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Tariffa servizio idrico integrato e costituzionalita'
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Osservatorio legale di Elisa Fontanelli
1 novembre 2008 0:00
 

Giunta a seguito di numerosi dibattiti che in materia hanno coinvolto cittadini ed enti locali, la sentenza della Corte costituzionale n. 335/08 dell'8 ottobre 2008 riguarda la quota di tariffa sul servizio di pubblica fognatura e depurazione.
La questione di legittimita' costituzionale e' stata sollevata dal Giudice di Pace di Gragnano (Na) con tre diverse ordinanze del 2007 e del 2008, poi riunite dalla Consulta. La censura riguarda l'art. 14 comma 1 della l. 36/94 (Legge Galli), laddove impone agli utenti il pagamento della tariffa anche nel caso in cui la fognatura sia sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o siano temporaneamente inattivi.

Premessa storica
Per comprendere la portata della decisione e' utile ripercorrere la normativa che ha visto l'istituzione e l'applicazione della tariffa.
La legge 18 maggio 1976 n. 319 (cd. Legge Merli), recante norme per la tutela delle acque dall'inquinamento, all'art. 16 stabiliva il pagamento di un canone da parte degli utenti in favore degli enti gestori dei relativi servizi. Canone determinato dalla somma di due parti, servizio di fognatura di depurazione, i cui proventi erano ripartiti fra gli enti gestori dei servizi.
La prima parte (fognatura) era dovuta in rapporto alle quantita' di acqua effettivamente scaricata.
La seconda parte (depurazione) era determinata in rapporto alla quantita' e, per gli scarichi provenienti da insediamenti produttivi, alla qualita' delle acque scaricate. Quest'ultima, tuttavia, era comunque dovuta dagli utenti del servizio di fognatura quando nel comune era in funzione l'impianto di depurazione centralizzato anche se lo stesso non provvedeva alla depurazione di tutte le acque provenienti da insediamenti civili (art. 17 l. 319/76).
La successiva legge 5 gennaio 1994 n. 36 (c.d Legge Galli) recante disposizioni in materia di risorse idriche, all'art 13 disponeva che la tariffa costituisse il corrispettivo del servizio idrico integrato inteso come "l'insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue" (art. 4 comma 1 lett. F l. 36/94) e al successivo art. 14, che la suddetta quota di tariffa fosse dovuta dagli utenti anche nel caso in cui la fognatura fosse sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o questi fossero temporaneamente inattivi. I relativi proventi venivano poi accantonati in un apposito fondo, vincolato alla realizzazione e alla gestione delle opere e degli impianti centralizzati di depurazione.
Lo stesso principio viene confermato dal successivo D. Lgs. 11 maggio 1999 n. 152 cosi' come modificato dal D. Lgs. 18 agosto 2000 n. 258 che ha esteso l'obbligo dell'utente di pagare le quote di tariffa, indipendentemente dalla possibilita' di utilizzare il servizio anche nei casi in cui i Comuni siano del tutto privi dell'impianto di depurazione, nonche' dalla legge n. 179 del 2002.
Il canone, quindi, risulta obbligatorio per tutti. Gli utenti, anche quelli potenziali, sono chiamati a contribuire tramite il versamento sia per le spese di gestione ordinaria (se l'impianto e' attivo) che per quelle di installazione o di completamento nel caso in cui l'impianto non ci sia ancora o sia incompleto.
Tale principio e' stato anche confermato dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 18699/04 e n.16/05) che ha riconosciuto l'obbligo di corrispondere le quote di tariffa, sia per la fognatura che per la depurazione, a prescindere dall'esistenza sul territorio comunale dell'impianto centralizzato di depurazione, essendo i relativi proventi finalizzati alla realizzazione e/o alla messa in funzione dell'impianto nel caso questo mancasse o fosse inattivo.
In seguito, queste norme sono state abrogate e l'intera materia ambientale e' stata rinnovata dal D. Lgs 3 aprile 2006 n. 152 (Testo Unico Ambientale). Gli artt. 154 e 155 del decreto, nello specifico, stabiliscono che la tariffa costituisce un corrispettivo del servizio idrico integrato, ed e' determinata tenendo conto "della qualita' della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell'entita' dei costi di gestione delle opere, dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonche' di una quota parte dei costi di funzionamento dell'Autorita' d'ambito, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio "chi inquina paga. Tutte le quote della tariffa del servizio idrico integrato hanno natura di corrispettivo" (art. 154 D. Lgs. 152/60).
Il successivo art. 155, in particolare, al comma 1 dispone: "Le quote di tariffa riferite ai servizi di pubblica fognatura e di depurazione sono dovute dagli utenti anche nel caso in cui manchino impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi. Il gestore e' tenuto a versare i relativi proventi, risultanti dalla formulazione tariffaria definita ai sensi dell'articolo 154, a un fondo
vincolato intestato all'Autorita' d'ambito, che lo mette a disposizione del gestore per l'attuazione degli interventi relativi alle reti di fognatura ed agli impianti di depurazione previsti dal piano d'ambito. La tariffa non e' dovuta se l'utente e' dotato di sistemi di collettamento e di depurazione propri, sempre che tali sistemi abbiano ricevuto specifica approvazione da parte dell'Autorita' d'ambito".
L'obbligatorieta' generalizzata della tariffa, dunque, seppur temperata dall'esenzione prevista nell'ultima parte del citato comma, viene ancora una volta riproposta dal legislatore del 2006.
 
