In caso di separazione e divorzio uno degli argomenti più caldi è quello legato all’assegnazione della casa coniugale, in buona sostanza si discute su chi deve continuare a vivere in questa casa!
Contrasto che nasce solo in presenza di figli minori o maggiorenni ma non economicamente autosufficienti poiché, in assenza di figli, la casa rimane a chi né è proprietario esclusivo oppure, in caso di mancato accordo, diverrà oggetto di divisione nel caso di comproprietà.
Occorre sfatare un mito: la casa coniugale non viene assegnata al genitore ma ai figli.
Il genitore gode dell’assegnazione per il solo ed unico motivo che essendo genitore collocatario prevalente, ovvero colui che passa più tempo con i figli e che ha diritto di coabitare con essi.
Cosa accade all’assegnazione nel momento in cui il genitore a cui è stata assegnata la casa inizia una nuova convivenza? O anche se decidesse di sposarsi nuovamente?
La legge prevede, all’art. 337 sexies cc, I comma, terzo capoverso “il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l'assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa
familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio”.
Quindi se l’assegnatario inizia una convivenza o si sposa, perde l’assegnazione.
La perdita è automatica oppure bisogna ricorrere al Giudice?
La risposta ce la dà la Corte Costituzionale, Sentenza 30 luglio 2008 n. 308: la perdita dell’assegnazione non è automatica ma deve essere sottoposta al vaglio del Giudice. Che dovrà valutare l’interesse superiore del minore ovvero come questa convivenza incide sull’equilibrio dei minori.
Occorrerà valutare se la nuova presenza e il cambio di abitudini siano negative o positive per i minori, e sulla base dell’esito di questa indagine si potrà ottenere la revoca dell’assegnazione oppure no.
Nel caso la presenza del nuovo partner non sia ritenuta lesiva, la casa continuerà ad essere assegnata all’ex coniuge a cui è stata assegnata e non si potrà chiedere nessuna somma al nuovo convivente.
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