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 U.E. - U.E. - Golden Share. L'Italia verso il conferimento alla Corte di Giustizia
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16 febbraio 2011 16:26
 
La Commissione europea ha richiesto che l'Italia modifichi la legislazione che conferisce allo Stato poteri speciali d'intervento ("golden share") in materia di decisioni riguardanti la proprieta' e la gestione di societa' privatizzate che operano in settori strategici quali le telecomunicazioni e l'energia (Telecom Italia, ENI, Finmeccanica ed Enel). La Commissione ritiene che tali poteri speciali comportino una "restrizione ingiustificata che incide sulla libera circolazione dei capitali e sul diritto di stabilimento nell'Ue". La Commissione ha inoltrato la richiesta sotto forma di parere motivato, avviando cosi' la seconda fase del procedimento d'infrazione dell'Ue. Se, entro due mesi, le autorita' italiane non adottano le misure necessarie a rimediare all'infrazione della normativa Ue, la Commissione puo' decidere il rinvio del caso alla Corte di giustizia dell'Unione europea. La libera circolazione dei capitali, spiega Bruxelles in una nota, "costituisce il fulcro del mercato unico e rappresenta una delle 'quattro liberta' al suo interno. Essa consente l'esistenza, in Europa, di un mercato e di servizi piu' aperti, integrati, competitivi ed efficienti. Per i cittadini cio' comporta la possibilita' di intraprendere una serie di operazioni all'estero: dall'apertura di un conto bancario, all'acquisto di azioni in societa' estere o di beni immobili. Per le imprese, significa essere in grado di investire in imprese site in altri paesi europei, diventarne proprietari e svolgere un ruolo attivo nella loro gestione".
In che modo l'Italia contravviene alla regola? "La legislazione italiana - prosegue la nota - stabilisce che allo Stato possano essere conferiti poteri speciali onde salvaguardarne gli interessi fondamentali, in caso siano a rischio. In primo luogo, lo Stato ha il potere di opporsi sia all'acquisto di azioni che alla conclusione di patti da parte degli azionisti che detengono una determinata percentuale dei diritti di voto (pari al 5 per cento o inferiore, se cosi' stabilito). In secondo luogo, lo Stato puo' opporsi a talune decisioni prese dalle imprese, per esempio riguardo a fusioni o scissioni aziendali". A parere della Commissione questa legislazione "impone restrizioni non giustificate alla libera circolazione dei capitali e al diritto di stabilimento (articoli 63 e 49, rispettivamente, del trattato sul funzionamento dell'Ue). Le restrizioni sull'acquisto di azioni in determinate imprese, o le disposizioni a corollario di un sistema di poteri speciali che ne consentono l'attuazione pratica nei casi individuali, rendono meno attraenti gli investimenti diretti o di portafoglio nelle imprese in questione e possono scoraggiare potenziali investitori provenienti da altri Stati membri".
"Anche il potere di veto su decisioni fondamentali per il funzionamento di un'impresa puo' incidere negativamente e dissuadere gli investitori. Gli Stati membri possono sempre giustificare tali misure, soggette a severe restrizioni a norma del trattato e precisate dalla giurisprudenza della Corte. In tal caso, pero', la Commissione non ritiene che i criteri per l'esercizio dei poteri in questione siano adeguati all'ottenimento degli obiettivi perseguiti. Si tratta di criteri non sufficientemente precisi che potrebbero dare adito a un'eccessiva discrezionalita'. Nel marzo 2009 la Corte di giustizia dell'Unione europea ha emesso una sentenza, pertinente a una precedente causa italiana (C-326/07), confermando che i poteri di opporsi a questo tipo di attivita' non sono idonei al fine di salvaguardare gli interessi vitali dello Stato. Per quanto riguarda la possibilita' di opporsi alle decisioni sulla gestione delle imprese, la Corte segnala la possibilita' di stabilire un legame tra tale potere e la necessita' di proteggere gli interessi dello Stato, ma cio' deve fondarsi su condizioni oggettive e verificabili. A oggi sono stati introdotti in Italia uno o piu' dei poteri speciali in questione, per le seguenti imprese private: Telecom Italia, ENI, Finmeccanica ed Enel. In che modo cio' si ripercuote su cittadini e imprese? A seguito della concessione di diritti speciali allo Stato, gli investitori non possono godere della facolta' di gestire appieno alcune imprese e viene loro impedito l'acquisto - al di sopra di una certa quota - di azioni delle stesse imprese. Inoltre, sulle quote individuali possono incidere rischi derivanti da un eventuale veto dello Stato riguardo a importanti decisioni aziendali, prese dal consiglio di amministrazione perche' ritenute nell'interesse dell'impresa e relative, ad esempio, a fusioni o scissioni".

 
 
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