La parola alla Corte costituzionale
Nel giudizio di costituzionalita', il Giudice di Gragnano, denunciando la violazione degli artt. 2, 3, 32, 41 e 97 Cost. da parte del Comune, censura proprio l'automatica imposizione della tariffa, muovendo dal presupposto della sua natura quale corrispettivo di prestazioni contrattuali, e denunciando l'irragionevolezza della sua pretesa anche quando manchi la controprestazione cui essa e' collegata, e cioe' anche nel caso in cui la fognatura sia sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi.
La Corte costituzionale conferma la natura di corrispettivo di diritto privato della tariffa, ed anzi precisa trattarsi di un corrispettivo di una "prestazione commerciale complessa, il quale, ancorche' determinato nel suo ammontare in base alla legge, trova la sua fonte non in un atto autoritativo direttamente incidente sul patrimonio dell'utente, bensi' nel contratto di utenza".
La Corte continua: "L'inestricabile connessione delle suddette componenti e' evidenziata, in particolare, dal fatto sopra rilevato che, a fronte del pagamento della tariffa, l'utente riceve un complesso di prestazioni, consistenti sia nella somministrazione della risorsa idrica, sia nella fornitura di servizi di fognatura e depurazione. (...). L'unitarieta' della tariffa impedisce, infatti, di ritenere che le sue singole componenti abbiano natura non omogenea, e, conseguentemente che anche solo una di esse, a differenza delle altre, non abbia natura di corrispettivo contrattuale. E cio' perche' il legislatore, per la remunerazione delle varie componenti del servizio idrico integrato, non ha istituito tariffe distinte, ma ha concepito la tariffa di detto servizio come un tutto unico, nell'ambito del quale la suddivisione in quote risponde solo all'esigenza di una piu' precisa quantificazione della tariffa stessa, che tenga conto di tutte le prestazioni che il gestore deve erogare".
Sempre secondo la Corte, se il sistema di finanziamento del servizio idrico integrato, per come e' stato concepito dal legislatore, fosse fondato sul prelievo coattivo della tariffa, introdurrebbe un obbligo di pagamento non correlato alla controprestazione e quindi contrario all'impianto normativo sopra descritto.
A fronte di quanto esaminato, dunque, la Corte giunge a dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 14 comma 1 della legge n. 36 del 1994, sia nel testo originario, sia nel testo modificato dalla legge n. 179/02, nella parte in cui precede che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione e' dovuta dagli utenti "anche nel caso in cui la fognatura sia sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi".
Considerato, inoltre, che il suddetto articolo censurato e' stato abrogato dall'art. 175, comma 1, lett. u del D. Lgv. 152/06 (T.U.A.), ed il suo contenuto e' confluito nell'art. 155 dello stesso decreto, comma 1, sopra citrato, la Consulta dichiara anche l'illegittimita' di questo articolo, nella parte in cui prevede che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione e' dovuta dagli utenti "anche nel caso in cui manchino impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi".
In termini pratici la decisione si traduce in una grossa e auspicata novita' per gli utenti che provvedano a loro spese alla raccolta e alla conseguente depurazione delle acque reflue a causa della mancanza o dell'inattivita' dell'impianto di depurazione. Dovendo disapplicare la norma nella parte in cui e' stata dichiarata incostituzionale, infatti, in questi casi le amministrazioni comunali non potranno piu' addebitare tale tariffa in bolletta.
Ma se questo e' valido per il futuro, cosa accade riguardo ai canoni eventualmente pagati dagli stessi?
Riteniamo che in questo caso sia possibile ottenere un rimborso dal gestore del servizio idrico, nel termine di cinque anni da quando il pagamento e' stato effettuato.
 
Qui di seguito il testo integrale della sentenza Corte costituzionale n. 335/08:
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