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ET INCARNATUS EST. OVVERO: UN INNO ALLA LIBERTA' ALL'AMORE, ALLA BELLEZZA
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La pulce nell'orecchio di Annapaola Laldi
15 dicembre 2006 0:00
 
L'anno scorso, in questo periodo a ridosso del 15 dicembre, rileggevo le dieci prediche sul Natale del prete e teologo cattolico tedesco Eugen Drewermann pubblicate nella raccolta Il cielo aperto della Queriniana. Ero incerta sulla scelta da fare, e soltanto alla fine mi decisi per quella del 1982 (clicca qui). Ma ce n'era un'altra che mi aveva colpito in modo particolare anche perche' conteneva l'accenno a un brano della Messa in mi bemolle maggiore di Franz Schubert, che aveva tutta l'aria di essere davvero bello.
Cosi', dopo, mi procurai il relativo CD e mi resi conto che Drewermann aveva ragione. Il passaggio del "Credo" che contiene le parole "Et incarnatus est pro nobis ex Maria Virgine" (si incarno' per noi dalla Vergine Maria) ha una grandissima forza espressiva ed emotiva e vale la pena di ascoltarlo. Cosi' come, a mio avviso, vale la pena di leggere l'omelia che Drewermann fece nel Natale del 1986. Anche se sono passati vent'anni, le sue parole restano di attualita' e possono essere probabilmente apprezzate anche da chi preferisce stare lontano dalle religioni istituzionalizzate, dato che l'autore cerca di cogliere nelle pagine bibliche le profonde e universali verita' della psiche umana e punta sempre a mettere in luce come in molte di esse vi sia una valida proposta per il superamento della paura, dell'angoscia che ci attanaglia.
Ecco, dunque, offerte in dono, per l'imminente periodo di festa, le considerazioni che il teologo tedesco fa sulla nascita di Gesu'. Che essa sia intesa come fatto storicamente fondato o come un mito, la nascita di Gesu' narra comunque l'incarnazione di Dio, cioe' il suo farsi essere umano in un bambino nato normalmente da una donna, per dire la sua passione per l'umanita' e la sua totale vicinanza alla vita di ogni persona, alle sue gioie e alle sue pene, alle sue angosce e alla sua sete inestinguibile di liberta', di amore, di bellezza.
Il brano che propongo e' tratto da: Eugen Drewermann,
Il cielo aperto -Prediche per l'Avvento e il Natale , Queriniana, Brescia 1997 (traduzione di Claudia Murara), p.221 ss., e la sua pubblicazione qui e' resa possibile dal gentile permesso accordato dalla Queriniana, che ringrazio sentitamente.


