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Alzheimer, una malattia invalidante. Studi e nuove terapie mirate
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Articolo di Primo Mastrantoni
12 maggio 2023 13:58
 
Colpisce la memoria e le funzioni cognitive, si ripercuote sulla capacità di parlare e di pensare, può causare altri problemi fra cui stati di confusione, cambiamenti di umore e disorientamento spazio-temporale. E' l'Alzheimer.
La malattia fu descritta dal medico tedesco Alois Alzheimer agli inizi del secolo scorso e, oggi, è un problema che coinvolge un numero crescente di individui, considerato che è aumentata l'aspettativa di vita che globalmente si attesta intorno ai 73 anni. La malattia è prevalentemente collegata all'età, infatti, la maggior parte delle persone colpite ha più di 65 anni. L'invecchiamento, insomma, gioca un ruolo importante nell'insorgenza della patologia. 
La ricerca indica che la malattia è strettamente associata alla formazione di placche senili nel cervello, formate da ammassi di proteine e detriti neuronali. 
I circuiti cerebrali che governano l'induzione e la progressione della neuro-degenerazione e della compromissione della memoria non sono del tutto compresi nonostante i molteplici studi che impegnano numerosi istituti di ricerca. 
Un interrogativo riguarda il grado di vulnerabilità delle varie parti del cervello coinvolte dalla malattia. Uno studio del Massachusetts Institute of Technology (USA), pubblicato sulla rivista scientifica Science Translational Medicine, ha individuato un gruppo di neuroni più ricettivi ai processi degenerativi che conducono alla perdita di memoria. Questo insieme di cellule nervose forma i corpi mammillari (due rilievi a somiglianza delle mammelle) ed è implicato nella dinamica emotivo-istintiva e della memoria. E' stata riscontrata un'attività molto intensa di alcune aree dei corpi mammillari rispetto ai campioni di laboratorio non affetti da Alzheimer e maggiori danni ai neuroni (le unità funzionali del sistema nervoso) confrontati con altre zone. 
La somministrazione di farmaci antiepilettici, che riducono l'iperattività neuronale, ha portato a un notevole miglioramento della capacità mnemonica degli esemplari interessati. 
Occorre approfondire le ricerche per chiarire la valenza delle alterazioni mammillari nei processi degenerativi iniziali e i collegamenti successivi con altre parti del cervello. Si potrebbe intervenire sui primi sintomi della malattia  e contenerne la progressione.
Ad oggi rimane la prevenzione: dieta equilibrata, attività fisica, sonno, relazioni sociali e interessi sono gli elementi che contribuiscono a mantenere in buona salute le nostre cellule cerebrali.

(Articolo pubblicato sul quotidiano LaRagione  del 12 Maggio 2023)
 
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