenza di saldare i debiti commerciali della pubblica amministrazione all’introduzione di questi “mini-bot”, si capisce chiaramente che si tratta esclusivamente di marketing politico e la cosa non si farà mai perché le parti sociali non daranno mai il consenso a realizzare una cosa di questo tipo (1).
Il discorso, quindi, si potrebbe concludere anche qui. Stiamo parlando semplicemente della solita “arma di distrazione di massa” usata da una forza politica per mere convenienze di parte.
 
Andando oltre il concetto di “mini-bot”
Dimenticandoci dei “mini-bot” così come sono stati presentati, la questione di fondo è quella legata alla possibilità o meno d’introdurre una moneta parallela all’Euro, non a corso forzoso, la cui fiducia sia basata sulla spendibilità della stessa nei confronti della pubblica amministrazione (in soldoni sia utilizzabile per pagare le tasse).
Questa è la sostanza del dibattito attorno ai “minibot”. La domanda è: gli stati aderenti all’Area Euro hanno completamente ceduto la così detta sovranità monetaria, oppure no?
Mario Draghi in una risposta ad una giornalista nella classica conferenza stampa a seguito della riunione dell'ultimo Consiglio direttivo della BCE, avrebbe detto che questi mini-bot “o sono moneta, e allora sono illegali, oppure sono debito e allora il debito sale. Non vedo una terza possibilità".
Ho ascoltato le parole di Draghi in inglese e credo che sia stato estremamente abile perché ha giocato sul possibile doppio senso legato al termine “moneta a corso legale”. Non vi è alcun dubbio che lo Stato italiano non possa emettere banconote aventi corso legale poiché nell’art. 128 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=celex%3A12012E%2FTXT), si può leggere chiaramente che:
“La Banca centrale europea ha il diritto esclusivo di autorizzare l'emissione di banconote in euro all'interno dell'Unione. La Banca centrale europea e le banche centrali nazionali possono emettere banconote. Le banconote emesse dalla Banca centrale europea e dalle banche centrali nazionali costituiscono le uniche banconote aventi corso legale nell'Unione.”
Quindi se il Governo imponesse ai cittadini italiani di saldare i propri debiti in una moneta parallela all’Euro violerebbe certamente il Trattato, ma se l’utilizzo della moneta parallela fosse su base volontaria, cioè si continuerebbe ad applicare l’art. 1278 del codice civile (“Se la somma dovuta è determinata in una moneta non avente corso legale nello Stato, il debitore ha facoltà di pagare in moneta legale, al corso del cambio nel giorno della scadenza e nel luogo stabilito per il pagamento”), allora non può esserci alcuna violazione dei trattati.
Evidentemente, quindi, Draghi gioca con il termine “moneta”, considerando tale solo quella avente corso legale. Non può esserci – secondo il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europa – nessun’altra moneta che svolga la funzione di strumento di pagamento che non può essere rifiutato dal creditore, ma possono esserci tutte le monete fiduciarie complementari come effettivamente già esistono oggi.
Niente potrebbe impedire, quindi, all’Italia – come a qualsiasi altra nazione – di organizzare un circuito monetario complementare all’Euro, utilizzabile su base volontaria, ed in grado di aumentare la massa monetaria in circolazione.
E’ evidente che questo verrebbe visto in modo estremamente negativo dalla Banca Centrale perché costituirebbe, nei fatti, una invasione dell’area di competenza della BCE, ovvero la regolazione della massa monetaria. L’art. 127 dello stesso Trattato assegna alla BCE la funzione di “definire e attuare la politica monetaria dell'Unione”. La Banca Centrale potrebbe sostenere che l’introduzione di una moneta parallela in Italia interferirebbe sulla sua competenza per la politica monetaria. Si tratta quindi di una questione interpretativa dei trattati e – in ultima analisi – è una questione squisitamente politica. Possiamo concludere quindi che non esiste nessuna specifica norma prescrittiva nei trattati che vieti l’introduzione di una moneta parallela non avente corso legale, ma questa mossa – qualora fosse concreta – sarebbe politicamente deflagrante.
 
Ancora sul cosa, come e perché…
Una seria moneta parallela all’Euro (magari concordando con e imitati da altre nazioni europee) – a modesto avviso di chi scrive e di economisti non ortodossi, ben più autorevoli del sottoscritto – sarebbe potenzialmente uno dei principali strumenti “Salva Euro” e “Salva Unione Europea”.  
Se l’Euro non fosse percepito come la moneta UNICA, ma come la moneta COMUNE e ad ogni nazione, magari con la vigilanza delle singole Banche Centrali Nazionali, fosse data la possibilità di emettere circuiti monetari paralleli, non a debito, si potrebbero compensare parzialmente gli squilibri dovuti all’introduzione di una moneta unica in un’area valutaria non ottimale.
Un programma del genere dovrebbe prevedere almeno tre precondizioni indispensabili:
  1. La formazione di una cultura monetaria nella popolazione
  2. La costituzione di un apparato tecnico per il funzionamento del circuito e l'integrazione con il sistema bancario
  3. Strumenti di regolazione e vigilanza che impediscano al governo di abusare di questo strumento.
L’uso di una moneta parallela, affinché sia accettata, necessità della fiducia della popolazione. Tutte le sciocchezze sulla “moneta del monopoly” che si sono subito diffuse nel dibattito sui Minibot dimostrano chiaramente che le persone non hanno la minima idea di come funzioni la moneta. Se una moneta parallela non è preceduta da una importantissima campagna informativa, il rischio di fallimento del progetto è elevatissimo.
E' evidente che l'approvazione di una norma non consente dall'oggi al domani di realizzare un circuito monetario, ci sono diverse tecnicalità che devono essere realizzate, queste cose richiedono tempo e capacità operative.
L’altro rischio, speculare, è quello di un enorme successo. Il pericolo, in questo caso, è un abuso da parte del potere politico. L’allargamento della base monetaria deve andare di pari passo con la capacità produttiva dell’area nella quale la moneta viene scambiata. Lasciare totalmente nelle mani dei politici di turno la possibilità di scegliere quanta moneta emettere è un pericolo che dovrebbe essere scongiurato con regole stringenti.
Come si può vedere, lanciare un’idea così delicata come una moneta alternativa all’Euro senza affrontare questioni così serie dimostra per l’ennesima volta il livello di degenerazione del dibattito politico in questo Paese.
Ancora più importante è la questione del “perché”. E’ evidente a chiunque abbia un minimo di conoscenze su questi temi che la proposta di “minibot” è sponsorizzata da un politico che prima della costituzione di questo governo la proponeva come uno dei passi per uscire dall’Euro.
Questo rende sostanzialmente impossibile un serio dibattito su questo tema. Qualunque avanzamento di una proposta di moneta alternativa formulata da questo governo implicherebbe un innalzamento dello spread fino a livelli insostenibili con conseguente caduta del governo stesso.

In conclusione, monete parallele sarebbero perfettamente legali e potenzialmente una soluzione tecnica ottimale, ma con queste condizioni politiche non sono minimamente possibili.   
 
NOTE
1 - Ricordiamo che l’idea di pagare i debiti commerciali con Titoli di Stato “normali” (cioè fruttiferi d’interessi) fu proposta a suo tempo dal PD di Bersani ed il Governo Monti tentò concretamente di realizzarla, ma le parti sociali sostanzialmente non accettarono (salvo le banche che effettivamente fecero un’operazione di questo genere). Stiamo parlando, quindi, del nulla.
 
 
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