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Prelievi fraudolenti, la banca risarcisce se non prova la colpa grave del cliente
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Osservatorio legale di Redazione
5 settembre 2024 11:34
 
Per la Cassazione, ordinanza n. 23683 depositata oggi, mentre il cliente è tenuto solo a provare la fonte del proprio diritto; la banca non può omettere la verifica dell’adozione delle misure atte a garantire la sicurezza del servizio

Se il cliente disconosce i prelievi effettuati attraverso la propria carta elettronica, la banca non può sottrarsi alla propria responsabilità affermando che chi ha effettuato il prelievo non poteva non conoscere il pin e dunque la carta era stata utilizzata “con elevato grado di probabilità” dai familiari della correntista stessa. La Cassazione, ordinanza n. 23683 depositata oggi, ha accolto, con rinvio, il ricorso di una signora che nel 2010 aveva citato, davanti al Tribunale di Salerno, la Banca Nazionale del Lavoro assumendo di aver subito prelievi fraudolenti, per complessivi 5.725,06 euro, dal proprio conto corrente, “a causa della negligenza della convenuta consistita nella mancata adozione delle cautele idonee a scongiurare operazioni illecite da parte di terzi”.
Nella fasi di merito però prima il Tribunale e poi la Corte di appello avevano rigettato la domanda della risparmiatrice. Di diverso avviso la Suprema corte: “La diligenza posta a carico del professionista, per quanto concerne i servizi posti in essere in favore del cliente – si legge nella decisione che richiama un precedente (3780/2024) -, ha natura tecnica e deve valutarsi tenendo conto dei rischi tipici della sfera professionale di riferimento assumendo come parametro quello dell’accorto banchiere; dunque, la diligenza della banca va a coprire operazioni che devono essere ricondotte nella sua sfera di controllo tecnico, sulla base anche di una valutazione di prevedibilità ed evitabilità tale che la condotta, per esonerare il debitore, la cui responsabilità contrattuale è presunta, deve porsi al di là delle possibilità esigibili della sua sfera di controllo”.
E allora – prosegue l’ordinanza - la responsabilità della banca per operazioni effettuate tramite strumenti elettronici, con particolare verifica della loro riconducibilità alla volontà del cliente mediante il controllo dell’utilizzazione illecita dei relativi codici da parte di terzi, va esclusa se ricorre una situazione di colpa grave dell’utente configurabile, ad esempio, nel caso di protratta attesa prima di comunicare l’uso non autorizzato dello strumento di pagamento ma il riparto degli oneri probatori posto a carico delle parti segue il regime della responsabilità contrattuale.
Mentre, pertanto, il cliente è tenuto soltanto a provare la fonte del proprio diritto ed il termine di scadenza, il debitore, cioè la banca, deve provare il fatto estintivo dell’altrui pretesa, sicché non può omettere la verifica dell’adozione delle misure atte a garantire la sicurezza del servizio.
Ne consegue che, essendo la possibilità della sottrazione dei codici al correntista attraverso tecniche fraudolente una eventualità rientrante nel rischio d’impresa, la banca per liberarsi dalla propria responsabilità, deve dimostrare la sopravvenienza di eventi che si collochino al di là dello sforzo diligente richiesto al debitore.
E ancora, i giudici di legittimità affermano che in caso di operazioni effettuate a mezzo di strumenti elettronici, anche al fine di garantire la fiducia degli utenti nella sicurezza del sistema, è del tutto ragionevole ricondurre nell’area del rischio professionale del prestatore dei servizi di pagamento - prevedibile ed evitabile con appropriate misure destinate a verificare la riconducibilità delle operazioni alla volontà del cliente - la possibilità di un’utilizzazione dei codici di accesso al sistema da parte dei terzi, non attribuibile al dolo del titolare o a comportamenti talmente incauti da non poter essere fronteggiati in anticipo: ne consegue che, anche prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 11 del 2010, attuativo della direttiva n. 2007/64/CE relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, l’erogatore di servizi, cui è richiesta una diligenza di natura tecnica, da valutarsi con il parametro dell’accorto banchiere, è tenuto a fornire la prova della riconducibilità dell’operazione al cliente.
Del resto, la Cassazione già nel 2019 (n. 18045) aveva affermato che la responsabilità della banca per operazioni effettuate a mezzo di strumenti elettronici, con particolare riguardo alla verifica della loro riconducibilità alla volontà del cliente mediante il controllo dell’utilizzazione illecita dei relativi codici da parte di terzi, ha natura contrattuale e, quindi, va esclusa solo se ricorre una situazione di colpa grave dell’utente, […]».

(Francesco Machina Grifeo si Il Sole24Ore del 04/09/2024)

 
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