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Brasile. Bossa nova e ricerca d'eccellenza sulle staminali
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Articolo di Richard Friebe
24 febbraio 2009 0:00
 
Ignorato dai laboratori piu' prestigiosi, il Brasile approfondisce il potenziale delle cellule staminali. Visita alla Universidade Federal do Rio de Janeiro.
Nell'emisfero nord e' inverno, ma qui ci sono 36 gradi, l'umidita' dell'aria e' al cento per cento, nel corridoio un cane ha appena fatto i suoi bisogni. All'ingresso due agenti della Sicurezza siedono uno accanto all'altro; la donna rilascia il permesso per i visitatori che l'uomo ritirera' tre secondi dopo. Due piani piu' su, un rumoroso impianto di climatizzazione abbassa la temperatura di 20 gradi. Questa e' la patria delle prime cellule staminali iPS sudamericane. L'abbreviazione connota una tecnica iniziata oltre due anni fa e che ha scombussolato un intero settore della ricerca: le cellule staminali pluripotenti indotte (iPS) sono le discendenti delle cellule adulte coltivate in laboratorio. Nel caso brasiliano provengono dai reni.
Le iPS si comportano in modo analogo alle cellule staminali embrionali, ma non creano problemi etici poiche' non derivano dagli embrioni. La loro scoperta ha fatto tirare un sospiro di sollievo agli studiosi delle cellule staminali nella puritana America del Nord cosi' come in Germania -piu' scettica riguardo alla biotecnologia. E nell'arcicattolico Brasile la situazione e' poco diversa.
La statua del Cristo Redentore, che dal monte Corcovado veglia su Rio e i suoi abitanti, non e' localizzbile da nessuna delle finestre schermate del laboratorio di Steven Rehen. Se qualcuno venisse portato qui con gli occhi bendati, dovrebbe poi guardarsi intorno e ascoltare con molta attenzione per capire dove si trova tra bottigliette con le scritte in portoghese e i suoni della bossa nova provenienti dalla radio. I piani di lavoro con i piu' recenti pc portatili e il materiale di laboratorio appena spacchettato potrebbero tranquillamente figurare a Harvard o a Berlino. Il giovane professore dagli occhiali senza montatura e i tatuaggi che s'intravedono sotto le maniche della polo azzurra parla correntemente l'inglese. Ha lavorato a lungo negli Stati Uniti. Adesso, dall'Istituto per le bioscienze della Universidade Federal do Rio de Janeiro vuole fare una ricerca competitiva a livello internazionale. Finora, solo quattro Stati disponevano di proprie iPS: Giappone, Usa, Germania e Cina. Con le sue cellule, il neurobiologo Rehen vuole studiare la malattia che da sempre e' l'obiettivo della terapia con le staminali: il Parkinson -patologia che distrugge le cellule neurologiche produttrici di dopamina. Forse, un giorno, le cellule staminali iniettate nel cervello potrebbero sostituirle. Tutto questo pero' e' ancora lontano dall'essere applicabile sui pazienti, non solo qui all'ombra del Pan di Zucchero, ma anche in Usa, Europa e Giappone.
Il problema delle iPs e' che per produrle bisogna inserire dei geni con l'apporto di virus. Questi fattori hanno il compito di riprogrammare le cellule, ossia di farle retrocedere da adulte a una sorta di stato embrionale che gli consenta di svilupparsi in varie specie. Il luogo dove s'annida il gene nel genoma e' pura casualita', e cio' comporta possibili rischi. "Siamo contenti di dominare questa tecnica, e per la ricerca e' ottimale", dice Martin Bonamino dell'Istituto oncologico nazionale situato nella citta' vecchia di Rio, vicinissimo alla casa della regina del samba, Carmen Miranda. Ma per l'applicazione sull'uomo "sarebbe sicuramente meglio se avessimo una tecnica che potesse prescindere dai virus e dove i geni non dovessero essere trasferiti in modo duraturo nel genoma", chiarisce l'oriundo argentino che ha infettato le cellule di Rehens con il virus riprogrammato.
Il primo passo sulla scena mondiale della ricerca con le staminali lo ha fatto la biologa cellulare Lygia Perreira alla fine dello scorso anno, quando ha presentato a Sao Paulo cellule staminali embrionali prodotte in Sudamerica. Un passo compiuto proprio nel momento di rinnovata speranza per la ricerca con le cellule staminali. Il presidente statunitense Barack Obama ha detto di voler allentare la rigida regolamentazione introdotta nel 2001 dal suo predecessore Bush e, a gennaio, la FDA ha autorizzato per la prima volta uno studio clinico sulle cellule staminali embrionali.
"A me pero' interessa soprattutto la possibilita' di utilizzare cellule staminali per fare ricerca su malattie che sono un problema particolare qui in Brasile", spiega Rehen. Quali siano, non lo vuole dire. Teme che la concorrenza lo scavalchi. D'altra parte fa gia' molto per agevolare gli altri. La sua collaboratrice Bruna Paulsen ha inserito in Internet un dettagliato protocollo passo dopo passo della tecnica di riprogrammazione (www.anato.ufrj.br/ips). Persino le cellule saranno messe gratuitamente a disposizione dei colleghi attraverso il nuovo laboratorio nazionale di cellule staminali LANCE. I soldi ci sono; provengono da FAPERJ, la fondazione per la ricerca dello Stato federale di Rio. Come la sua omologa di Sao Paulo, le spetta l'un per cento delle entrate fiscali per progetti di ricerca -cosa che, in un Paese boom come il Brasile ancora relativamente risparmiato dalla crisi finanziaria mondiale, rappresenta un bel mucchio di soldi. Alla domanda sulle reazioni dei big player della ricerca verso il lavoro che si svolge in Brasile, Rehen risponde: "Sono certo che non sanno nemmeno che esistiamo". Suona un po' triste. In realta' potrebbe significare che nel frattempo la ricerca con le staminali ha raggiunto la massa critica. Negli ultimi dieci anni, ossia da quando James Thompson di Madison riusci' per la prima volta a coltivare in laboratorio cellule staminali embrionali, numerosissimi laureandi di pressoche' tutti i Paesi del mondo hanno accumulato esperienze in materia. Oggi, molti di loro sono professori e professoresse da qualche parte tra New York, Rio e Tokio. E nei Paesi poveri ci si sforza sempre di piu', anche mediante aiuti statali, di sviluppare la ricerca in campo biomedico. Uno studio pubblicato da Nature Reviews Genetics nel settembre 2008 indicava Messico, India, Thailandia e Sudafrica tra gli esempi migliori.
A gennaio, il giorno dopo in cui Rehen e Bonamino si sono presentati sulla scena pubblica con le loro cellule staminali, si sono fatti vivi altri quattro gruppi che lavorano con le iPS nel solo Brasile. E all'inizio di febbraio a Sao Paulo e' iniziato un corso in cui studenti e ricercatori dell'intera America Latina imparano come si lavora con le cellule staminali. Forse in futuro sara' possibile attirare anche studenti e ricercatori dall'estero. Far balenare l'idea che dopo una faticosa giornata di laboratorio si puo' godere il tramonto dalla spiaggia di Ipanema potrebbe essere un fattore non secondario per sedurre nuovi talenti.
 
 
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