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'Ah, ti occupi di finanza. Se investo 20.000 euro, quanto si può guadagnare?'
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Articolo di Nicola Zanella
11 novembre 2009 18:33
 
Negli ultimi mesi quando ho conosciuto nuove persone o anche parlato con alcuni amici che sanno già di che mi occupo, direi che nel 90% delle occasioni è capitato che si sia giunti a questo punto del dialogo: 
“Allora Nicola, questa crisi finisce?”, domanda questa più che lecita in un periodo davvero buio per l’economia come quello che abbiamo passato e stiamo ancora vivendo ahimè.
Non faccio in tempo a finire la mia risposta, più o meno articolata a seconda delle situazioni e del contesto, che subito mi viene fatta un’altra domanda:
“Insomma, con i soldi che ho in banca che ci faccio?”, al che, dopo aver premesso che io mi occupo di ricerca finanziaria e che non sono un consulente, la mia risposta spesso è “dipende”, dipende da moltissimi fattori, quali ad esempio la propensione al rischio, l’orizzonte temporale a disposizione, la propria cultura finanziaria, gli impegni finanziari che si crede siano prossimi, etc, insomma cerco in qualche modo di spiegare che una simile domanda merita una risposta di una certa complessità, comunque non adatta ad esempio ad una cena tra amici.
Molto meglio discutere in queste occasioni ad esempio dell’ultimo grande concerto di Michael Jackson “This is it”!! Su questo non ci sono dubbi …
Il problema è che nella quasi totalità dei casi succede che non faccio in tempo a chiudere il ragionamento che il mio interlocutore, spazientito e forse annoiato dalla mia risposta troppo impegnativa, mi rivolge la domanda che più odio al mondo, alla quale preferire piuttosto parlare di calcio, sport che non amo a differenza di molti italiani. Preferisco il basket o il tennis di gran lunga.
Ed è questa: “Ma se investo ora ad esempio 20.000 euro (o 50 o 100.000 euro a seconda del patrimonio dell’interlocutore), quanto si può guadagnare?”
A questo punto del dialogo, vorrei semplicemente scappare, in quanto capisco che d’ora in avanti la strada sarà tutta in salita per riuscire a farmi capire o per spiegare brevemente ma in modo soddisfacente la mia filosofia di investimento, meglio, come io vedo la finanza.
Il punto è che una simile domanda è non solo mal posta e frutto di una continua disinformazione in tema di economia e finanza operata da soggetti che si definiscono esperti ma non lo sono affatto, ma dimostra anche purtroppo come moltissime persone in Italia non abbiano la voglia o il tempo o l’intuizione per capire quanto invece sarebbe per loro fondamentale ascoltare la risposta alla seconda domanda che mi hanno posto, quella in cui stavo parlando di “asset allocation strategica” come viene definita in gergo tecnico.
Fortunatamente non tutti cercano sempre la scorciatoia rappresentata dalla terza domanda. Probabilmente non i lettori del sito Investire Informati o del mio sito.
Ciò che sfugge alla maggioranza di coloro che non si occupano di finanza è che il livello dei ritorni del portafoglio dipende in modo sostanziale dalla suddivisione dei risparmi nelle varie classi di investimento, azioni, obbligazioni e liquidità, più che da attività quali il market timing o lo stock picking. Questo è ciò che le migliori ricerche accademiche hanno appurato nel corso degli ultimi decenni. 
La conseguenza è che per il risparmiatore medio è molto più importante conoscere le differenze tra i vari strumenti finanziari e il loro funzionamento più che movimentare i loro risparmi all’interno delle varie classi di investimento, ad esempio entrando e uscendo dal mercato azionario.
D’altronde è difficile che il risparmiatore medio italiano la cui cultura finanziaria è molto bassa non pensi che sia utile “far girare i soldi”, come spesso mi viene detto, dato che in tv o nei giornali vengono troppo spesso intervistati addetti al settore che sono pagati per avere un’opinione su ogni fatto accada quotidianamente nei mercati finanziari e poco importa se ad un’attenta analisi alcuni discorsi sono privi, prima di ogni senso economico-finanziario, e secondariamente di buon senso.
Importa ancora meno che questi “esperti” continuino a rispondere imperterriti a qualunque domanda del tipo “Quali sono le migliori classi di investimento in questo momento?”, “Voi (si intende società di gestione spesso o studio di consulenza finanziaria) in questo momento quante azioni avete in portafoglio?”, ancora, “Quali saranno i settori migliori nel 2010?”, “Cosa vi aspettate per il 2010 nei mercati azionari e cosa dovrebbe fare oggi un risparmiatore a casa che vi legge o vi ascolta?”.
