Se qualcuno si aspettava che
Gesù Cristo Mario Draghi avrebbe tirato fuori il coniglio dal cappello, forse c’è rimasto male.
Per Gesù e per il coniglio. Il Programma nazionale di ripresa e resilienza (
Pnrr) è stato esposto dal nostro presidente del Consiglio come una lista non molto diversa da quelle che abbiamo sentito in passato:
promesse e impegni ad ampio raggio. Rispetto al passato la differenza è che ci sono i soldi specifici per farlo. Non è poco. Ma è innegabile che molti di questi impegni e promesse erano nei programmi di chi ci ha già governato, e se non sono stati realizzati non è certo perché mancavano i soldi, ma perché i realizzatori non ne erano capaci… quanti fondi Ue, per esempio, sono in passato tornati al mittente perché non utilizzati?
Unica marcata caratteristica è che per realizzare il Pnrr c’è l’impegno verso un mercato concorrenziale. Caratteristica che anche in passato non mancava (
ricordiamo Silvio Berlusconi, il liberista?). Ma una cosa è se lo dice Giuseppe Conte e il partito che rappresentava (
il più votato dagli italiani e il cui leader si caratterizza per i vaffanculo), altro se lo dice Mario Draghi che, in immagine e non solo, rappresenta il presidente Sergio Mattarella ed evoca l’Ue (grazie al ruolo svolto nella Bce).
Ed è qui che sarebbe la differenza sostanziale:
la fiducia nel conduttore. Che però deve tener insieme i suoi colonnelli che spesso dicono e fanno il contrario di quello che loro stessi decidono. Per impedire che ciò accada non andrebbero bene i governi di semi-unità nazionale, ma
oggi è così. Sarà questa occasione perché un afflato patriottico entri nel cuore e nei fatti della pubblica amministrazione, degli attori e dei registi dell’economia e della giustizia? Vedremo.
Noi, amministrati, ci siamo. Ma c’eravamo anche prima e - anche nostra responsabilità per non aver fatto abbastanza - siamo dove siamo.
Per ora continuiamo ad esserci.
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