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Ceta. Economia, mercato e fascismo istituzionale
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Stati uniti d'europa di Vincenzo Donvito
13 luglio 2018 14:51
 
 E’ nell’aria da diverso tempo che l’accordo tra Ue e Canada per il libero scambio (Ceta), che deve essere ratificato dai singoli Stati nazionali, non ci sia voglia di approvarlo. L’occasione è data dal vicepremier Di Maio che, confermando quanto già ribadito dal neo-ministro dell’Agricoltura, durante un incontro della Coldiretti, nel precisare l’impegno per la non-ratifica dell’Accordo già in vigore da settembre del 2017, ha voluto aggiungere: “Se anche uno solo dei funzionari italiani che rappresentano l'Italia all'estero continuerà a difendere trattati scellerati come il Ceta, sarà rimosso”.
Assemblea non scelta a caso, quella della Coldiretti, associazione sempre in prima linea nel difendere i vantaggi corporativi dei propri affiliati che, anche se dovessero solo prendere atto del cambiamento di una semenza (foss’anche per sopraggiunta innovazione agricolo-tecnologica), bloccherebbero le piazze di tutte le città (come fanno i taxisti per difendere le loro altissime tariffe contro i vari Uber).
Ma quello di oggi del nostro vice-premier è peggio. Siamo in presenza di una promessa di stile fascista, da stato monolitico e rispondente ai dettami del partito: se non fai come ti dico io, ti licenzio (meno male che non ha detto “ti ammazzo o ti mando al confino”). I diritti dei lavoratori? A ramengo e strumentalizzati solo ai fini del partito. Infatti, nella stessa assise il nostro ministro, che aveva perorato la già avvenuta cancellazione dei voucher per lavoratori temporanei, spalleggiato in questo da Coldiretti, ha tenuto a precisare che invece i voucher in agricoltura, in questa che è la stagione dei grandi raccolti, vanno bene. Chiaro, no?
L’economia italiana, che vive molto di esportazioni, da un Accordo come il Ceta non potrebbe che trarne vantaggi (ben 40 prodotti tipici italiani vengono tutelati nel mercato canadese, mai come prima). Ma questo turba le ideologie sovraniste (lo ha proprio detto Di Maio) e gli ingranaggi corporativi consolidati di una serie di produttori e commercianti che, non volendo essere all’altezza degli attuali mercati (che non possono che essere trans e sovranazionali), preferiscono limitare l’espansione dell’economia in nome di un presunto “made in Italy” minacciato dal Ceta (è vero proprio il contrario).
Vedremo l’evoluzione dei fatti, cosa diranno tutti, e non solo la Coldiretti e il ministro Di Maio, sopratutto sul licenziamento dei funzionari. Ma temiamo periodi bui e lunghi, per l’economia, per i diritti, per la libertà.
 
 
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