OMELIA TENUTA DA EUGEN DREWERMANN NELLA MESSA DI NATALE DEL 1986

Il mistero della Santa Notte riassume in un'unica breve frase il credo della chiesa: "Egli si e' incarnato per noi dalla Vergine Maria".
Nei duemila anni di storia della chiesa non si e' probabilmente avuta un'interpretazione di queste poche parole tanto vera, umana e convincente quanto l'ultima opera lasciataci dal grande compositore Franz Schubert. Nel 1828 Schubert aveva 32 anni ed era prossimo alla morte. Era abbastanza religioso, abbastanza povero, abbastanza infelice e abbastanza solo da poter interpretare con la sua vita e la sua musica le parole del messaggio del Natale in modo valido per tutta l'umanita' e per tutti i tempi. Maledetto dal padre, deriso dalle dame della buona societa' viennese, schernito dai critici, tanto idolatrato quanto frainteso dagli amici, Schubert, in seguito a un'incauta avventura amorosa, era afflitto da una malattia all'epoca mortale. Giaceva a letto, tormentato da violenti mal di testa, da terribili dolori agli occhi, tutto il suo corpo era un'unica piaga. Come puo' un uomo simile, ormai sull'orlo della fossa, avere qualcosa da dirci sulla redenzione dell'umanita'? Con mano tremante Schubert scrisse il suo canto d'addio al mondo e alla vita:
Messa in mi bemolle maggiore. Tutto comincia come di consueto con la prevalenza del coro, ma poi proprio a queste parole del credo"Et incarnatus est pro nobis ex Maria Virgine" - "egli si e' incarnato per noi dalla Vergine Maria" comincia qualcosa di meraviglioso, di nuovo. Il violoncello inventa la melodia per una voce solista. E' la ninna nanna di Schubert in 12 ottavi, accompagnata poco dopo da una seconda voce, cosicche' il canto solistico si trasforma in canone, e piu' avanti ancora ad esso si sovrappone una voce di soprano come quella di un angelo: "Egli si e' fatto uomo per noi". L'uomo che aveva risposto con la musica del suo cuore a innumerevoli poesie di grandi lirici cosi' da trasformarle in Lieder immortali, volle sul letto di morte che il canto degli angeli nelle campagne di Betlemme diventasse una poesia immortale sulla nostra vita. Volendo tradurre in parole quella che e' solo musica, e volendo ordinare in strofe di pensieri cio' che si compone di note, il messaggio di Schubert, la sua interpretazione del vangelo di Natale, dovrebbe essere esposto in tre frasi.
La prima dovrebbe essere: "
Osa la tua vita". E' un messaggio paradossale, quasi grottesco da parte di un uomo che, dopo l'unica avventura della sua ancor giovane vita, viene strappato via da un male che ai suoi tempi non solo era inguaribile, ma secondo la morale della borghesia viennese era considerato una giusta condanna divina, ilo marchio di una meritata punizione. Noi diciamo che Dio, in questa notte in cui ha preso forma umana, ci ha redento dal potere del peccato. Certo, la nostra vita puo' essere ricca di traviamenti, di errori, di colpa, e spesso resa meschina dalle umiliazioni, dalle disperazioni e dai sentimenti di impotenza. Ma se si guarda dietro la facciata delle nostre azioni, solitamente in cio' che e' distorto si riscopre la figura dei bambini ai quali non e' mai stato concesso vivere spontaneamente. Appena venuti al mondo ci e' stato insegnato a distinguere tra bene e male, a evitare il peccato, a fuggire il male, a dominare le pulsioni, e cosi' siamo diventati cio' che quasi tutti siamo: anche da adulti fondamentalmente dei bambini intimoriti, dipendenti dall'opinione della gente, limitati e spiritualmente impotenti. Se il messaggio del Natale ha qualcosa da dirci, e' questo: che dovremmo osare e rischiare di vivere la nostra verita'. Nel cuore di ogni essere umano vivono una musica e un canto che solo lui puo' suonare e cantare. Egli deve tentare di trovare questa musica e trasmetterla a tutta un'umanita'. Ancor piu' che a perdonare la nostra colpa Dio e' pronto ad accompagnarci, spesso sulle vie piu' tortuose che su quelle diritte, sicuramente piu' nei periodi in cui siamo alla ricerca di qualcosa che nei momenti in cui abbiamo trovato cio' che cercavamo. E cosi' potremmo iniziare, ancora una volta, a essere i bambini che non ci e' mai stato concesso di essere, cominciare la vita che portiamo dentro di noi come verita' e che spesso e' sepolta sotto tanto affanno, tanta angoscia e tanto dolore. A ognuno di noi sarebbe possibile udire il canto degli angeli nelle campagne di Betlemme come voce del desiderio, della preghiera e della fiducia del suo cuore. Nel 1828, nella citta' imperiale di Vienna, quest'uomo, per il quale nessuno avrebbe dato un soldo, lascia nella sua interpretazione delle parole che descrivono il divenire uomo del nostro Dio un invito alla fiducia, perche' su questa terra non vi e' colpa che non possa essere perdonata da Dio ed e' solo la nostra pusillanimita' a impedirci di essere ampi, grandi e umani come siamo chiamati a essere.
