Con tre sentenze depositate oggi, il Consiglio di Stato (nn. 44779; 4480; 4481) ha riaffermato l’illegittimità delle proroghe generalizzate delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative previste da ultimo dal Dl n. 198 del 2022 (convertito in legge n. 14 del 2023) in quanto contrastanti con i principi di concorrenza e di libertà di stabilimento sanciti non solo dalla c.d. Direttiva Bolkestein, ma anche dall’art. 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Accolto dunque il ricorso proposto dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato contro alcuni comuni e una serie di lidi balneari pugliesi per la riforma delle decisioni prese dal Tar di Lecce che aveva giudicato improcedibili i ricorsi dell’Authority contro le delibere delle Giunte comunali che approvavano le proroga delle concessioni.
Palazzo Spada chiarisce che la disapplicazione delle proroghe si impone prima e a prescindere dall’esame della questione della scarsità delle risorse, questione comunque non decisiva in quanto le procedure selettive sarebbero comunque imposte dall’art. 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
Il Consiglio di Stato ha pertanto ribadito la necessità, per i Comuni, di bandire immediatamente procedure di gara imparziali e trasparenti per l’assegnazione delle concessioni ormai scadute il 31 dicembre 2023.
In relazione all’avvio della stagione balneare, il Consiglio di Stato ha poi richiamato il contenuto della legge n. 118/2022 (nella sua originaria versione e disapplicate le modifiche apportate dalla legge n. 14 del 2023), che consente, in caso di difficoltà nel completamento della gara, la sola proroga c.d. tecnica fino al 31 dicembre 2024 delle concessioni già scadute per i Comuni che abbiano deliberato di avviare o abbiano già avviato le gare per assegnare le concessioni.
Per il Consiglio di Stato vanno dunque ribaditi i seguenti principi, che sono vincolanti non solo per ogni giudice nazionale ma anche per tutte le autorità amministrative, comprese quelle comunali: a) le pubbliche amministrazioni, al fine di assegnare le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, devono applicare l’art. 12 della Dir. 2006/123/CE, costituendo la procedura competitiva, in questa materia, la regola, salvo che non risulti, sulla base di una adeguata istruttoria e alla luce di una esaustiva motivazione, che la risorsa naturale della costa destinabile a tale di tipo di concessioni non sia scarsa; b) anche quando non ritengano applicabile l’art. 12 della Dir. 2006/123/CE, esse devono comunque applicare l’art. 49 del T.F.U.E. e procedere all’indizione della gara, laddove la concessione presenti un interesse transfrontaliero certo, da presumersi finché non venga accertato che la concessione difetti di tale interesse, sulla scorta di una valutazione completa della singola concessione.
Pertanto, l’obbligo di applicare l’art. 12 della Dir. 2006/123/CE o l’art. 49 del T.F.U.E. potrebbe ritenersi insussistente soltanto in assenza di entrambe tali imprescindibili condizioni: la scarsità della risorsa e l’interesse transfrontaliero della concessione. Esito, aggiunge il Collegio, piuttosto improbabile “tenuto anche conto dell’importanza e della potenzialità economica del patrimonio costiero nazionale”.
Inoltre, viene ribadito che non vi è una legittima aspettativa al rinnovo e dunque il precedente concessionario va posto sullo stesso piano di qualsiasi altro soggetto richiedente. In conclusione, anche nelle eccezionali ipotesi di risorsa non scarsa e di contestuale assenza dell’interesse transfrontaliero certo, da provarsi in modo rigoroso, il diritto nazionale impone in ogni caso di procedere con procedura selettiva comparativa ispirata ai fondamentali principi di imparzialità, trasparenza e concorrenza e preclude l’affidamento o la proroga della concessione in via diretta ai concessionari uscenti.
Infine, la precisazione sulla “proroga tecnica”. Si può dunque ritenere compatibile con il diritto dell’Unione la sola proroga tecnica – funzionale allo svolgimento della gara – (prevista dall’art. 3, commi 1 e 3, della l. n. 118 del 2022 nella sua originaria formulazione, prima delle modifiche dei termini apportate dal d.l. n. 198 del 2022), laddove essa fissa come termine di efficacia delle concessioni il 31 dicembre 2023 e consente alle autorità amministrative competenti di prolungare la durata della concessione, con atto motivato, per il tempo strettamente necessario alla conclusione della procedura competitiva e, comunque, non oltre il termine del 31 dicembre 2024 («in presenza di ragioni oggettive che impediscono la conclusione della procedura selettiva entro il 31 dicembre 2023, connesse, a titolo esemplificativo, alla pendenza di un contenzioso o a difficoltà oggettive legate all’espletamento della procedura stessa»).
Per giovarsi di tale proroga tecnica, però, le autorità amministrative competenti – e, in particolare, quelle comunali – “devono avere già indetto la procedura selettiva o comunque avere deliberato di indirla in tempi brevissimi, emanando atti di indirizzo in tal senso e avviando senza indugio l’iter per la predisposizione dei bandi”.
Considerata dunque la “necessità non più procrastinabile” di procedere alle gare, a fornire delle indicazioni sui criteri da seguire nella predisposizione dei bandi “possono essere i principi e i criteri della delega di cui all’art. 4, comma 2 della l. n. 118 del 2022, anche se poi essi non hanno trovato attuazione essendo la delega scaduta senza esercizio”. Tra i quali, ad esempio, “l’adeguata considerazione degli investimenti, del valore aziendale dell’impresa e dei beni materiali e immateriali, della professionalità acquisita”, oltre alla individuazione di requisiti che favoriscano la “massima partecipazione di imprese, anche di piccole dimensioni”, fino alla definizione di criteri per la “quantificazione dell’indennizzo da riconoscere al concessionario uscente”.
(Francesco Machina Grifeo su IlSole24Ore del 20/05/2024)
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