Quest’ultima domanda è per me la più insopportabile e mi stupisco che non vi sia “esperto” che ammetta candidamente ma onestamente che non ha la più pallida idea di cosa succederà nel mercato azionario nel 2010 e che specifichi che le strategie  della società di gestione per cui lavora o dello studio di consulenza di cui parla possono non essere affatto adatte al risparmiatore medio che legge o ascolta quello che viene detto: per diversi motivi, uno dei quali è che non ha senso una domanda del genere e la successiva risposta senza avere un quadro completo della situazione finanziaria del risparmiatore, anche solo la sua allocazione attuale.
Non sto dicendo che queste domande non dovrebbero mai essere poste o che non si debba più chiedere il parere a coloro che in buona fede (ma anche no a volte) hanno il coraggio di rispondervi.
Il punto è che sono rarissimi i casi in cui non si offre al lettore o ascoltatore del giornale o trasmissione finanziaria di turno l’idea che tutti coloro che lavorano in finanza “sanno dove andranno i mercati”, non solo la prossima settimana, ma anche il prossimo mese o anno!
Se fossero così bravi a prevedere il futuro non verrebbero a certamente a rivelarcelo a noi comuni mortali!! Cercherebbero un modo più proficuo per guadagnare da questa loro straordinaria capacità.
Inoltre, parlare sempre e sottolineo sempre di rendimenti senza mai considerare il rischio di certe strategie di investimento è un gravissimo errore finanziario che troppo spesso gli “esperti” commettono.
Ad esempio, non pochi nei mesi scorsi interpellati sulla possibilità o meno di investire in azioni durante la crisi, si sono affrettati a dire che magari attraverso un piano di accumulo del capitale o PAC per ridurre il rischio (di che rischio parlano poi?) sarebbe stato opportuno “incrementare le posizioni in azioni”, in quanto il mercato aveva già cominciato ad anticipare la ripresa economica, che ancora non c’era però. Ora, dopo che i mercati azionari dal 9 marzo 2009 sono risaliti arrivando a guadagnare davvero molto (il 50% in Italia), chi avrà mai il coraggio di dire a costoro che comunque ex-ante il loro consiglio era un pessimo consiglio, soprattutto perché non hanno specificato i destinatari di quella raccomandazione? 
Infatti è possibile che le recessioni siano periodi in cui la propensione al rischio degli investitori si abbassi e che solo pochi siano tentati di investire in azioni ad ogni costo diciamo, per cui l’alto rendimento atteso e soprattutto richiesto in questi frangenti di mercato potrebbe non essere altro che una pure compensazione per il rischio che si deve sopportare, il cosiddetto premio per il rischio. Quando nei mercati va tutto male e la volatilità è molto alta, come accaduto fino a febbraio 2009, è difficile escludere che le cose non vadano ancora peggio. 
Per tale motivo questi periodi di investimento potrebbero rivelarsi delle opportunità di guadagno per coloro ad esempio il cui reddito tende a non calare durante la recessione, il cui capitale umano non è cioè correlato col mercato azionario o molto correlato. Questo “piccolo” particolare viene però colpevolmente sempre tralasciato.
In definitiva, nei mercati non esistono sempre opportunità di guadagno per tutti e un vero esperto del settore dovrebbe sempre specificare e cercare di far capire a chi lo legge o ascolta che ciò che dice non vale per tutti, al massimo solo per alcuni; spesso, date le risposte sballate che vengono date, a nessuno.
Due cambiamenti sono auspicabili in Italia: 
- il primo è che gli addetti al settore la smettano di far finta di sapere sempre quello che succede nei mercati finanziari o se sono convinti sempre di saperlo converrebbe che cominciassero a dubitare di loro stessi (mai sentito parlare di overconfidence?);
- il secondo è una presa di coscienza collettiva da parte dei risparmiatori italiani, che per il loro benessere presente ma soprattutto futuro, devono imparare a gestire il loro denaro senza avere una immotivata fiducia nelle competenze o capacità predittive di coloro che per lavoro non possono far altro che far credere di sapere più dell’operatore finanziario medio. È difficile trovare tra coloro che si occupano di mercati finanziari e in particolar modo di mercati azionari qualcuno che non si reputi più smart del prossimo!! Vi sembra possibile?
In conclusione, vi prego, basta pormi la domanda indistinta “Se investo 20.000 euro, quanto si può guadagnare?”. Soprattutto, non aggiungete alla fine “senza rischiare di perdere, ovviamente”. Parliamo di calcio piuttosto!!
 
Nicola Zanella, 27 anni, si occupa di ricerca finanziaria. Ha fondato il sito www.bondreali.it I suoi interessi di ricerca sono: la teoria dei mercati efficienti, la finanza comportamentale, l’equity premium e l’equity premium puzzle, la prevedibilità delle serie azionarie, l’effetto di diversificazione temporale delle azioni, l’asset allocation e le obbligazioni indicizzate all’inflazione. Può essere contattato all’indirizzo E-mail: n.zanella (c-h-i-o-c-c-i-o-l-a) aduc (p-u-n-t-o) it, oppure usando la form>
 
 
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