Vi e' una seconda cosa che la musica di Schubert dedicata al vangelo di Natale puo' dirci: "
Credi nell'amore". Appena cominciamo a crescere, impariamo piu' a temere che ad amare l'unica forza nella nostra vita che venga indubitabilmente da Dio, piu' a viverla come una colpa e un tormento che a osare affrontarla veramente, cosicche' il passo dall'infanzia al divenire adulti e' quasi sempre pagato con una buona dose di disillusioni, di cinismi e di meschinita'. Schubert, che da questo mondo degli adulti non ha avuto altro che tormento, crudelta' e mortificazione, osa lasciar scritto nel suo testamento in note che non si puo' calunniare e offendere l'amore. Nulla di diverso da quanto accade nei giorni del Natale. Si puo' tacciare di impurita' la forza che fa nascere Dio nel nostro mondo, considerarla moralmente sospetta ed escluderla dai luoghi degli uomini, ma resta comunque il fatto che ogni volta, a ben guardare, in cio' che si cela tra quanto ci appare impuro troviamo un'innocenza nascosta, nella quale pero' non avevamo mai osato credere; resta il fatto che esiste una purezza che non ha mai fine, malgrado ogni apparenza esteriore e che l'amore merita di essere benedetto persino nelle sue forme piu' bizzarre. L'amore, quando e' vero, e' cosi' raro, e spesso cosi' debole, in questo mondo, ma solo su di esso poggiano tutte le promesse, solo in esso spira l'onnipotenza di Dio, solo l'amore ha la forza di cambiare il mondo. Quante cose di questa vita soffocata ci e' stato insegnato a considerare normali: la quotidianita' regolata dalla routine dei doveri, senza vita e senza amore, senza un pensiero animato, senza una scintilla di fantasia creativa, come se avessimo dovuto calpestare ogni focolaio di entusiasmo, perche' non bruciasse e non facesse danni. Che cosa temiamo veramente quando abbiamo paura di noi stessi, e chi evitiamo in realta' quando non facciamo che rifugiarci nella massa? Cosa alquanto grottesca, quest'uomo morto per causa dell'amore lo proclama nei versi del credo di Natale.
Vi e' poi un terzo messaggio che Schubert vorrebbe trasmettere, traendolo dal mistero dell'incarnazione. Lo si potrebbe intitolare: "
Non dimenticare la bellezza". Anche questo e' sconvolgente e grandioso nell'anno 1828. Un uomo costretto a letto, il corpo maleodorante, persino per coloro che gli sono vicini, gonfio fino a essere sfigurato, la putrefazione in vita. Anche questo e' carne, caducita', esistenza terrena. Eppure resta il messaggio salvifico, la prodigiosa fiducia data dalla poesia del cuore, dal canto del mondo, dal messaggio degli angeli, secondo cui in tutto cio' che ci circonda, essendo creato dalle invisibili mani di Dio, spira una bellezza che non passa mai. Se solo guardiamo abbastanza attentamente, persino nei lineamenti piu' deturpati scorgeremo ancora il volto di Dio, persino nelle cose apparentemente piu' umili coglieremo come un presagio dell'altezza dei cieli e persino nel decadimento ci prepareremo all'ascesa al cielo. Siamo creature di questo mondo, ma a cominciare dal Natale possiamo, anzi dobbiamo credere, se vogliamo vivere veramente, che Dio ci viene incontro in ogni elemento, in ogni aspetto delle cose che ci circondano. Ognuna di esse e' una traccia nascosta, un'indicazione della via che conduce al cielo, e la nostra vita ne ha bisogno per orientarsi.
Solo queste tre grandi forze possono aiutarci a placare la nostalgia e a non perdere di vista la strada per le stelle: la fiducia nel perdono, che ci rende capaci di osare la nostra vita, la fede nell'amore, che ci insegna a essere ampi, forti e fedeli verso noi stessi e le persone al nostro fianco, e l'evidenza della bellezza, persino sull'orlo del precipizio. Vivere queste tre cose significa presagire qualcosa dell'incarnazione di Dio su questa terra.
Auguro di tutto cuore a noi tutti che Dio accompagni e avvolga la nostra vita in ogni momento, buio o luminoso che sia, che ci renda saldi nella forza dell'amore che e' egli stesso, e che ci consoli con il raggio luminoso della bellezza, riflesso degli angeli persino nell'ombra della materia piu' scura. Che Dio rafforzi il suo amore, perche' risplenda attraverso di noi".


