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Legittimità istituzionale, quanto mi manchi. Irriverenza?
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L'irriverente di Vincenzo Donvito
30 maggio 2018 14:29
 
 “E’ anticostituzionale”. “E’ illegale”. “Sei fuori dei trattati e degli accordi internazionali”. Quante volte sentiamo queste frasi, soprattutto la prima. Da tutte le parti politiche ed economiche. Tutti alla ricerca delle proprie ragioni in campo di legittimità. Una frase, che mi é stata rinfacciata l’altro giorno in un confronto pubblico in cui sostenevo che il rifiuto del presidente della Repubblica di non approvare il ministro dell’Economia propostogli dal presidente incaricato Giuseppe Conte, indipendentemente dal fatto che a qualcuno politicamente non fosse piaciuto, era legittimo e costituzionalmente ineccepibile: “E’ incostituzionale la Costituzione che ha recepito i trattati Ue”, racchiude in sé -a mio avviso- l’insieme di tutti gli elementi umani, culturali, antropologici che questa ricerca spasmodica di valorizzare i propri pensieri con un qualche paletto presunto comune, attanagli i “discussori” di politica del nostro Paese.
Mi sono sempre domandato: ma perché -senza sforare legittimita’ umana, civica e penale (tipo: “é giusto ammazzare i propri avversari”)- un “discussore” non deve dire che per lui qualcosa é giusto perché foriero di bene così e colà, ma per valorizzare debba invece sempre sostenere che se non gli fosse riconosciuta la ragione sarebbe incostituzionale, o il baratro totale economico, sociale e umano, o saremmo venduti ai tedeschi o agli americani o ai russi o agli eurocrati di Francoforte e Bruxelles? Possibile che quasi nessuno abbia voglia di interloquire come se fosse nudo davanti ad altrettanti individui nudi? Certo, il pensiero politico, economico ed istituzionale si fonda su teorie e prassi consolidate e istituzionalizzate, ma siamo sicuri che nel 2018 non abbiamo altro a cui “religiosamente” riferirci rispetto alle “religioni” degli ultimi due secoli? “Religioni”, tra l’altro, ampiamente messe in discussione e che -era globale e totale in corso (potere della comunicazione e dei trasporti)- mostrano ogni giorno di piu’ la loro vecchiaia e inadeguatezza…
No, sono molto pochi quelli che ce la fanno a non farsi prendere da questo gioco alla ricerca della legittimità. I più fanno a gara a chi fa più citazioni possibili per dire che lui “é in riga”. Credo che ciò sia dovuto alla pigrizia di dover approfondire, andare alle radici e guardare i fiori che queste radici possano sviluppare, foss’anche solo per rendersi conto che gli odori di questi giorni non sono più armonici al nostro organismo. Si provi a dire ad un ragazzino di oggi che una questione é importante perché l’abbiamo letta su un giornale o sentita in tv (che chiameremo “credere alla Befana”), ci guarderà come un marziano, se questo ragazzino é stato informato perché sia onesto (soprattutto con se stesso) e non un pappagallo di “grandi” che credono ancora alla Befana. E questi pochi che mostrano di non credere alla Befana sono spesso emarginati, considerati come strani, un po’ pazzerelli, e non meritevoli di mediatizzazione; convinti -i mediatizzatori- che loro compito sia essenzialmente vendere, e per farlo -ovviamente- bisogna proporre ciò che al presunto acquirente (o consumatore) piace. Un ghetto!!! E chi ne é fuori é irriverente, perché non sta al gioco, non contribuisce ad ungere la macchina del consenso, cioé -dicono- non é interessante.
Il risultato di questa situazione é che ci si parla addosso, non si crede fermamente in ciò che si dice e per valorizzarlo -per l’appunto- ci si richiama alla legittimità.
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