NOTA
La predica e' tratta, per gentile concessione della Casa Editrice Queriniana, dal libro di EUGEN DREWERMANN, Il cielo aperto -Prediche per l'Avvento e il Natale, Queriniana, Brescia 1997 (traduzione di Claudia Murara), p.221 ss..

La Messa in mi bemolle maggiore D 950 fu scritta tra il giugno e la meta' di settembre del 1828 (ed eseguita per la prima volta il 4 ottobre 1829). Infatti, Franz Schubert, che era nato a Vienna il 31 gennaio 1797, mori' nella stessa citta' il 19 settembre del 1828. Per quanto riguarda la causa della sua morte, va detto che, mentre Drewermann accoglie quella del progredire della malattia venerea che aveva colpito Schubert alcuni anni prima, altri sostengono che il musicista mori' per una febbre tifoidea, alla quale il suo gia' fragile organismo non seppe reagire.

EUGEN DREWERMANN e' nato il 25 giugno 1940 a Bergkamen, vicino a Dortmund (Renania settentrionale) da padre luterano e madre cattolica. E' stato ordinato prete cattolico nel 1966; accanto allo studio della teologia e della filosofia, ha approfondito anche quello della psicologia, sviluppando nel tempo la proposta di interpretare le Sacre Scritture della tradizione ebraica e cristiana in chiave di psicologia del profondo (vedere i due volumi di Psicologia del profondo ed esegesi, pubblicati dalla Queriniana di Brescia).
La sua attivita' pastorale (cappellano studentesco a Paderborn e poi prete coadiutore della parrocchia di Sankt Georg nella stessa citta') inizia nel 1972 e viene affiancata nel 1979 da quella di docente di Storia della religione e Dogmatica alla Facolta' teologica cattolica dell'Universita' di Paderborn. Contemporaneamente Drewermann inizia il lavoro di psicoterapeuta. Appassionato della persona di Gesu' di Nazaret, di cui egli non mette in alcun dubbio l'esistenza storica, ha cominciato presto a cercare un modo piu' giusto per rendere comprensibile alle persone il messaggio di liberazione di Gesu' e di renderlo concretamente efficace ai nostri giorni. Per questo ha approfondito molte conoscenze, da quelle storiche e storico-religiose a quelle scientifiche, riversando nelle omelie, nelle conferenze e in numerosissimi libri (circa 70 titoli a tutt'oggi) quanto andava scoprendo.
Ha messo, ad esempio, in luce quanto sia grande il debito che il Cristianesimo ha nei confronti della religione egizia, sia per l'idea della "figliolanza divina sia per l'idea dell'immortalita' dell'anima; a questi temi ha dedicato due opere scientifiche, rispettivamente: Il tuo nome e' come il sapore della vita -Interpretazione dei racconti dell'infanzia del vangelo di Luca a partire dalla psicologia del profondo (trad. di Enzo Gatti), Queriniana, Brescia 1996, e Io discendo nella barca del sole -meditazioni su morte e resurrezione (trad. di Amelia Valtolina), Rizzoli, Milano 1993.
Alcune sue interpretazioni della Scritture e anche la sua critica a certi aspetti della Chiesa cattolica (specialmente Funzionari di Dio -Psicogramma di un ideale (trad. di Franz Reinders), Edition Raetia, Bolzano 1995) hanno attirato l'attenzione della gerarchia che, per mano del vescovo di Paderborn, gli ha prima tolto il permesso di insegnare (1991), proibendogli poi anche la predicazione, per arrivare infine alla sospensione "a divinis" (1992).
Da allora Drewermann insegna Sociologia e Antropologia culturale all'Universita' di Paderborn, e continua la sua attivita' di interprete della Scrittura, conferenziere, scrittore e psicoterapeuta, a proposito della quale, nelle interviste precisa che la svolge gratuitamente perche', senza la ricchezza dell'esperienza umana che gli viene dalle persone che si fidano di lui, in pratica, egli non sarebbe quello che e'.
Verso la fine del 2005 Drewermann ha reso noto di avere lasciato la chiesa cattolica, ma, ha spiegato, la sua fede in Gesù di Nazaret resta immutata.
Per la bibliografia completa rimando ai siti degli editori (sperando di non dimenticarne nessuno).

QUERINIANA di Brescia (che ha pubblicato la maggior parte delle opere uscite in italiano):
www.queriniana.it (entrare nel sito, cliccare sulla seconda icona da sinistra e poi inserire il nome: Drewermann nel riquadro dell'autore; i titoli sono elencati senza un ordine preciso).

EDITION REAETIA di Bolzano/Bozen:
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LA MERIDIANA di Molfetta (Ba)
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CLAUDIANA di Torino
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(A cura di Annapaola Laldi)
 
 
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